FONTANA (lat. fons; gr. κρήνη; fr. fontaine; sp. fuente; ted. Springbrunnen; ingl. fountain)
Per fontana s'intende una composizione architettonica o scultorea, o l'una e l'altra insieme, di mole più o meno importante, destinata a ricevere con mezzi artificiali o spontaneamente da sorgenti naturali dell'acqua, e a distribuirla in vario modo sia in vista di uno scopo utilitario, quale è quello di fornire l'acqua che la popolazione possa attingere, o di funzionare, per la loro speciale destinazione, da abbeveratoio, lavatoio, ecc., sia per una funzione estetica quale la decorazione di centri cittadini, piazze, giardini, parchi e ville.
Rispetto alla composizione, talvolta prevale in essa l'architettura, talvolta la scultura, e tutti i mezzi della decorazione recano nell'uno e nell'altro caso un vivace contributo; e ne sono spesso risultate le forme d'arte più libere e fantastiche. Non mancano anche gli esempi in cui l'architettura fa da sfondo a un'intera composizione scultorea, pervenendo talvolta a risultati pratici ed estetici fra i più originali ed espressivi. Ma le fontane possono anche trovare i loro mezzi di espressione nell'elemento che costituisce la sostanza stessa del loro essere: l'acqua, con gl'innumerevoli effetti che può dare sotto forma di cascate, di getti, di zampilli. Oggi infine le fontane luminose, in cui gli elementi colore, luce e acqua si fondono in un solo insieme, hanno raggiunto una vera e notevole espressione d'arte.
La grandissima varietà degli elementi e delle forme non permette una classificazione né degli uni né delle altre. Si può soltanto stabilire una certa differenziazione tra le fontane a scopo pratico e quelle a scopo decorativo. Nelle prime, diffuse nei periodi nei quali la fontana era destinata principalmente a fornire acqua, per tutti gli usi pubblici e privati, questa è distribuita in modo che sia facilmente raggiungibile. Nelle altre invece, che costituiscono una grandiosa caratteristica delle dimore signorili e dell'edilizia pubblica dei periodi più ricchi ed evoluti, la distribuzione dell'acqua cerca soprattutto l'effetto decorativo senza preoccuparsi della sua utilizzazione pratica.
Antichità. - All'accezione più restrittiva, data alla parola oggi e che sopra si è riferita, si contrappone il più antico significato classico, per il quale "fontana" è anche la sorgente stessa. Gli antichi espressero plasticamente l'immagine di questa violenta e provvida forza della natura, raffigurandola nelle forme di quelle tra le bestie selvagge che hanno comuni con essa i due caratteri dell'impeto improvviso e del movimento ondeggiante: tra queste in special modo il leone: e la protome leonina è la prima forma data dagli antichi alla bocca di fontana. Le prime fontane sono gli stessi orifizî rupestri attraverso i quali l'acqua scaturisce dalla terra. La polla appariva agli antichi come un sacro dono della divinità, identificandosi talora con la divinità stessa, ed era luogo di venerazione e di culto (v. fiume: Fiumi sacri; fonte: Fonti sacre). Tra le antichissime e venerande fonti del mondo classico famosa era la fonte di Apollo a Cirene. La fontana era costituita da un canale naturale, la cui parete è tutta ricoperta d'iscrizioni ricordanti sacrifici e offerte. Rupestre era pure la fontana assira di Bavian, che sgorgava da una bocca avente la forma della bocca di un pithos, vista di prospetto, tra due leoni disposti araldicamente.
Nei poemi omerici si trovano frequenti menzioni di fontane, ma non mai una descrizione particolareggiata; né l'esplorazione dei palazzi micenei ha rivelato l'esistenza di fontane. Invece a Leucade, il Doerpfeld ha ritrovato apprestamenti di fontane appartenenti a costruzioni del tempo miceneo, per quanto senza tracce di condutture. Per il tempo più arcaico si hanno in verità poche tracce di fontane, ma da qualche monumento meglio conservato si può riconoscere il peculiare carattere della fontana greca, che è una sorgente captata spesso a grande profondità nel sottosuolo, e protetta da una costruzione di perfetto apparecchio poligonale o isodomico, che ricorda nelle sue forme la tholos. Questo tipo presenta la fonte Burinna a Coo, e un impianto del genere si ritrova a Syllion nella Panfilia, dove una fonte sorgiva appariva utilizzata con una poderosa costruzione a tholos divisa in quattro ambienti intercomunicanti per il decantamento dell'acqua.
