FONDAZIONI (XV, p. 611; App. II, 1, p. 958; III, 1, p. 652. Vedi anche Geotecnica, App. II, 1, p. 1030; Terreni, Meccanica dei, App. II, 11, p. 983; App. III, 11, p. 946)
Teorie e metodi di progetto. La previsione del comportamento delle f. si avvale in misura sempre maggiore dei recenti sviluppi della meccanica dei terreni riguardanti sia lo studio sperimentale delle leggi che ne regolano il comportamento, sia il loro inquadramento in equazioni costitutive che consentano la formulazione di teorie, sia la soluzione di problemi al finito d'interesse tecnico.
Questa tendenza ha ricevuto notevole impulso dal contemporaneo diffondersi nella pratica tecnica di due metodologie: l'osservazione di opere in vera grandezza a mezzo di adatta strumentazione e i moderni metodi di analisi numerica basati sull'impiego di elaboratori elettronici, quale il metodo degli elementi finiti. In linea generale può affermarsi che l'attenzione dei ricercatori e dei tecnici si vada spostando dallo studio delle condizioni limite di rottura allo studio delle deformazioni, che risultano sempre più spesso il fattore determinante nella progettazione. Considerati nella loro giusta prospettiva i termini fisici del problema, quali, per es., la variabilità dei terreni naturali e le difficoltà nel descriverne adeguatamente le proprietà in ogni caso particolare, si riconosce tuttavia come le teorie della meccanica dei terreni, nei riguardi dell'ingegneria delle f., giochino non tanto il ruolo di fornire soluzioni dirette a problemi particolari, ma piuttosto quello di mettere in luce i fattori significativi e studiarne l'influenza, anche se con riferimento a schemi semplici, sviluppando così quella comprensione del meccanismo dei fenomeni che costituisce l'indispensabile base per affrontare correttamente i problemi tecnici.
Alcuni dei contributi più importanti nel campo dei metodi di progetto delle f. sono appresso elencati.
Fondazioni dirette. - Sono stati sviluppati metodi per il calcolo del carico limite, che consentono lo studio di f. di forma qualsiasi, soggette a carichi che possono essere inclinati ed eccentrici e poggianti su di un terreno la cui superficie può essere inclinata rispetto all'orizzonte. Tali metodi sono in parte basati sull'uso di coefficienti semiempirici, ricavati per lo più a mezzo di sperimentazione su modelli in scala ridotta.
Importante è la distinzione fra la rottura generale e la rottura per punzonamento (fig.1); quest'ultimo caso, molto più gravoso, si verifica in genere nei terreni più deformabili (sabbie sciolte, argille molli) e solo di recente cominciano a esserne chiariti, anche a livello quantitativo, i principali aspetti.
Nel calcolo dei cedimenti di f. poggianti su terreni argillosi saturi è ormai chiara la distinzione fra il cedimento istantaneo o non drenato wo, che si verifica all'atto dell'applicazione dei carichi a contenuto d'acqua costante, e cedimento di consolidazione wc, dovuto alla graduale espulsione dell'acqua di porosità. Può porsi: wo = (q•b/Eo)I1I2, in cui q è il carico netto sulla f., b una dimensione caratteristica delle f. stessa, Eo il modulo di Young del terreno in condizioni non drenate, I1 e I2 coefficienti d'influenza calcolati, in prima approssimazione, sulla base della teoria dell'elasticità.
Il cedimento di. consolidazione può essere espresso da wc = β wed, in cui wed è il cedimento calcolato nella classica ipotesi di deformazione unidirezionale (v. per es. App. II,1, p. 958, formula 9), e β un coefficiente correttivo funzione della geometria del problema e del valore del coefficiente di pressione neutra; quest'ultimo si determina con prove di compressione triassiale su campioni indisturbati.
Lo studio dell'interazione fra la f. e il terreno, ai fini di determinare le sollecitazioni nella struttura di f., veniva condotto per il passato giovandosi della schematizzazione di Winkler, che assimila il terreno di f. a un letto di molle indipendenti. Il procedimento, ancora in uso per la sua semplicità, è da sconsigliare per f. relativamente rigide e/o soggette a carichi ripartiti; negli altri casi conduce a risultati accettabili, a patto di scegliere valori appropriati della costante elastica delle molle (coefficiente di reazione del terreno). Quest'ultimo non è una proprietà del terreno, ma dipende anche dalla forma e dalle dimensioni della f., dalla profondità del piano di posa, dai carichi applicati.
