fondo (sost.)
Voce di notevole frequenza, che ricorre esclusivamente in poesia (con una sola eccezione nel Convivio), il più delle volte nell'Inferno, nel senso proprio di " zona bassa ", " parte bassa di una superficie o di una cavità ".
Piuttosto raro l'uso del sostantivo seguito da una determinazione: If IX 16 questo fondo de la trista conca, per designare la parte della cavità infernale posta oltre le mura della città di Dite; il fondo d'ogne reo (XXXI 102) è il fondo che divora / Lucifero con Giuda (v. 142), la zona infima del baratro, in cui sono puniti i traditori; e così ancora in XXXIII 117.
Di gran lunga prevalente l'uso assoluto del termine, adoperato in diverse accezioni. Talvolta è del tutto generico, come in If XXIV 71, detto a proposito degli occhi che non poteano ire al fondo per lo scuro; o anche XIV 126 tutto che tu sie venuto molto, / pur a sinistra, giù calando al fondo...; con più precisa allusione all'Inferno nelle sue zone più basse: Ei son tra l'anime più nere; / diverse colpe giù li grava al fondo (VI 86); XXIII 132; XXVII 64 già mai di questo fondo / non tornò vivo alcun. Particolarmente significativo il passo di If XXXII 8 non è impresa da pigliare a gabbo / discriver fondo a tutto l'universo, che i commentatori, unanimemente, intendono " la parte più bassa, centrale ", di tutto l'universo, rifacendosi alla dottrina tolemaica (Casini-Barbi rimandano a Cv III V 7 questa terra è fissa e non si gira... essa col mare è centro del cielo; e il Parodi ricorda per l'espressione l'Hercules senechiano: " iusserat mundi penetrare fundum ", v. 831: cfr. " Bull. " XXIII [1916] 28). Cfr. anche la nota di Scartazzini-Vandelli: " Giuste considerazioni fa il D'Ovidio [Studi, sulla D.C., Milano-Palermo 1901, 514] sul falso senso che si suol dare a questo verso, uno de' più citati, ‛ cioè di descriver da cima a fondo o in lungo e in largo tutto l'universo '; senso a cui si lasciarono trascinare i lettori per poca attenzione, ma un po' anche perché non si vede bene perché D. giudicasse particolarmente difficile il descrivere ‛ un pozzo ghiacciato, sol perché questo era al fondo, ossia al centro della terra, e quindi, secondo il sistema tolemaico al centro di tutto l'universo '". Quanto all'omissione dell'articolo, è cosa che " usarono assai più spesso di noi gli antichi " (Scartazzini-Vandelli). Per suo conto chiosa il Landino: " voler scrivere fondo, cioè, obscuramente a tutto l'universo, a tutti gli uomini ", mentre il Vellutello: " descriver parlando oscuro a tutto l'universo ".
In Pd XXXI 114 il f. indica invece " familiam inferiorem huius curiae " (Benvenuto), cioè quella parte dei beati che occupano il centro della candida rosa.
Più spesso, per ‛ zona bassa ' s'intende il " pavimento ", per lo più di una bolgia: vidi... novi frustatori, / di che la prima bolgia era repleta. / Nel fondo erano ignudi i peccatori, If XVIII 25; sentimmo gente che si nicchia / ne l'altra bolgia... / Le ripe eran grommate d'una muffa / ... Lo fondo è cupo sì, che..., XVIII 109; e così XIX 13 e 42, XX 5, XXI 108, XXIII 53 e 138, XXX 30; in XXVI 33 di tante fiamme tutta risplendea / l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi / tosto che fui là 've 'l fondo pareo, e XXIX 55, il senso si estende a indicare tutta la parte più bassa della bolgia.
Diverso il caso di If XVII 133, dove f. indica la " base " della ripa discoscesa (XVI 103): così ne puose al fondo Gerïone / al piè al piè de la stagliata rocca; e quello di XVIII 9, dove il termine si riferisce a tutto il cinghio che costituisce l'ottavo cerchio, e che ha distinto in dieci valli il fondo. In Pg XXXII 135 si tratta del f. del carro simboleggiante la Chiesa. Altrove si allude al f. del mare (l'occhio dei mortali, ben che da la proda veggia il fondo, / in pelago nol vede, Pd XIX 61; Pg XXVI 135; figurato, in Fiore XCII 4 non è nessun sì gran prelato / ch'a lor possanza truovi riva o fondo: " non vi è nessun papa... che possa trovar rimedio... ad arginare il lor strapotere ", Petronio); o si vuol indicare il f. di acque genericamente intese, nitide e tranquille, / non sì profonde che i fondi sien persi (Pd III 12; è l'unica occorrenza del termine al plurale), o di fiume, come l'Arno che - dice Bonconte - voltòmmi per le ripe e per lo fondo (Pg V 128); ancora fiumi, ma del tutto particolari, sono quelli di If XII 131 (la riviera del sangue, in la qual bolle / qual che per violenza in altrui noccia, vv. 47-48), e XIV 82 (un picciol fiumicello, / lo cui rossore ancor mi raccapriccia / ... Lo fondo suo e ambo le pendici / fatt'era 'n pietra).
Isolato il caso di Pd XXX 6 'l mezzo del cielo... / comincia a farsi tal, ch'alcuna stella / perde il parere infino a questo fondo, " infino qua giù alla terra " (Landino).
In senso figurato: Color che ragionando andaro al fondo..., " çoè a conoser naturalmente li exordii delle vertù e di' vizii ", Lana (Pg XVIII 67; con lo stesso verbo ‛ andare ', in Pd XI 30 La provedenza...governa il mondo / con quel consiglio nel quale ogne aspetto / creato è vinto pria che vada al fondo: " la providenza di Dio... col suo sapere, nel quale nulla luce creata puote attignere al cupo ", chiosa l'Ottimo, intendendo per ‛ cupo ' " la profondità del divino consiglio " [Landino]; e rimanda a s. Tommaso: " impossibile est quod aliquis intellectus creatus Deum infinite cognoscat. Unde impossibile est quod Deum comprehendat " [Sum. theol. I 12 7c]); Pd XV 35 pensai co' miei [occhi] toccar lo fondo / de la mia gloria e del mio paradiso, " il termine estremo, il massimo della grazia concessami da Dio ", Chimenz (cfr. Vn III 1 me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine, cui rimanda il Tommaseo); XX 72.
Da notare infine la locuzione avverbiale che ricorre, oltre che nell'unico passo in prosa - parlare in esponendo troppo a fondo pare non ragionevole, Cv I II 2 - in If IV 11 per ficcar lo viso a fondo [" per quanto cercassi di penetrare con lo sguardo "], io non vi discernea alcuna cosa.