FONTANA
Costruzione di carattere generalmente ornamentale destinata a ricevere l'acqua, artificialmente mediante condotte o spontaneamente da sorgenti naturali, e a regolarne l'efflusso mediante uno o più getti.La struttura delle f. medievali, realizzata in pietra, marmo o metallo, si articolava su piante circolari, poligonali o cruciformi, spesso fondate su basamenti a uno o più gradini. Talora intorno a una colonna o a un fulcro centrale si disponevano lungo l'asse verticale una o più vasche, spesso decorate da motivi come protomi leonine e pigne in funzione di doccioni. Il bacino destinato al rifornimento dell'acqua potabile si trovava di solito nel punto più alto della f., cioè il più vicino possibile al punto di adduzione dell'acqua. Tra le f. possono essere incluse anche le strutture dei lavatoi per i panni, degli abbeveratoi per il bestiame, dei guazzatoi e dei trogoli, nonché le vasche destinate a specifiche attività, come quelle di gualchierai, lanaioli, cuoiai e pellicciai.L'acqua arrivava alle f. attraverso acquedotti, bottini o cunicoli; talora la f. era collegata tramite tubature con grandi serbatoi sotterranei di raccolta dell'acqua piovana. F. più piccole, pozzi e pozzi a mazzacavallo erano riforniti direttamente di acqua freatica.Tra le f. medievali sono frequenti sia il tipo con una vasca quadrangolare e una fila di doccioni collocati in posizione orizzontale sia le f. a edicola, costruite in mattone non decorato o in pietra da taglio, coperte da volte a crociera e aperte in arcate ogivali, con vasca in laterizio a fondo piano. F. per le abluzioni sono descritte spesso dal Lib. Pont. nell'atrio delle basiliche; si trattava di opere di marmo o di porfido (Colasanti, 1926, p. XII).L'ininterrotto rapporto con la cultura classica e i nuovi apporti dell'arte islamica condussero alla produzione di opere importanti, anche dal punto di vista della tecnica idraulica, soprattutto in Italia, Germania, Francia e Spagna.La f. in bronzo a forma di pigna nell'antico atrio della Cappella Palatina di Aquisgrana (il basamento originale è andato perduto) è un'opera dell'arte di corte carolingia che attesta la diretta ricezione di modelli dell'antichità classica, essendo esemplata sul cantaro romano (Roma, Mus. Vaticani, cortile della Pigna; Finch, 1991) posto nell'atrio dell'antica basilica di S. Pietro in Vaticano, ivi reimpiegato (Petersen, 1903, p. 323ss.) fin dall'età costantiniana. La pigna di Aquisgrana è costituita di centoventinove elementi a scaglie, ordinate in diciannove file (altezza cm. 91, larghezza cm. 68), dalla punta delle quali sgorgano zampilli d'acqua. I lati anteriore e posteriore del basamento sono mancanti; agli angoli sono poste le figure frammentarie di quattro divinità fluviali o personificazioni dei fiumi del paradiso, dalle quali ugualmente sgorgava l'acqua. Mentre le parti conservate del basamento sono sicuramente riferibili al sec. 11° (Strzygowski, 1903, p. 205), più problematico è stabilire se il resto della f. in bronzo sia opera classica reimpiegata o se sia stata realizzata nel periodo carolingio (Cüppers, 1960-1961, p. 92). La pigna è simbolo dell'albero della vita nel paradiso (l'atrio) e lavarsi le mani con l'acqua che sgorga dalla pigna significa illuminazione. La f. della vita in quanto albero della vita è indicata dalla pigna anche su sportelli d'armadio (Venezia, basilica di S. Marco) e in immagini dell'Annunciazione (per es. nel mosaico della chiesa del monastero di Dafni, presso Atene, 1100 ca.). Teofane Continuato (829-842) descrive una f. esistente nel palazzo di Costantinopoli decorata da una pigna dorata; in occasione di feste la vasca veniva riempita di pistacchi o altri frutti come noci e nocciole, mentre dalla pigna sgorgava vino aromatico (Petersen, 1903, p. 319). A Costantinopoli il tipo di f. a pigna è attestato ancora dalla pigna forata in granito del chiostro di Sulu Manastir, probabilmente databile al 12° secolo. La fama del cantaro romano di S. Pietro fu tale che il simbolo della pigna venne spesso scelto nel Medioevo per il coronamento di f.; è il caso delle f. duecentesche di Viterbo, come quelle di S. Tommaso, detta della Morte, di S. Faustino, di S. Maria in Poggio e di Pianoscarano (Colasanti, 1926, pp. XVII-XVIII). Da ricordare anche la f. dell'abbazia di St. Maria und Johannes Evangelist a Sayn, presso Bendorf (Renania Palatinato), eretta