Fonti costituzionali. Pareggio di bilancio
La riforma costituzionale del bilancio rappresenta lo strumento con il quale l’Italia si conforma a due recenti atti di natura pattizia: il cd. patto Euro plus e il cd. Fiscal compact. La riforma richiede di essere interpretata ed applicata nel quadro dell’ordinamento della UE con il quale risulta fortemente integrata. I principi dell’equilibrio dei bilanci delle amministrazioni pubbliche e del concorso delle stesse alla sostenibilità del debito pubblico verranno attuati attraverso una legge con forza passiva rinforzata. Il pareggio di bilancio inteso come equilibrio tra entrate e spese consente un margine di flessibilità alle politiche di bilancio in linea con le normative europee. L’introduzione di regole sulla spesa e l’istituzione dell’organismo indipendente potrebbero rappresentare due delle più rilevanti novità della legge attuativa della riforma costituzionale.
L’esame parlamentare dei progetti di legge costituzionale all’origine della l. cost. 20.4.2012, n. 1, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ha avuto inizio alla Camera il 5 ottobre 2011 e si è concluso al Senato il 17 aprile 2012. La rapidità dell’esame è dipesa dalla grave crisi economica e internazionale in corso e dalla volontà di un’ampia maggioranza parlamentare di contrastarne le ripercussioni sul nostro Paese anche mediante l’attuazione del cd. Patto euro plus del 25 marzo 2011, volto a impegnare gli Stati firmatari a recepire nella legislazione nazionale le regole del Patto di stabilità e crescita. La scelta dello strumento, di livello costituzionale, e, soprattutto, la specifica regola introdotta dal legislatore nazionale, il pareggio di bilancio, pur non espressamente dovuti alla luce del Patto, sono peraltro in linea con il più vincolante Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione europea, e in particolare con il cd. Fiscal compact in esso contenuto, sottoscritto il 2 marzo 2012 da 25 paesi della UE, tra i quali l’Italia. Più in generale, la legge costituzionale in commento appare coerente con la riforma della governance economica della UE attuata attraverso l’approvazione in via definitiva da parte del Consiglio della UE, l’8 novembre 2011, di sei proposte legislative e, soprattutto, con i tre regolamenti che riformano il Patto di stabilità e crescita (reg. UE 16.11.2011, n. 1175 che modifica il reg. CE n. 1466/97; reg. UE 8.11.2011, n. 1177 che modifica il reg. CE n. 1467/97; reg. UE 16.11.2011, n. 1173) e con la dir. 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio.
La riforma non può pertanto che essere interpretata ed attuata alla luce delle normative dell’Unione europea e degli impegni di natura pattizia in precedenza ricordati. La legge costituzionale si pone in realtà per molti aspetti in rapporto di complementarietà e di integrazione con i predetti atti di diversa natura adottati nell’ambito della UE.
Sul piano metodologico, l’intervento del legislatore costituzionale si è articolato su tre livelli. Un primo livello concerne l’introduzione di alcune essenziali novelle della Carta costituzionale (v. infra). Un secondo livello riguarda la previsione di norme, contenute nell’art. 5 della legge costituzionale, che non modificano la Costituzione vigente ma costituiscono una disciplina di livello costituzionale a sé stante, volta a precisare i contenuti di una legge ordinaria, da approvare a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Detta legge rappresenta il terzo livello di intervento e ad essa il sesto comma del nuovo testo dell’art. 81 Cost. demanda la definizione della disciplina della legge di bilancio, delle norme fondamentali e dei criteri volti ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
È opportuno avviare l’esame della legge costituzionale dall’art. 2 che premette un comma all’art. 97 Cost., ai sensi del quale «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». Il duplice obbligo riguarda quindi ciascuno dei tre sottosettori (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza ed assistenza) individuati in sede UE. Gli obiettivi di bilancio rilevanti ai fini del rispetto del Patto di stabilità europeo sono, infatti, riferiti al saldo del conto economico del complesso delle pubbliche amministrazioni costituito dai predetti sottosettori. Tale saldo è espresso in termini di indebitamento (o accrescimento) netto (risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese con l’eccezione delle partite finanziarie) strutturale, al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum e temporanee.
L’art. 1 della legge sostituisce integralmente l’art. 81 Cost. relativo al bilancio statale. Lo Stato (co. 1) è tenuto a perseguire l’equilibrio del bilancio «tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico», e, quindi, su base pluriennale. Il secondo comma individua le due sole ipotesi in cui, in conformità con il Fiscal compact e la normativa UE è consentito il ricorso all’indebitamento. La prima ipotesi è legata all’andamento negativo del ciclo economico ed alla possibilità di tenere conto dei relativi effetti sui saldi di bilancio. In ambito UE rileva, come accennato, il saldo strutturale che si determina sottraendo al saldo nominale la componente ciclica calcolata attraverso l’output gap, che rappresenta il differenziale tra PIL effettivo e PIL potenziale. Al contrario, nelle fasi favorevoli del ciclo, in coerenza con quanto previsto dal Patto di stabilità, il disposto costituzionale richiede di conseguire avanzi da destinare al consolidamento dei conti pubblici. La seconda ipotesi è invece connessa al verificarsi degli «eventi eccezionali» individuati dal successivo art. 5. In questo caso, il ricorso al’indebitamento deve essere autorizzato da ciascuna Camera con deliberazione adottata a maggioranza assoluta.