Più soddisfacente è la schematizzazione del terreno come un continuo elastico, isotropo ovvero anisotropo, con proprietà elastiche costanti ovvero variabili con la profondità. Tale modello consente soluzioni generali a mezzo di procedimenti numerici di discretizzazione, ormai entrati nella pratica corrente. Consente inoltre di attribuire ai parametri in gioco (la costituzione del sottosuolo, le caratteristiche elastiche dei terreni) un chiaro significato fisico, il che ne rende possibile la determinazione sperimentale.
Fondazioni su pali. - È stato dimostrato da un'ampia serie di esperienze in vera grandezza che le classiche formule statiche per il calcolo del carico limite di un palo di f. (v., per es., App. III,1, p. 654) non descrivono correttamente il meccanismo della rottura. A livello applicativo esse possono essere adottate per i pali di medio diametro (30 ÷ 80 cm) a patto d'introdurre opportuni valori dei coefficienti che in esse appaiono, da scegliere in base all'esperienza in funzione del tipo di palo e di terreno. Vanno quindi considerate alla stregua di espressioni semiempiriche. Per i pali di grande diametro (> 80 cm) il carico limite, particolarmente per quanto attiene alla resistenza alla punta, viene raggiunto solo dopo cedimenti molto elevati (10-25% del diametro del palo); la progettazione dev'essere pertanto basata su di un valore ammissibile del cedimento. A tal fine sono stati sviluppati metodi basati sulla teoria del semispazio elastico e metodi semiempirici; l'argomento, peraltro, non può dirsi ancora risolto in modo esauriente.
Particolare importanza va assumendo il progetto di pali soggetti a forze orizzontali, in relazione a importanti settori applicativi quali le opere marittime e portuali (piattaforme di perforazione, pontili d'ormeggio, banchine), le pile di ponti e viadotti, specie se in presenza di pendii in frana, le costruzioni in zone sismiche. Sono stati messi a punto metodi per il calcolo del carico limite, secondo i meccanismi illustrati in fig. 2. Per il calcolo delle deformazioni e delle sollecitazioni in condizioni di esercizio si schematizza il terreno come un letto di molle orizzontali (modello di Winkler) il cui coefficiente di reazione può essere costante ovvero variabile con la profondità (fig. 3). Le soluzioni, esprimibili in forma adimensionale, sono reperibili in trattati e lavori specializzati.
Indagini nel sottosuolo. - Fondamentale ai fini del progetto di una f. è la corretta caratterizzazione del sottosuolo e la determinazione delle caratteristiche meccaniche dei terreni che lo costituiscono. Tale determinazione viene effettuata a mezzo di indagini di laboratorio su campioni indisturbati, estratti da appositi sondaggi, per quei terreni nei quali il campionamento indisturbato è possibile (terreni coesivi di ridotta e media consistenza, terreni coesivi duri non fessurati). In sottosuoli fortemente eterogenei, ovvero costituiti prevalentemente da terreni incoerenti, (sabbie, ghiaie), ove il prelievo di campioni indisturbati è praticamente impossibile, si ricorre alle indagini in sito. Sempre molto diffuse sono le prove di penetrazione dinamiche (standard penetration test) e statiche (penetrometro statico a cono, App. III,1, p. 652 e 653, figg. 1 e 3). I risultati di tali prove vengono correlati alle proprietà del terreno a mezzo di relazioni semiempiriche.
Prova pressiometrica. - Le caratteristiche di deformabilità e di resistenza di un terreno in sito possono essere determinate con il pressiometro (o sonda pressiometrica). Tale apparecchio (fig. 4) è costituito da una sonda cilindrica rivestita da una membrana di gomma, che viene introdotta in un foro di sondaggio ed espansa radialmente contro il terreno immettendovi dalla superficie acqua a pressione via via crescente. La curva sperimentale pressione espansione viene interpretata schematizzando il terreno circostante come un mezzo elasto-plastico.
I modelli più recenti di sonde pressiometriche consentono l'esecuzione del foro contemporaneamente all'immissione dell'apparecchio riducendo in tal modo al minimo il disturbo arrecato al terreno (pressiometri autoperforanti).
