FONDO PER IL CULTO
. Alla Cassa ecclesiastica (v.), istituita nel 1855, la legge del 7 luglio 1866, n. 336, per la soppressione delle corporazioni religiose, sostituì con analoghi scopi, un altro ente, detto Fondo per il culto, governato, anch'esso, da un direttore generale, da un consiglio di amministrazione e da una commissione di vigilanza. Sull'amministrazione del fondo per il culto furono emanati poi il r. decr. 14 dicembre 1866 e il r. decr. 30 settembre 1869; la contabilità fu regolata dalla legge 22 giugno 1894 e dal r. decr. 29 ottobre dello stesso anno. Citiamo inoltre, tralasciando altre disposizioni di minore importanza, la legge 14 agosto 1879, il r. decr. 5 ottobre 1892, che approvò il regolamento sul personale e il r. decr. 29 giugno 1924, che apportò varie modificazioni.
Fin dal principio si discusse se questo ente fosse una persona giuridica, ovvero un organo del Ministero della giustizia. Prevalse la prima opinione; mentre però le leggi e i decreti successivi mantenevano l'autonomia patrimoniale del Fondo per il culto, veniva invece sempre più aumentata la sua dipendenza dal Ministero della giustizia, e quindi diminuita la sua autonomia amministrativa; onde oggi si ritiene che esso sia una persona giuridica amministrata dallo stato. L'autonomia amministrativa fu gravemente minorata dal r. decr. del 1924, il quale stabilì che la massa patrimoniale del fondo culto fosse gerita dal ministro della Giustizia, il quale deve intervenire in tutti gli affari che importino una decisione; e i funzionarî dell'ente formano un ruolo speciale del ministero. Lo stesso decreto stabilì inoltre nuove norme per la commissione di vigilanza.
Il patrimonio e i redditi del Fondo per il culto erano, prima del concordato 11 febbraio 1929, così costituiti: i beni dell'antica Cassa ecclesiastica; quelli degli enti ecclesiastici aboliti; i canoni e altre prestazioni attive provenienti dal patrimonio dei detti enti; il gettito della quota di concorso; il sussidio annuo governativo, corrisposto per l'aumento degli assegni al clero, in base alla legge 31 marzo 1925. Per quanto riguarda i beni degli enti aboliti, il Fondo per il culto non li possiede in natura ma il Demanio ha assegnato a esso una rendita corrispondente al loro valore denunziato agli effetti della tassa di manomorta, diminuito della tassa straordinaria del 30% e di altre detrazioni. È stabilito inoltre che, quando sarà terminato il pagamento delle pensioni ai monaci, frati e partecipanti, i beni appartenuti alle corporazioni monastiche e alle ricettizie, passeranno per due terzi allo stato e per un terzo ai comuni.
Oneri permanenti del Fondo per il culto sono: i canoni, censi e altri pesi gravanti sul patrimonio degli enti soppressi; gli oneri religiosi inerenti ai beni stessi (celebrazioni di messe, spese per funzioni religiose, ecc.), nei limiti della consistenza patrimoniale degli enti suddetti; il mantenimento e l'ufficiatura delle chiese appartenenti a questi enti e rimaste aperte al pubblico; gli oneri di culto gravanti sul bilancio dello stato; i supplementi di congrua ai vescovi e ai parroci. Onere transitorio è il pagamento delle pensioni ai membri delle corporazioni abolite e degli assegni agl'investiti dei benefici soppressi.
Dopo il concordato il Fondo culto è regolato principalmente dalla legge 27 maggio 1929, n. 848 e dal regolamento approvato con r. decr. 2 dicembre 1929, n. 2262, e il suo consiglio di amministrazione è composto di membri designati per metà dall'autorità ecclesiastica e per metà dallo stato; esso amministra, con distinta gestione e bilanci separati, il patrimonio proprio, quello dei soppressi Economati dei benefici vacanti e quello dei Fondi di religione delle nuove provincie. Sono sottoposti all'esame del consiglio: i reclami contro le liquidazioni di supplementi di congrua e di assegni per spese di culto; le transazioni; le disposizioni di carattere contrattuale e amminsitrativo che importino diminuzione di patrimonio; le alienazioni d'immobili e gl'investimenti di capitale; i provvedimenti sull'ufficiatura, la dotazione delle chiese e la destinazione dei fabbricati ex-monastici; e tutti gli altri affari che il direttore generale crede di sottoporre all'esame del consiglio. Tranne che per i reclami, per tutte le altre materie è necessario che la deliberazione del consiglio sia resa esecutiva col visto del ministro della giustizia.
In seguito all'abolizione della quota di concorso, al Fondo per il culto viene corrisposto, dal Tesoro dello stato come compenso, un annuo contributo, oltre a quello che gli è versato per far fronte ai maggiori assegni dovuti al clero.