Notevolmente diversa era la fontana pubblica della città, quale appare spesso rappresentata nelle scene dei vasi greci. La rappresentazione più antica di una fontana si trova nell'incisione di un anello aureo di arte ionica del sec. VII all'incirca. Vi sono raffigurati due donne e un fanciullo che si recano a una fonte, rappresentata dall'acqua sgorgante da una protome leonina in una vasca. Un tipo quasi simile di fontana appare sulla fiasca di Timonida, vaso corinzio del principio del sec. VI, con la scena dell'agguato di Achille a Troilo. Un'altra forma è quella della fontana a pilastro costruito a grossi blocchi o in muratura, con semplice foro per il getto dell'acqua. Ma non a lungo la fontana greca si mantiene in questo semplice schema; ben presto invece la fonte, circondata su tre lati da un avancorpo di colonne e arricchita di vasche marmoree, si trasforma in una nobile costruzione prostila, dove l'acqua, all'ombra di un piccolo portico, zampilla dalle fauci di più protomi ferine, allargandosi poi o in una specie di piscina o in singole vaschette. Così in una bella idria vulcente a figure nere, del Museo Nazionale di Napoli, della 2ª metà del sec. VI a. C. (fig. 1), vediamo rappresentata una scena di fanciulle alla fontana, e l'aspetto architettonico dell'edificio, del quale si vedono le ali estreme, è una testimonianza dello sviluppo rapidamente assunto dalla fontana come tema costruttivo e architettonico. Così su di una lekythos a figure nere, la fontana è a doppia fronte con protomi da una parte e dall'altra di un pilastro in muratura (fig. 2). Le fontane cominciano allora a essere un elemento importante nella città, tanto che l'esistenza d'una fontana pubblica costituisce uno dei segni di distinzione della città da un semplice villaggio.
Di queste fontane monumentali greche, che furono consacrate dalla migliore tradizione letteraria e monumentale, la più celebrata è senza dubbio la Callirroe, la vetusta fonte che forniva agli Ateniesi la migliore acqua. Era una sorgente scoperta, prima che vi fosse immesso l'acquedotto dell'Enneakrunos, al tempo pisistrateo; ma la sua ubicazione è ancora incerta, risultando dalle fonti come prossima al letto dell'Ilisso e a sud dell'Acropoli, mentre operazioni di scavo hanno messo allo scoperto un vasto sistema di serbatoi, condotti, pozzi e fontane, ai piedi della Pnice (v. la ricostruzione nella fig. 3), nel quale il Doerpfeld credé di ritrovare il sito della fonte, che Tucidide descriveva al suo tempo come un elegante, piccolo edificio (v. atene, V, pag. 183). Ma oltre alla Callirroe Atene aveva anche altre due fontane, non altrettanto celebri: la fonte dell'Asclepieo che era rifornita da un sistema di quattro cisterne, e la fonte della Clepsidra o Empedo, captata a una certa profondità del sottosuolo, da una vasca in muratura appoggiata su un lato alla parete rocciosa.
Anche Corinto aveva la sua fontana famosa: la Pirene, che scaturiva sull'Acrocorinto in una specie di grande galleria nella roccia, sulla cui parete, nel fondo, la sorgente era stata incorniciata da un frontone sostenuto da due pilastri e una colonna, che pescavano nel laghetto formato dalla fonte stessa. L'altra fontana, la Glauce, famosa quasi quanto la Pirene, sgorgava invece ai piedi dell'acropoli, ed era anch'essa circondata di culto e decorosamente ornata. Diversa per carattere, Delo aveva la κρήνη Μυνόη, inclusa entro un edificio prostilo, con facciata di 6 colonne doriche, la cui costruzione si fa risalire all'inizio del sec. V a. C.
