FOLLIS
. Unità monetaria che prende il suo nome da follis ("borsa") e compare alla fine del sec. III d. C. Il suo valore primitivo non è determinabile con precisione. Dal Cod. Theod., VII, 20, 3 (320) forse dell'ordine di grandezza del nummus (v. nummo). Il ragguaglio dei numismatici del follis con la moneta di Diocleziano di rame argentato, contrassegnata con XXI o KA è privo di base. Dopo il 498 il follis è una moneta di rame di 40 nummi, divisa in 4 pezzi di 10 nummi, chiamati impropriamente assi. Al tempo di Giustiniano il solido era di 210-180 folles, all'età dei Basilici di 288 folles. Ponendo il follis eguale a 40 denari, vediamo come il suo corso in oro fosse variabile (v. argenteo; denaro). Accanto al follis di rame argentato e di rame esiste un follis d'argento. Questo è eguale a 125 ἀργύρια o miliarensi o a 218¾ silique, pari a 9 solidi d'oro, 1 miliarense e 9 nummi. Questo follis, menzionato in testi che vanno dal 310 al 338, pesa 500 scrupoli pari a gr. 569. Un altro follis è ragguagliato a 2 λεπτὰ κατὰ δηναρισμόν: questi λεπτά sono pezzi di 20 nummi dopo la riforma monetaria di Anastasio. Esiste poi un follis che è un peso di 62½ libbre romane di 50 denari di 1¼ once. Questo follis è il talento leggiero di kg. 20,46, eguale a ½ talento di 125 libbre romane, pari a 100 libbre di Carlomagno. Il nome del follis è penetrato anche nella monetazione araba (fuls, pl. fulūs), con rapporto oscillante rispetto al dirham (v.).
Bibl.: O. Seeck, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, p. 2829 segg.; A. Segrè, Metrologia, Bologna 1928, p. 439 segg.; id., La circolazione monetaria del regno dei Franchi, in Rivista Storica Italiana, 1931, fasc. 4.