FONTAINEBLEAU (A. T., 32-33-34)
Città della Francia (15.560 ab.), nel dipartimento di Senna e Marna. È situata a una cinquantina di km. a SE. di Parigi e ha la stazione sulla ferrovia Paris-Lyon-Méditerranée. È posta all'estremità NE. della celebre foresta di Fontainebleau, anticamente foresta di Bière o di Bièvre, ed è costruita in piena foresta, a 79 m. s. m., al principio del vallone di Changis, che sbocca nella Senna (riva sinistra) a 3 km. dalla città. Oggi Fontainebleau è una bella città moderna regolarmente costruita. È sede di un tribunale, di un collegio, di una scuola di preparazione e d'applicazione d'artiglieria. Parigi vi prende le arenarie per la pavimentazione delle strade e le sabbie, molto pure, per la fabbricazione del vetro e dei materiali refrattarî. La celebre uva detta chasselas de Fontainebleau è soprattutto coltivata nel vicino comune di Thomery, ma la qualità detta Treille du Roi è coltivata nelle dipendenze del castello di Fontainebleau e venduta tutti gli anni all'incanto. Per la vicinanza di Parigi e della foresta, per la presenza del celebre castello, Fontainebleau è anche città turistica e residenza estiva che, messa in voga da alcuni pittori (Th. Rousseau, Millet, Diaz), è tuttora frequentata da numerosi artisti.
La foresta di Fontainebleau. - L'attuale foresta di Fontainebleau, frammento dell'antica foresta, copre 16.856 ettari. Essa occupa tutti i suoli sterili delle cosiddette sabbie di Fontainebleau, spesse da 40 a 70 m. Queste sabbie sono state parzialmente trasformate in arenarie dure che si allungano in banchi paralleli orientati da NO. a SE. L'erosione, che ha portato via le sabbie, ha messo a nudo alcuni di questi banchi arenacei, e ha modellato la regione, la cui altitudine varia da 44 a 145 m. La foresta presenta alcune gole profonde e secche (gole d'Apremont e di Franchard) e dei caos rocciosi (rocce di Franchard, le Demoiselles). È per la maggior parte possesso dello stato. Le essenze più rappresentate sono: la quercia, il faggio, la betulla, il pino silvestre; 1700 ha. sono riservati alla vegetazione libera, e qui si trovano i famosi giganti centenarî: il Washington, il Lafayette, querce con una circonferenza da 3 a 4 m. e un'altezza da 25 a 30 m.; il Sully-Prudhomme, il Boucher, faggi non meno imponenti. L'estremità ovest della foresta è proprietà privata: è meno curata e conserva una bellezza selvaggia; è periodicamente preda d'incendî.
Il castello di Fontainebleau. - È fra le più antiche e illustri residenze reali francesi. Esisteva già a metà. del sec. XII (e di quel tempo rimane una torretta e la pianta della corte ovale); e dal 1160 al 1870 continuò a essere uno dei soggiorni preferiti della corte. La sua maggior fortuna cominciò col sec. XVI, quando Francesco I, ritornato dalla prigionia di Madrid, attratto dalla dolcezza del clima, dalla vicinanza della foresta e dal possibile svago delle cacce, ne fece la sua residenza prediletta. I lavori di ricostruzione, decisi nel 1528, furono affidati a un modesto architetto di nome Gilles Lebreton che rifece secondo il gusto italiano gli edifizî della corte ovale, tra cui il padiglione della Porta d'oro (1528), che ha carattere più spiccatamente italiano, con la triplice loggia a pilastri, fiancheggiata da due torri quadrate dai tetti aguzzi; ha qualche reminiscenza del palazzo d'Urbino. La cappella di S. Saturnino è del 1531. Altre costruzioni della stessa epoca, come il frontone egizio con cariatidi, verso il giardino di Diana, sembrano ispirate a ricordi di viaggi o a raccolte di disegni di origine italiana. L'insieme del castello allora pare comprendesse la corte ovale, prolungata dalla Galleria Francesco I ad angolo retto con questa, un edifizio sul giardino di Diana e il Jeu de Paume, primo accenno agli edifizî che dovevano poi svilupparsi intorno alla corte della Fontana e a quella del Cavallo Bianco.
Frattanto Francesco I chiamò molti artisti italiani in Francia. Fra il 1533 e il 1534 già due squadre d'Italiani erano addette alla decorazione di Fontainebleau, una sotto la direzione del Rosso, nell'appartamento del re; l'altra nell'appartamento della regina, diretta dal Primaticcio. Il Rosso morì nel 1541, ma il Primaticcio, nominato abate di Saint-Martin, conservò sino alla morte (1570), con un breve intervallo, l'alta direzione dei lavori e le funzioni di sopraintendente alle Belle Arti. Poi altri artisti giunsero dall'Italia (Domenico Fiorentino, il Cellini, S. Serlio), sì che Fontainebleau, secondo il Vasari, pareva "una seconda Roma".