Non tutte le fontane di questo periodo hanno un aspetto così monumentale e decorativo. A Eleusi, in prossimità del Telesterion, è stata ritrovata una fontana in profondità, un vero e proprio pozzo sorgivo a pareti cilindriche, nel quale è da riconoscersi il καλλίχορον ϕρέαρ, la sacra fontana alla quale avevano dato nome le danze di culto dei cori femminili eleusini. A Megara la fontana di Teagene aveva il tipo di un serbatoio, poggiato su trenta colonne in poros. Grandiose e architettonicamente disposte erano le fontane nelle città ellenistiche. A Magnesia sul Meandro, nel portico occidentale dell'Agorà, era una fontana avente un fronte architettonico di due colonne fra due pilastri a doppio ordine. Sul muro di fondo dell'ambiente era girata una vòlta racchiudente una nicchia. L'acqua scendeva da teste di leone, inserite nel muro, in una larga cunetta del pavimento. A Efeso, nel muro occidentale di terrazzamento del teatro, è visibile ancor oggi la fontana ellenistica con la fronte a due sottili colonne ioniche tra due ante, e la nicchia della parete di fondo ornata di tre protomi leonine costituenti i getti. Ricche di fontane pubbliche erano anche Pergamo e Priene; questa offre il tipo della fontana a semplice pilastro con vaschetta, e quello della fontana a edicola con frontoncino sorretto da due pilastri, con vasca a parete rettangolare, e getto in forma di protome leonina: tipo quest'ultimo di cui appare una testimonianza abbastanza fedele nelle rappresentazioni dei vasi italioti. Oltre alle due piccole fontane pubbliche è conservata ancora a Priene la fontana della Palestra, in forma di lunga e poco profonda vasca, nella quale versano l'acqua dieci protomi leonine. Tra le più belle fontane greche del sec. IV è la fonte Ialisia a Rodi, che sgorga un po' più in basso del ciglio dell'Acropoli. Essa ha pianta rettangolare, e s'incastra con la parete di fondo, costruita ad apparecchio isodomico di calcare, in una specie di cavità della rupe. L'acqua sgorgava da due protomi leonine in una vasca, costituita di lastroni tra pilastri di marmo, ornati alla loro volta da altre protomi leonine, che riversavano l'acqua al di fuori davanti si ergeva un portico dorico di sei colonne (fig. 4).
Nelle città dell'Oriente ellenistico il tipo architettonico della fontana assume un aspetto più ricco e grandioso. Al semplice portichetto si trova sostituito un ampio fronte architettonico, a due o più ordini di colonne, distinti talora da zone interposte adorne di fregi a rilievo, coronate da ricche trabeazioni con timpani e archi, e incornicianti absidi o nicchie adorne di statue; tutto un complesso e vario movimento di linee e di masse, che fa della fontana una costruzione schiettamente decorativa, sul tipo delle scaenarum frontes dei teatri ellenistici e romani. Questi edifizî di fontana, per l'analogia delle absidi con le grotte antichissime consacrate al culto delle ninfe, furono detti ninfei.
Splendidi edifizi di fontane avevano le città della Caria, della Ionia, della Pisidia, della Panfilia, della Siria. A Mileto era un grandioso ninfeo a pianta rettangolare, costituito di un fronte a tre piani, con due ali, decorato di edicole e di nicchie con statue; l'edificio sorgeva su un alto podio con vasche nelle quali si riversava l'acqua dai numerosi getti zampillanti dalla facciata (fig. 8). Anche Efeso aveva il suo ninfeo, ma nelle forme più modeste di un'esedra con due brevi ali laterali, bacino tripartito, rivestito di lastre di marmo e piccola vasca annessa. Di un grandioso ninfeo, sempre nelle forme di una costruzione a pianta rettangolare, con tre grandi absidi, decorata di un ricco portico e di statue, era dotata Side nella Panfilia (fig. 10), e ninfei non meno sontuosi erano a Selge, Kremna, Sagalasso, costruiti per lo più a sfondo di grandi piazze o di vie, o decoranti la facciata esterna della scena del teatro, come a Perge. Ad Aspendo un grande ninfeo occupava parte di un lato del Foro, con un ricco fronte a due piani, ciascuno con cinque nicchie fiancheggiate da edicole, e prolungato alle estremità con due ali formanti un piccolo tetrastoon. Il ninfeo più grandioso di queste città dell'Oriente greco era però quello di Antiochia sull'Oronte ricordato nelle descrizioni di Libanio e di Giovanni Malala, altissimo, splendido di pitture e di marmi rari, e dominante con la sua mole policroma e fastosa una delle maggiori arterie della città. Oltre questo, un altro ninfeo era sulla fronte della scena del teatro; nel centro di esso era stato collocato, per disposizione di Traiano, il gruppo bronzeo della Tyche con la personificazione dell'Oronte. A questa associazione dei ninfei con le scaenarum frontes dei teatri ellenistici, è dovuto probabilmente l'innegabile carattere scenografico che hanno i piccoli e grandi ninfei delle città romane e africane del periodo imperiale (v. oltre).