nel 1200 ca. (Hoffmann-Curtius, 1968, fig. 52).Nelle f. frequente è anche la presenza di figure di leoni o di protomi leonine: per es. la f. a due vasche in bronzo (sec. 12°-13°) posta nella piazza del mercato a Goslar (Bassa Sassonia) e proveniente (Griep, 1973) probabilmente dall'area del palazzo imperiale. L'acqua vi scorreva uscendo dagli otto doccioni a protome leonina della vasca superiore ricadendo in quella inferiore, più grande; al colmo è posto un bocciolo sferico, fornito a sua volta di otto doccioni a protome leonina, coronato da un'aquila ad ali spiegate, mentre sulla colonna che sorregge la vasca superiore siedono, in funzione di condutture di deflusso, quattro draghi alati con figure umane nelle fauci spalancate; da un mascherone sul lato sud della tazza inferiore si poteva attingere l'acqua tramite una lunga conduttura di deflusso. Figure di leoni compaiono pure nella f. Grande a Viterbo, chiamata anche Sepalis, iniziata dai maestri Bertoldo e Pietro di Giovanni nel 1212; la struttura originaria, con vasca cruciforme in pietra e con due vasche quadrilobate in bronzo poste su una colonna, risale al 1279, mentre le grandi protomi leonine furono restaurate da Benedetto da Perugia nel 1422. Nelle loro fauci aperte sono poggiati tubi in bronzo, a sezione quadrata, muniti ciascuno di cinque piccole protomi animali da cui zampilla l'acqua, mentre al di sopra si ergono quattro piccole piramidi. Le f. medievali di Viterbo presentano tutte, senza eccezione, doccioni a protome leonina; l'esempio più bello è costituito dalla f. di Pianoscarano, nella quale i tre animali selvaggi si affacciano dalle aperture trilobate di un ciborio.Tra le altre f. vanno ricordate a Siena la fonte Branda e la fonte Nuova, una struttura gotica in pietra da taglio con arcate ogivali aperte sulla fronte e sul lato (Colasanti, 1926, tav. 21), paragonabile alla f. di Hondélie a Lectoure (dip. Gers; Enlart, 19292, p. 303), la f. della Fraterna a Isernia, struttura coperta del sec. 14° costituita da cinque colonne che sorreggono arcate poste su un alto basamento di lastre di spoglio, decorate da una iscrizione latina in scrittura capitale e delfini (Colasanti, 1926, tav. 36), e ancora la f. delle Novantanove cannelle dell'Aquila, realizzata da Tancredi da Pentima nel 1272 e posta in una piazza trapezoidale, cinta su tre lati di diversa lunghezza da alte pareti in pietra calcarea e paramento a scacchi bianchi e rosati (sul quarto lato una scalinata conduce alla chiesa di S. Vito). L'acqua scorre da novantanove mascheroni zoomorfi e antropomorfi nella stretta vasca quadrangolare superiore; di qui, tramite doccioni non decorati, passa nella più larga vasca inferiore. Non è da escludere che i mascheroni siano stati ultimati in età successiva o che siano stati restaurati; la f. consisteva originariamente solo di due prospetti che si toccavano ad angolo retto, mentre il terzo venne completato da Alessandro Ciccarone nel 1582-1585.Tra le f. caratterizzate da un programma iconografico, la vera da pozzo in marmo in S. Bartolomeo all'Isola a Roma - collegata, come recita l'iscrizione sul bordo superiore, alle sorgenti di acque terapeutiche dell'isola, e dunque assimilabile a una f. - costituisce un esempio della ricezione dell'Antico da parte della cultura ottoniana e imita il tipo del sarcofago a colonne dell'Asia Minore; quattro figure a rilievo, Cristo, l'imperatore Ottone III, S. Paolino di Nola e S. Bartolomeo, ognuna sotto un timpano, sono separate l'una dall'altra da colonne a spirale (Braun, 1937, p. 27ss.; Claussen, 1987, p. 73, n. 398).Nell'angolo sud-est del chiostro del duomo di Monreale, in Sicilia, si trova una f. a colonna con bacino in marmo di età normanna inserita all'interno di un recinto quadrato con tre arcate per ogni lato; lo slanciato elemento centrale è decorato da un motivo a zig-zag e termina in un bocciolo sferico riccamente decorato, sul quale è scolpito un corteo di baccanti e musici, oltre a protomi leonine e umane e foglie. La pressione dell'acqua consentiva il funzionamento della f., rifornita grazie a un sistema di cunicoli e serbatoi sotterranei installati sotto la chiesa e il monastero (Krönig, 1965).Della grande f. a due vasche marmoree nel chiostro di Saint-Denis a Parigi, testimoniata da un disegno del sec. 16° (Hoffmann-Curtius, 1968, figg. 50-51) e commissionata probabilmente dall'abate Ugo di