Fondo di beneficenza e religione per la città di roma. - All'annessione di Roma il legislatore italiano, memore che gli enti ecclesiastici della città erano stati arricchiti con beni provenienti da ogni parte del mondo cattolico, non ritenne applicabile il consueto meccanismo di equa distribuzione delle ricchezze ecclesiastiche praticato nel resto del regno. Pertanto con l'art. 3 della legge 19 giugno 1873, n. 1402, in luogo di estendere a Roma le attribuzioni del fondo per il culto, stabilì che i beni delle corporazioni ed enti ecclesiastici soppressi nella città di Roma sarebbero stati costituiti in un fondo speciale per usi di beneficenza e religione della città di Roma. Con r. decr. 1° settembre 1885, n. 3341, il fondo fu posto sotto l'amministrazione del fondo culto. Per l'art. 19 della legge 27 maggio 1929, n. 848, esso ha conservato le proprie finalità, la propria personalità, e un proprio consiglio di amministrazione: ma la sua amministrazione è stata concentrata, con quella del fondo culto, nel Ministero di giustizia, con distinta gestione e bilancio separato. Il suo compito principale consiste nel corrispondere ai parroci e ai canonici delle collegiate romane il supplemento di congrua: inoltre eroga somme per altri scopi ecclesiastici e di beneficenza.
Fondo di religione. - Nei territorî delle nuove provincie esisteva, come in tutti gli altri paesi dell'antica monarchia austriaca, il Fondo di religione. I varî fondi erano stati talvolta considerati come diversi stabilimenti di un unico ente; ma nei trattati di pace furono considerati come persone autonome. Il Fondo di religione adempiva agli stessi scopi del nostro Fondo per il culto e altresì a quelli dei nostri economati dei benefici vacanti. Il patrimonio del fondo era costituito dai beni a esso donati da Giuseppe II all'epoca delle prime soppressioni e da quelli che, per una legge del 1874, ereditava dagli enti ecclesiastici che si estinguevano, e le cui tavole di fondazione non provvedevano altrimenti alla successione. Ai redditi di questi beni si aggiungeva il reddito dei benefici secolari vacanti, e il contributo annuo di quelli pieni e delle comunità religiose. Oneri del Fondo di religione erano: il titolo di mensa ai chierici abilitati agli uffici ecclesiastici; i supplementi di congrua ai parroci, ai vicarî, ai vice parroci; le pensioni ai vecchi parroci; gli stipendî agli economi spirituali dei benefici vacanti; la rendita minima ai canonici delle cattedrali; le dotazioni di vari seminarî. Con l'art. 18 della legge 27 maggio 1929, n. 848, per l'esecuzione del concordato dell'11 frebbraio tra la Santa Sede e l'Italia, e con l'art. 56 del regolamente approvato con il r. decr. 2 dicembre 1929, n. 2262, il patrimonio del Fondo di religione fu riunito con quello dei nostri economati soppressi in un fondo unico, amministrato dal Fondo per il culto; l'avanzo delle rendite di questo fondo unico è stato destinato a sovvenire il clero particolarmente benemerito o bisognoso, e a favorire scopi di culto, di beneficenza e d'istruzione. A tal fine, i suoi redditi debbono essere integrati con appositi stanziamenti sul bilancio del Ministero della giustizia e degli affari di culto.
Bibl.: N. Coviello, Manuale di diritto ecclesiastico, Roma 1912; F. Scaduto, Manuale di diritto ecclesiastico, 4ª ed., Cortona 1923; A. C. Jemolo, Il diritto ecclesiastico nei trattati di pace, in Rivista di diritto pubblico, 1921; id., Elementi di diritto ecclesiastico, Firenze 1927; G. Corazzini, Il fondo per il culto e gli altri patrimoni ecclesiastici di fronte al Concordato, in Diritto ecclesiastico, 1929, p. 36 seg.; id., Il fondo per il culto nella legislazione ecclesiastica post-concordataria, in Diritto ecclesiastico, 1929, p. 327 seg.; F. Curcio, Lo stato, il fondo per il culto e le prestazioni al clero, in Diritto ecclesiastico, 1930, p. 217; E. Pettimari, Fondo per il culto, in Digesto italiano; C. Olmo, Asse ecclesiastico, in Digesto italiano; V. Siciliano e L. Mamever, Fondo per il culto, in Enciclopedia giuridica italiana; A. Brunialti, Fondo speciale per usi di beneficenza e religione della città di Roma, in Enciclopedia giuridica italiana; G. Giuliani, Fondo speciale per usi di beneficenza e religione della Città di Roma, in Digesto italiano.