Le fontane di cui si è finora trattato sono tutte di carattere pubblico: invero in Grecia, fino al periodo ellenistico, manca ogni elemento che faccia pensare a un'applicazione delle fontane nelle case, che erano prive della fornitura di acqua corrente. Poi invece questa fornitura si rende possibile e facile con l'allacciamento delle case alle condutture delle vie. Cosicché, a misura che la fontana pubblica diviene una costruzione di carattere quasi esclusivamente monumentale e lussuoso, si diffonde l'uso della fontana privata che assume il tipo del saliente, zampillante in una vasca marmorea, o della protome applicata a un pilastro, davanti al quale è una vasca. Ma finché resta nell'ambiente ellenistico, anche la fontana privata è sempre un elemento di lusso; decorata di statue o rilievi, diviene l'ornamento degli atrî e dei giardini e uno dei temi più favoriti e comuni della piccola statuaria.
Nelle regioni italiche il tipo della fontana ha un carattere e un'evoluzione diversa. Il territorio etrusco non ha dato che un solo impianto di fontana pubblica: quello di Marzabotto. Sul pendio dell'Acropoli, infatti, fu scoperta una fontana composta di un bacino rettangolare di pietra calcarea simile al travertino, alto m. 0,50, largo m. 1,85 × 1,20 e divisa in due vasche di differente livello, una più bassa coperta di un blocco orizzontale, l'altra più alta, scoperta, che serviva da scaricatoio. Nella vasca più bassa introducevano l'acqua due condotti, formati da grossi ciottoli; qui essa si depositava, uscendone poi in due diverse direzioni (fig. 5).
Questo tipo di fontana-distributore dové costituire, ancora più semplificato nel suo schema, la pubblica fontana dei paesi italici, affatto diversa, per il suo carattere di costruzione all'aperto, dagli apprestamenti sotterranei delle regioni greche. Esso doveva naturalmente essere adottato, per la semplicità e la praticità che contraddistinguevano l'impianto, da quei grandi tesaurizzatori d'acqua che furono i Romani. Delle numerose fontane pubbliche che ornavano Roma al tempo dell'impero, poco o niente è stato conservato.
Gli scavi del Foro Romano hanno rivelato gli avanzi di una tra le più venerande fonti romane: il lacus Iuturnae, al quale al tempo di Costantino furono aggiunti i locali della Statio aquarum (amministrazione delle acque). Il lacus ha la forma di una vasca quadrata rivestita di marmo, delle misure di m. 5,10 di lato per due di profondità; è alimentata da due sorgenti, e al centro s'innalza un basamento che forse sosteneva un gruppo statuario. All'intorno e poco discosto si veggono sparsi un'ara, un puteale, un'edicola, resti dell'antico culto (fig. 6). Il fonte delle Camene, alle falde del Celio, in vicinanza della Porta Capena, era una specie di ninfeo a tre celle absidate, intramezzato da una doppia fila di colonne. Un'antichissima fonte era il tullianum (da tulla "polla di acqua"), al di sopra del quale fu poi costruito il carcere Mamertino: la fonte sgorgava nel pavimento dell'ambiente circolare in parte costruito, in parte scavato nella roccia viva e coperto a cupola. Una fonte consimile era al Tusculo. Probabilmente anche nel pozzo arcaico a tholos, sotto la casa dei Flavî, è da riconoscere un'antica fontana di apparecchio greco.
Una fontana monumentale era infine la Meta Sudans, oggi ancora visibile come un semplice cono di muratura, ma che è rappresentato su rilievi e monete romane come un grandioso saliente, con più getti artisticamente distribuiti a zone sovrapposte.