Milano (1197-1204), solo una tazza è sopravvissuta alla Rivoluzione francese. Ventotto doccioni in piombo, circondati da elementi decorativi a quattro foglie, recano ventotto teste poste alternatamente di profilo e in posizione frontale, raffiguranti divinità mitologiche (Giove, Giunone, Nettuno), allegorie (Dives, Pauper), personaggi favolosi (Lupus, Leo) e i quattro elementi (Enlart, 19292, p. 310; Sauerländer, 1961, p. 55).Più semplici nella loro struttura formale, ma spesso di rilevante interesse per la tecnica idraulica, sono le f. inserite nei chiostri di abbaziali cistercensi; oltre ai resti di quella di Pontigny, limitati a una grande vasca monolitica, vanno ricordati i frammenti di quella di Maubuisson, dove recenti indagini archeologiche hanno potuto ricostruire il raffinato sistema di adduzione delle acque che consentiva lo sprizzare di un alto zampillo (Benoit, Wabont, 1991; Righetti Tosti-Croce, 1993, p. 45).Al 1277 risale una delle prime grandiose opere d'arte dell'iconografia profana nel Medioevo: la f. Maggiore a Perugia. Collegata per le caratteristiche della struttura alla f. di Saint-Denis, nel programma figurativo - voluto dalla cittadinanza, committente del lavoro, che sulla f. si fece rappresentare - superò largamente la f. di Folcardo a St. Maximin a Treviri, del sec. 12°, nota da un disegno del sec. 17° (Hoffmann-Curtius, 1968, fig. 106). Sul bacino inferiore a venticinque facce, in marmo, collocato su un podio basamentale, si erge, sorretto da ventiquattro colonne, il secondo bacino marmoreo, costituito da un parapetto scandito da ventiquattro lastre; al centro una colonna sostiene un bacino in bronzo, coronato da tre figure di portatrici d'acqua, sulle quali erano collocati fino al 1948 quattro grifi, due con testa leonina e due con testa d'aquila. Il poligono del bacino inferiore è costituito da venticinque rilievi doppi separati l'uno dall'altro alternatamente da colonnette semplici e da venticinque gruppi di tre colonne ognuno; sui ventiquattro angoli del bacino superiore si ergono figure in asse con i capitelli e le colonne che sorreggono la vasca. L'acqua saliva dal centro e si riversava nel bacino in bronzo, traboccando nella vasca marmorea superiore e scendendo tramite dodici protomi animali in bronzo in quella inferiore, decorata da cinquanta rilievi: da N a S la Filosofia, le sette Arti liberali, i dodici Mesi, animali favolosi, personaggi storici nonché rilievi con significato morale; i personaggi stanti, di tre quarti, del bacino superiore raffigurano a N rappresentanti della civitas, con Heulixstes Perusine conditor urbis, collocati quasi esattamente all'opposto dell'Augusta Perusia a S; la contrapposizione della città di Roma come caput mundi a O e Salomone a E era invece finalizzata a esprimere il passaggio del potere da Gerusalemme a Roma. Se si considera la collocazione della f., corrispondente in origine all'atrio del duomo, diventano evidenti sia il suo ruolo di paradisus della città sia il simbolismo numerico dei cinquanta rilievi: vi si riconosce un'allusione alla pentecoste, mentre le ventiquattro figure del bacino superiore si riferiscono ai ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse, quali rappresentanti della Ecclesia universalis, il potere spirituale e secolare, Roma e Perugia. Le tre fanciulle in bronzo al centro e nel punto più alto della f. sono forse le personificazioni delle virtù teologali oppure Ecate, Demetra e Persefone. Anche a Perugia come coronamento finale è inserita una pigna, che qui vale come fons vitae: grazie all'ampliamento del programma iconografico si evidenzia l'intento del committente di arricchire di significato profano l'acqua, che esemplava in senso trascendentale battesimo, morte, risurrezione e rinascita.Nel Basso Medioevo la f. si sviluppò dal punto di vista strutturale e acquisì grande prestigio nelle libere città imperiali, al di fuori dell'architettura religiosa e di corte. Espressione della tendenza ad ampliare i programmi iconografici e a rendere progressivamente sempre più complesse le strutture architettoniche erano le f. gotiche piramidali caratterizzate dallo slancio verso l'alto, con pinnacoli e statue in edicole, senza dubbio influenzate dall'architettura delle cattedrali e diffuse essenzialmente nei paesi d'Oltralpe, come il Schöner Brunnen a Norimberga, eretto nel 1385-1396 da Heinrich Beheim (v.).