Tecnologie speciali. - Scavi in fango bentonitico. - L'esecuzione di una perforazione, anche in terreno incoerente, può essere fatta omettendo la tubazione metallica di rivestimento a patto di riempire il foro con un "fango" costituito da materiale argilloso disperso in acqua. Tale fango forma sulle pareti del foro un pannello impermeabile; la spinta idrostatica del fango, la cui densità è maggiore di quella dell'acqua, agendo su tale pannello sostiene in modo assai efficace le pareti del foro. Particolarmente adatte alla formazione di fanghi di perforazione sono le bentoniti che, essendo ricche di minerali argillosi montmorillonitici, conferiscono al fango spiccate proprietà tixotropiche. L'impiego di fanghi bentonitici, e la conseguente abolizione della tubazione metallica di rivestimento, ha permesso la realizzazione di pali trivellati con diametri fino a 2,5 ÷ 3 m.
Durante la perforazione il fango può essere tenuto in circolazione, e in tal caso assolve anche la funzione di trasportare in superficie i detriti di perforazione. Per es., nella perforazione a rotazione a circolazione inversa (fig. 5) il fango discende a gravità nel foro e risale, attraverso l'attrezzo di perforazione e le aste cave a esso connesse, per aspirazione operata da una pompa capace di portare in superficie l'insieme del fango e dei detriti. Dopo decantazione in apposita vasca, il fango viene rimesso in circolazione.
Più semplice è lo scavo meccanico in foro riempito con fango bentonitico, attualmente il più diffuso tra i sistemi di perforazione per pali di grande diametro (fig. 6). Viene effettuato con attrezzature montate su gru cingolate semoventi da 35 ÷ 50 t, munite di una perforatrice rotativa azionata da un motore termico indipendente della potenza di 120 ÷ 150 CV. Il piatto rotary della perforatrice aziona un'asta rigida (kelly) dotata di un utensile per lo scavo e l'estrazione dei detriti che può essere un secchione (bucket) ovvero una trivella a elica (auger).
Con analoga tecnologia possono essere eseguiti scavi a sezione diversa dalla circolare per realizzare elementi di f. speciali a H, a croce e simili, ovvero per realizzare nel terreno pareti continue (diaframmi) costituite da una serie di pannelli contigui. I diaframmi (fig. 7) hanno conosciuto un'ampia diffusione in applicazioni quali la protezione di pareti di scavi, specie in adiacenza a fabbricati esistenti, e nelle opere idrauliche.
Vibroinfissione. - Palancole e tubazioni metalliche possono essere infisse in terreni sabbiosi sotto falda a mezzo di vibratori fissati alla loro estremità superiore con speciali pinze idrauliche. I vibratori (peso: 5 ÷ 20 t; frequenza: 5 ÷ 25 c/s; ampiezza: 2 ÷ 20 mm) hanno due masse eccentriche rotanti in opposizione di fase, in modo da produrre un'oscillazione nella sola direzione verticale; essi consentono un'infissione assai rapida, senza arrecare sensibile disturbo ai terreni, ma risultano poco efficaci in terreni diversi dalle sabbie.
La vibroinfissione di tubazioni metalliche per la realizzazione di pali trivellati ha completamente soppiantato, quando applicabile, il più lento e costoso metodo a morsa oscillante. Dopo l'infissione il materiale imprigionato all'interno del tubo viene estratto con secchione o trivella a elica; effettuato il getto, la tubazione viene estratta applicando nuovamente il vibratore, con benefico effetto anche sul calcestruzzo. Il sistema integra assai bene lo scavo in fango bentonitico, ed è utilizzato di solito in ausilio alle moderne perforatrici rotary per l'attraversamento di terreni superficiali incoerenti e immersi in falda.
Congelamento del terreno. - In situazioni particolari, per eseguire scavi in terreni di scarsissima consistenza e forte contenuto in acqua, si ricorre al metodo del congelamento; questo metodo consiste sostanzialmente nell'affondare nel terreno tubi d'acciaio a doppia parete concentrica con interassi di pochi decimetri in modo da circondare la zona di scavo; nella parte centrale del tubo viene immesso in pressione un liquido refrigerante (per es., azoto liquido) il quale risale dal fondo nell'intercapedine tra i due tubi e, raffreddando la parete esterna, sottrae calore al terreno fino a provocare il congelamento dell'acqua di imbibizione. Durante lo scavo si mantengono temperature di circa −10 °C, facendo circolare il liquido con continuità; lo strato gelato forma un diaframma resistente che funziona da sostegno della terra durante lo scavo.
Bibl.: P. Colombo, Elementi di geotecnica, Bologna 1974; G. Barla, G. Berardi, M. Jamiolkowski, Geotecnica e ingegneria delle fondazioni, Milano 1974; C. Cestelli Guidi, Geotecnica e tecnica delle fondazioni, ivi 1975.