A Pompei si osserva tutta una numerosa serie di fontane pubbliche, il cui impianto si rivela contemporaneo ai lavori di canalizzazione per l'acqua corrente; queste fontane sembrano infatti per il loro carattere uniforme rispondere a un'unica forma di costruzione. Sono costituite di una vasca rettangolare, generalmente di blocchi lavici tenuti insieme da grappe di ferro, sormontata da un breve pilastro ornato di una protome a rilievo (fig. 7), leonina, taurina, bovina, o da una figura di animale come il gallo, o da un emblema rappresentativo, come il gorgoneio o il cornucopia, dal quale esce il getto.
Tali fontane, disposte ai crocicchi delle vie, spesso in connessione con un pilastro elevatore che adempie le funzioni di serbatoio (ca stellum aquarium; fig. 9), con la loro decorazione ornamentale sempre così varia di motivi, anche se rozza, rappresentano quasi un segno di distinzione della contrada.
Ostia, che nell'evoluzione edilizia della città romana deve essere considerata come una fase ulteriore, presenta nella fontana della Casa di Diana e in quella della Via della Fontana un unico tipo. Si tratta di una costruzione coperta da vòlta a botte, con la vasca quadrata, dalla quale si attingeva l'acqua, sia da due cannelle metalliche, sia da un'apertura sul lato stesso del bacino.
Timgad e Djemila, le due città africane che ancora serbano il volto dell'antica città romana, mostrano anch'esse negli apprestamenti superstiti, i due caratteri fondamentali che sono proprî alla fontana romana: la praticità dell'impianto e la semplicità della decorazione ornamentale (fig. 13).
Accanto a queste fontane di carattere soprattutto pratico, stanno quelle di tipo monumentale, la cui diffusione è dovuta particolarmente all'influenza delle architetture orientali.
La più famosa, a Roma, era il Settizonio di Settimio Severo, che si elevava col suo gigantesco prospetto di sette piani di fronte alla via Appia; per la mole, oltre che per la forma, ricordava il ninfeo di Mileto (fig. 11); alcuni disegni del Rinascimento lo mostrano ancora come una grandiosa rovina con elegante porticato a tre piani; esso fu poi demolito per ordine di Sisto V. Un altro grande ninfeo era collegato con la grande riserva di acque delle fabbriche imperiali, a ridosso dello stadio.
Fuori di Roma, nella serie dei ninfei monumentali, sono da ricordare quelli della Villa Adriana a Tivoli; il più grande di essi ci si presenta come un edificio a pianta rettangolare con vano d'ingresso ad arco, grande abside interna e porticato su tre lati; l'area centrale era scoperta e coltivata a giardino, con grande vasca centrale. Ma oltre a questo la villa, nella serie di ricostruzioni architettoniche che dovevano ricordare all'imperatore grecofilo le cose più notevoli dei luoghi visitati, possiede un altro tipo di ninfeo nel padiglione delle Fontane. È questa un'area a corte centrale quadrangolare con tre lati absidati e adorni di nicchioni e il quarto rettilineo: a questo era poggiato il podio di una grande fontana rivestita di marmi e adorna di statue. A ninfeo era anche adattata la sala centrale dell'edificio che chiudeva la valle e il canale del Canopo, nella quale l'acqua scorreva, mediante un complicato sistema di bacini e di vasche, da una grande abside, con vòlta a conchiglia. Nella regione flegrea, a Baia, nelle due belle rotonde di Terme conosciute rispettivamente col nome di Tempio di Diana e Tempio di Venere, erano impianti di ninfei con belle membrature architettoniche e statue.
I ninfei delle città romane dell'Africa, generalmente connessi con un acquedotto, ripetono il tipo dei ninfei imperiali a parete di fondo semicircolare, con nicchie e absidi destinate ad accogliere statue e marmi decorativi. Tale era il tipo del Ninfeo di Stora, di Philippeville, di quello di Tipasa e tale doveva essere anche quello di Lambesi, ricordato da iscrizioni. A Leptis Magna uno, di grandiose dimensioni era davanti al foro imperiale.