Bibl.:
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La f. nell'Islam, oltre che un elemento architettonico che arricchiva e abbelliva palazzi, giardini, case private, moschee, strade, ecc., era anche un'opera meritoria per il pio musulmano che la costruiva. L'acqua, infatti, in quanto generatrice della vita (Corano VI, 99; X, 25; XIV, 10), è un dono divino ed è premio per i meritevoli nella vita ultraterrena dove sarà goduta nei giardini del paradiso (Corano L, 50; LXXVI, 6; XCVIII, 8). La stessa parola araba salsabīl, con cui viene più diffusamente chiamata la f. nel mondo islamico (accanto ad altri termini come çeşme, sabīl, siqāya, birka, ecc.), deriva dal nome della fonte del paradiso menzionata dal Corano (LXXVI, 17-18) in cui si legge: "Verrà loro, colà, dato da bere con coppe la cui miscela sarà di zenzero e acqua di una fonte che ivi si trova, chiamata Salsabīl".L'architettura islamica, che aveva solitamente per teatro un territorio prevalentemente arido e con poche risorse di acqua, diede, per reazione, un posto di primaria importanza alle f., realizzate sia per scopi essenzialmente pratici, sia per motivi decorativi, sia per motivi liturgici. Uno degli esempi più diffusi di salsabīl, fin dai tempi più antichi, era quello che refrigerava le sale dei palazzi islamici. Esso era formato da una bocca d'acqua che fuoriusciva da una nicchia spesso decorata a muqarnas, la quale poi scorreva su un piano inclinato (persiano shādirwān, 'tappeto' o 'cortina'), defluendo infine in uno stretto canale rettilineo interrotto da una o più vasche.L'esempio più famoso e meglio conservato è quello della f. del palazzo della Zisa costruito fuori Palermo dal re di Sicilia Guglielmo I (1120-1166) e completato da Guglielmo II (1153-1189) nella seconda metà del sec. 12°, che con molta probabilità utilizzarono manodopera islamica ancora presente sull'isola anche dopo la caduta del dominio islamico. Esempi precedenti alla Zisa si possono ritrovare in ambiente iranico e precisamente nel palazzo ghaznavide di Lashkarī Bāzār (Afghanistan), dell'inizio del sec. 11°, dove il rivolo d'acqua e la vasca erano disposti nel vestibolo della sala del trono. Anche in Algeria, nella Qal'a dei Banū Ḥammād (fine sec. 11°), è stata ritrovata una lastra di marmo grigio decorata con delle incisioni che fungeva da shādirwān in una f. provvista di canale e vasca ottagonale. Lo stesso dispositivo è venuto alla luce in alcune case del quartiere di al-Fusṭāṭ (Cairo) che si possono datare alla fine del sec. 11° circa. Del sec. 13° sono i salsabīl di alcuni palazzi artuqidi di Diyarbakır e di Mardin, in Turchia.La f. più famosa dell'Islam si trova in Occidente ed è quella dei leoni nel cortile omonimo del palazzo dell'Alhambra a Granada, costruzione di epoca nasride (fine sec. 13°-14°). Questa f. costituisce il punto focale di un giardino quadripartito, in cui quattro canali, disposti a croce, fuoriescono da un colonnato che circonda il cortile quadrato: la f., alimentata da questi canali, è sostenuta da dodici leoni in pietra (probabilmente appartenenti a costruzioni del sec. 11°) dalle cui fauci escono getti di acqua. F. zoomorfe simili a questa erano diffuse fin dai primi secoli dell'Egira, come è testimoniato sia dagli storici sia dai ritrovamenti archeologici. Oltre ai leoni, prediletti dagli artisti musulmani per il loro particolare simbolismo (rappresentano infatti i guerrieri del Jihād), fra le sculture di f. compaiono altri animali, quali l'elefante, il cervo e il grifone; del primo si conserva un esempio in pietra ritrovato sulle colline di Córdova (sec. 10°) e ancora in situ, dei secondi si ricordano gli esemplari in bronzo di Firenze (Mus. Naz. del Bargello; fine sec. 10°) e del Camposanto di Pisa (sec. 11°-12°).Le f. poste all'interno delle moschee, generalmente al centro del cortile, hanno una funzione rituale in quanto servono per le abluzioni compiute dai musulmani prima della preghiera. Queste hanno subìto vari rimaneggiamenti nel tempo, ma dalle fonti risulta che potevano essere costituite o da grandi bacini, come nella moschea di Madina, oppure da costruzioni più complesse, come nella moschea di Ibn Ṭūlūn al Cairo (fine sec. 9°), dove una cupola d'oro sostenuta da colonne di marmo proteggeva una vasca, anch'essa di marmo, con una f. di acqua corrente.
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