Ma di quel primo periodo rimangono soltanto: la galleria di Francesco I, del Rosso (1533-41); il camino della camera del re e la camera della duchessa d'Étampes, del Primaticcio; la decorazione della Porta d'oro e del suo vestibolo (1535-44). Le decorazioni erano un insieme molto originale di stucchi e di affreschi, ma quasi tutti gli affreschi andarono guastati irreparabilmente (i disegni ne dànno ancora qualche idea), e soltanto gli stucchi attestano chiaramente il genio di quei grandi decoratori che affermarono la nuova arte italiana e il suo spirito pagano senza restrizione, segnando in Francia la fine del Medioevo. Contemporaneamente Francesco I si procurava mirabili copie in bronzo (oggi al Louvre) delle opere antiche più celebri; una scelta di opere moderne (il S. Michele e il S. Giorgio di Raffaello) che furono il nucleo di quel che venne detto "il gabinetto del re". E intorno al palazzo sorgevano laboratorî di arazzieri, studî di scultori, di ebanisti, d'incisori, dove lavoravano Francesi, Fiamminghi e Italiani, formando una vera scuola di Belle Arti, dove un popolo di artefici veniva apprendendo il linguaggio del Rinascimento.
Durante il regno di Enrico II, fu costruita la sala da ballo dipinta dal Primaticcio, e terminata la galleria di Ulisse (1540-70), la meraviglia di Fontainebleau, con i suoi 160 soggetti eseguiti dal maestro o dai suoi allievi Luca Penni e Bagnacavallo, anche con la collaborazione di Niccolò dell'Abbate, giunto in Francia nel 1552. Ma della celebre galleria, nel 1738, non rimane ricordo che nelle incisioni del Van Thulden. Del Primaticcio sono alcune architetture: la Porta detta del Battistero; la facciata dell'ala detta de la Belle Cheminée. La grotta del giardino dei Pini, con il bugnato e le cariatidi rustiche, è del Serlio (1543). I lavori vennero ripresi da Enrico IV dopo la guerra religiosa; al principio del secolo XVII Fontainebleau continuava a essere sempre una scuola di arte italiana, soprattutto per i Fiamminghi, che vi studiavano non soltanto il Primaticcio e il Rosso, ma i quadri di Raffaello, di Sebastiano del Piombo, di Andrea del Sarto, la Leda di Michelangelo e quella di Leonardo. Vi si trattennero i due fratelli Franck di Anversa, Lukas de Heer, Girolamo Cock e molti altri, fra i quali anche N. Poussin ed E. Lesueur. E non vi è dubbio che le decorazioni ad arabeschi della Reggenza presero ispirazione dalle grottesche della galleria di Ulisse.
Le opere del regno di Enrico IV appartengono a quella che vien detta la seconda scuola di Fontainebleau. Comprendevano la galleria di Diana, dipinta da Ambroise Dubois (trasformata in biblioteca sotto Napoleone) e le pitture della Cappella, opera vigorosa, sapiente e tutta fiorentina di Martin Fréminet (1608). Il bell'altare in marmo è dell'italiano Bordoni. Luigi XIII, ch'era nato a Fontainebleau, vi fece eseguire la famosa scala detta del Ferro di Cavallo (1634), squisita opera di Jean Ducerceau; ognuno dei regni successivi lasciò qualche traccia del proprio gusto nel palazzo, ma solo col 1737 cominciarono i grandi rimaneggiamenti. La galleria di Ulisse sparì per cedere il posto a un corpo di fabbrica arredato ad albergare la corte; ma nella distruzione dell'antico nacque anche qualche capolavoro dell'arte decorativa del sec. XVIII: la Sala del consiglio, decorata dal Boucher e dal Van Loo; gli appartamenti di Maria Antonietta (camera della regina, sala da bagno e sala da concerti, ecc.). Da ultimo Fontainebleau fu un po' la Versailles del primo e del secondo Impero. Napoleone I, che ne partì per il suo primo esilio (Cour des Adieux), vi fece la sala del Trono; e di lui rimangono nel castello mobili ammirevoli.
Dopo i restauri iniziati da Luigi Filippo, che guastarono per sempre gli affreschi del Primaticcio e del Rosso, al tempo di Napoleone III furono fatti i salottini cinesi. Una città era sorta, come a Versailles, intorno al palazzo; e conserva ancora tracce dell'antico splendore, come una porta del Serlio, che ricorda il palazzo costruitovi dal cardinale Ippolito d'Este. La foresta divenne intorno al 1830 convegno di pittori, focolare di una terza scuola di Fontainebleau, più nota sotto il nome di Barbizon (v.), che ebbe una parte essenziale nel rinnovamento del paesaggio romantico.
Nel suo insieme Fontainebleau, meglio di Versailles, riflette l'immagine della monarchia che l'ha creata; ma fra tanti ricordi che la rendono illustre, il più bello è costituito da quell'ora del Rinascimento in cui Italia e Francia unirono i loro genî.
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