Grande varietà di forma e di aspetti si ritrova nelle fontane delle case, che costituiscono, disposte negli atrî e nei giardini, un elemento decorativo di notevole importanza. Anche in questo caso simbolo ed espressione dell'elemento liquido sono gli animali, e non solo le fiere, ma anche i miti animaletti della fauna domestica, come il coniglio, il colombo, la rana, adoperati isolatamente, o in gruppo con la figura umana, a nascondere il tubo di piombo (fistula) che porta l'acqua. Anche i Satiri e le Ninfe, personificazione delle fresche e selvagge energie della natura, sono un tema comunemente scelto a ornamento di fontana; così egualmente diffusi sono il gruppo del putto che stringe l'oca, e figure di Eroti infantili o giovinetti (fig. 12). Anche i privati si giovavano peraltro del prospetto architettonico dei ninfei, per ornamento di peristilî e di giardini. In particolar modo le ville sontuose del litorale formiano e puteolano del tempo augusteo, e quelle, non inferiori di ornamento e di mole, della costa sorrentina, avevano grandiosi apprestamenti di ninfei marittimi formanti sfondo alle peschiere e alle passeggiate prolungantisi nel mare. Nell'isola di Capri Tiberio aveva creato due ninfei marittimi, isolati da ogni comunicazione terrestre e accessibili solo dal mare, in due antri rocciosi dei quali aveva mascherato, con il lussuoso ornamento dei marmi e dei mosaici a paste vitree, la selvaggia natura. Anche i palazzi imperiali sul Palatino ne offrono più di un esempio; in un gruppo di costruzioni di età neroniana, scoperto al disotto del peristilio del palazzo di Domiziano, si trova uno dei più bei ninfei romani di casa privata, con un prospetto di colonne incornicianti absidi rettangolari e nicchie, tutto rivestito di marmi preziosi, e che formava quasi certamente lo sfondo di un giardino. Nello stesso palazzo di Domiziano sale con apprestamenti di fontane occupavano tutto il lato occidentale del peristilio, e il grandioso triclinio, la famosa coenatio Iovis della dimora palatina, prospettava su due grandiosi ninfei, dei quali quello a occidente, tutto pavimentato di alabastro, era chiuso da un muro di fondo curvo con tre absidi e aveva al centro una grande vasca marmorea ovale. Nelle case di Pompei e di Ercolano il ninfeo appare raramente nelle forme a prospetto architettonico; esso è invece generalmente costituito da una piccola abside con frontone, entro la quale, sullo sfondo di un policromo rivestimento di paste vitree imitanti gli smalti, sta la statuetta versante l'acqua che, saltellando in cascatelle, si raccoglie nella piccola vasca sottostante. In due soli casi si vede realizzato, per quanto in piccole dimensioni, il tipo del ninfeo architettonico, e cioè nella casa detta dell'Ancora e in quella di Loreio Tiburtino; qui un piccolo tetrastoon, specie di padiglione, dal quale zampillano con un complesso giuoco di fistulae e sifunculi i getti d'acqua, occupa il centro di un canaletto rivestito di marmo, un eurypus, con le sponde erbose adorne di figure e statuine marmoree, e che fa capo a un'edicola absidata: intorno sono ancora disposte statuette di Muse.
Medioevo. - La rovina degli acquedotti in seguito alla decadenza dell'Impero di Roma determinò naturalmente la scomparsa delle fontane, che, per quanto riguarda gli usi pratici, vennero sostituite da pozzi, di più facile costruzione e manutenzione.
Per tutta la prima parte del Medioevo non si ha notizia di fontane altro che di quelle annesse ad alcune chiese, specialmente di Roma; celebrate furono quelle poste nell'atrio delle grandi basiliche, che ebbero il nome di cantari e una particolare destinazione liturgica. Famosa fra queste quella del quadriportico di S. Pietro, della quale l'elemento dominante era la pigna di bronzo, che si ritiene fosse stato il motivo terminale del mausoleo di Adriano.
In seguito, col migliorare delle condizioni delle città, si diffuse l'uso di collocare nelle vie e nelle piazze fontane di diversa mole destinate a fornire la popolazione di acqua di sorgente sia convogliata da lontano, sia sgorgante sul posto. Appartengono a questa seconda categoria le caratteristiche fontane senesi (secolo XIII), che venivano costruite nelle parti più basse della città, ove la vena d'acqua affiorava e veniva raccolta entro serbatoi, dai quali sgorgava in tanti getti protetti da grandi arcate. Nella fontana delle 99 cannelle ad Aquila, l'acqua scaturisce ed è raccolta entro una lunga vasca che segue tre lati di un vasto recinto di muro a scacchi bianchi e rosei.
Le fontane dell'altro tipo furono invece di regola isolate nelle piazze e constarono di una vasca poligonale o rotonda, al cui centro si erge un motivo slanciato di varia forma, dai cui fianchi sgorga l'acqua.
Fra i begli esempî che ce ne offre Viterbo, la Fontana Grande (1279) è certamente il più notevole: dalla vasca a pianta cruciforme, sollevata di varî gradini, sorge una robusta colonna a cui si sovrappongono due ordini di vasche sormontate da una cuspide gotica; dai mascheroni leonini nei fianchi della colonna partono quattro condotti che prolungano e suddividono i getti. Ma l'espressione più bella e ricca è la Fonte Maggiore di Perugia (1278), dalle due vasche poligonali degradanti dominate da un gruppo di tre cariatidi in bronzo sostenenti un vaso dal quale zampilla l'acqua. Agli spigoli e alle facce delle vasche l'opera di Nicola e Giovanni Pisano diede un'insuperabile vivacità e varietà di aspetti. Originalissima sia per la forma dell'alta stele poligonale sorgente dalla tazza, sia per l'ambiente costituito da un recinto scoperto in un angolo del grande chiostro, la fontana del duomo di Monreale è un esemplare prezioso di quell'arte medievale siciliana, che risultò di tante e diverse correnti ed ebbe un carattere così spiccato di fantasia ed eleganza decorativa.
In questo periodo, in cui anche nei paesi d'oltralpe le arti raggiugono straordinario splendore, si moltiplicano le fontane gotiche in molte città, specialmente della Germania. Esse presentano i caratteri comuni a tutta l'arte gotica di quella nazione assumendo l'aspetto di snellissime cuspidi traforate di innumerevoli ornati, animate di vivaci elementi figurativi, personaggi, animali (figg. 14 e 15). E non meno degne di nota sono anche le forme caratteristiche che prendono le fonti nei paesi abitati dagli Arabi, ove quasi a proteggere il prezioso elemento si eleva talora intorno alla sorgente un padiglione arcuato. Più fantasiose sono le fontane destinate dagli architetti moreschi all'interno delle dimore principesche sia nei cortili, come all'Alhambra di Granata, sia addirittura nelle sale, come nel palazzo La Zisa di Palermo.
Rinascimento e Barocco. - Con lo svilupparsi delle corti signorili e della vita cittadina, le piazze, i palazzi e le ville si arricchiscono di ogni genere di composizioni architettoniche e scultoree in cui l'acqua è talora un pretesto, talaltra il principale elemento. A seconda delle caratteristiche ambientali si usò allora il tipo di fontana isolato e quello addossato a una parete o raccordato a un dislivello del terreno. Il primo tipo, usato con straordinaria eleganza durante il Quattrocento, e con inesauribile fantasia nei secoli seguenti, fu collocato in genere al centro di cortili o di piazze o di giardini e risultò di varie tazze o vasche sovrapposte, sormontate e sostenute da motivi di ogni sorta, dai quali con originalità di trovate ora araldiche ora mitologiche ora semplicemente decorative, sgorgavano i getti e gli zampilli. Ricordiamo la fontanella nel cortile del palazzo Vecchio a Firenze, e quelle delle Tartarughe e di Piazza Navona a Roma, nelle quali l'elemento figurativo ha la massima importanza, sia come motivo nell'insieme della composizione, sia come opera di scultura. Tra le fontane composte invece di elementi puramente architettonici e decorativi, ricordiamo le due di piazza S. Pietro a Roma, dai ricchissimi getti.
Il tipo di fontana appoggiata alla parete di un edificio o degradante lungo il pendio di un parco, si servì prevalentemente di motivi architettonici o decorativi, frammezzati a scalee, a cascate, a balaustre di ogni forma. Straordinaria è la minuziosità con la quale ogni elemento fu studiato per ottenere dall'acqua, grazie a una non comune abilità tecnica, giuochi ed effetti di ogni genere. Variatissimi i criterî seguiti nella composizione, basata ora su vasti specchi d'acqua ferma, ora sul succedersi di getti, zampilli, cascate, ora sull'intimità di piccoli elementi ripetuti, ora sull'imponenza di pochi motivi monumentali isolati. Le ville, i palazzi e, specie fuori d'Italia, i castelli signorili dal Cinquecento al Settecento, sono ricchissimi di esempî magnifici della più straordinaria varietà.
Una forma di particolare interesse, riannodantesi ad analoghe opere dell'antichità (v. sopra), fu quella a cui si diede il nome di ninfeo. Fu posta generalmente in basso, al ridosso e come al riparo d'un dislivello naturale o artificiale, e il suo carattere fu un certo aspetto di raccoglimento e di preziosità. Fu costituita in genere da un recinto di varia forma circondato da portici, da scalee, da sedili, da balaustre, decorato riccamente, entro cui l'acqua circola in mille modi.
Il ninfeo della Villa Giulia a Roma, addentrantesi profondamente in due vani piani sotto il livello del terreno, e quello semicircolare della Villa Aldobrandini a Frascati, dominato dagli alberi secolari e da una scalea che si arrampica sull'erto pendio a cui è addossato, sono fra gli esempî più belli, per eleganza il primo, per grandiosità il secondo.
A questo tipo si riavvicina quello che ebbe il nome di mostra d'acqua e che fu la forma caratteristica delle fontane pubbliche dal Cinque al Settecento. Consistette generalmente in una monumentale facciata composta di un certo numero di arcate entro cui, da elementi figurativi o naturalistici, quasi sempre rocce, scene bibliche (Mosè), o animali fantastici, scaturisce l'acqua, la quale ora è riunita in cascate ricchissime, ora invece è suddivisa in arditi getti imprevisti. Tra le fontane di questo tipo ricordiamo a Roma la mostra dell'acqua Felice sull'odierna Via XX Settembre, il cosiddetto Fontanone dell'acqua Paola sul Gianicolo, la celebre fontana di Trevi, e quella originalissima di Nancy, in Francia, ove la parete di fondo è sostituita da una cancellata di ferro battuto e dagli alberi del parco retrostante (fig. 17).
Fuori d'Italia, specialmente in Francia, l'effetto che si cercò nelle fontane dei grandi parchi, fu piuttosto quello dell'imponenza, grazie alle grandi dimensioni: nel giardino francese del Seicento, i bassins furono un elemento caratteristico. Al castello di Versailles, di A. Le Nôtre, dove si trova la più fastosa espressione di questo tipo di fontana che, come l'intero giardino, può dirsi di parata, il grande canal si estende in asse con la facciata del palazzo per una lunghezza di parecchi metri.
Alla metà del Settecento, insieme con i nuovi orientamenti pittoreschi dell'arte dei giardini (v.), anche le fontane imitarono l'imprevisto di cascate naturali e riprodussero talora intere scene con statue di personaggi e di animali, sparse fra le rocce e i getti d'acqua. Alcune fontane del parco di Caserta ci dànno esempî mirabili e grandiosi di questo tipo che si diffuse nel sec. XIX in tutti i giardini e i parchi detti all'inglese.
In quest'ultimo secolo hanno cominciato ad assumere importanza predominante rispetto alle fontane dei giardini privati, quelle decoranti le grandi piazze e i parchi pubblici. L'aumentata ricchezza d'acqua e il perfezionarsi delle conoscenze tecniche hanno permesso il moltiplicarsi delle risorse offerte dall'acqua stessa, che costituisce ora l'elemento dominante delle fontane. Ricordiamo la fontana di Piazza dell'Esedra a Roma, e quella di Bari, dove l'alto zampillo sembra la glorificazione del prezioso elemento nella terra assetata.
Gli ultimi ritrovati per l'illuminazione dei getti d'acqua hanno infine aperto nuove e vaste possibilità alla fantasia degli artisti, che devono oggi tener conto, oltre che dell'effetto della loro opera alla luce del sole, di quello variabile quasi indefinitamente, al variare delle luci artificiali (figg. 18 e 19).
V. tavv. CXXIII-CXXXII.
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Per il Medioevo e l'età moderna: G. B. Falda, Le Fontane di Roma nelle piazze e luoghi pubblici della città e Le fontane delle ville di Frascati, Roma 1665; D. Gnoli, Have Roma, Roma 1909; G. Magni, Il Barocco a Roma, Torino 1911-1913; L. Dami, Il giardino italiano, Milano 1924; A. Colasanti, Le fontane d'Italia, Roma 1926; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, Torino 1927. - Per le fontane luminose si vedano varî articoli di riviste tecniche; si confronti specialmente Lux, Revue de l'éclairage; giugno-agosto 1931.