Limitate, ma significative, risultano inoltre le modifiche apportate al terzo comma dell’art. 81 Cost. che è stato così riformulato: «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». Poiché nel nuovo testo dell’art. 81 non è più presente il previgente terzo comma che impediva alla legge di bilancio di «stabilire nuovi tributi e nuove spese», la legge di bilancio perde il carattere, peraltro controverso, di legge meramente formale e diviene conseguentemente soggetta all’obbligo di copertura finanziaria alla stregua di ogni altra legge. Inoltre, l’obbligo di copertura finanziaria risulta rafforzato sia dall’adozione dell’espressione «nuovi o maggiori oneri», che, a differenza di quella previgente (nuovi tributi e nuove spese) comprende anche le minori entrate, sia dalla sostituzione del termine «indica» con «provvede», scelta quest’ultima che in sede di Assemblea costituente era stata scientemente evitata per non rendere eccessivamente cogente l’obbligo di copertura.
L’art. 3 della legge trasforma la «armonizzazione dei bilanci pubblici» da materia rimessa alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni in materia di esclusiva competenza statale. La scelta è apparsa dipendere dalla consapevolezza del legislatore riguardo all’esigenza di disporre di bilanci pubblici trasparenti, e conformi ai principi di universalità, integrità e unità, al fine di attuare il principio dell’equilibrio.
L’art. 4 della legge, attraverso una duplice modifica dell’art. 119 Cost., estende il principio dell’equilibrio dei bilanci alle regioni e agli enti locali. A differenza di quanto disposto con riferimento al bilancio dello Stato, non si fa cenno alla possibilità di ricorrere all’indebitamento né per tenere conto degli effetti del ciclo economico né in conseguenza del verificarsi di «eventi eccezionali». Agli enti territoriali è invece consentito ricorrere all’indebitamento per finanziare spese di investimento ad una duplice condizione: che siano contestualmente definiti piani di ammortamento e che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. Rafforzando un principio già presente nell’ordinamento, è, infine, stabilito l’obbligo degli enti territoriali di concorrere ad «assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea».
L’art. 5, co. 1, lett. a), rende obbligatorio effettuare verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica. L’accento va posto soprattutto sulle verifiche ex post, che richiedono di organizzare un’attività di monitoraggio in grado di individuare tempestivamente il determinarsi di scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici.
Il co. 1, alle lett. b), c) e d), definisce i principi sulla base dei quali procedere alla correzione degli scostamenti negativi rispetto alle previsioni di bilancio. Gli scostamenti derivanti dall’andamento del ciclo economico non devono essere oggetto di correzione. Gli scostamenti negativi originati dalla «inefficacia degli interventi», espressione idonea a comprendere ogni ipotesi in cui le previsioni di bilancio non trovano conferma negli andamenti di finanza pubblica, dovranno essere corretti qualora superino un determinato limite massimo. A tale limite massimo non sono peraltro soggetti gli scostamenti derivanti dal ricorso all’indebitamento conseguente al verificarsi di «eventi eccezionali» (gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali). In tal caso dovrà tuttavia essere adottato un apposito «piano di rientro».
La lett. e) del co. 1 prevede l’introduzione di regole sulla spesa volte a salvaguardare gli equilibri di bilancio e a ridurre il rapporto tra debito pubblico e PIL.
La lett. f) istituisce presso le Camere un organismo indipendente con compiti di analisi e di verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio.
Il co. 1, lett. g), dispone che lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorra ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali. In tal modo, anche i bilanci di regioni ed enti locali disporranno di un margine adeguato di flessibilità. Sotto il profilo costituzionale, poiché ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. m) e p), lo Stato ha competenza esclusiva in ordine alla determinazione dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali, appare coerente la scelta di impegnare lo Stato ad integrare, nelle fasi critiche dell’economia in cui si verifica una diminuzione delle entrate proprie del livello locale, le risorse necessarie all’esercizio delle competenze spettanti agli enti in questione.
Il co. 2 dell’art. 5 prevede che la legge ordinaria da approvare a maggioranza assoluta disciplini anche i contenuti della legge di bilancio, la facoltà degli enti territoriali di ricorrere all’indebitamento e le modalità attraverso le quali i medesimi enti sono tenuti a concorrere alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Il co. 4 dell’art. 5 richiama la funzione di controllo della finanza pubblica di competenza del Parlamento focalizzandola, in particolare, sull’equilibrio tra entrate e spese e sulla qualità e l’efficacia della spesa, aspetti entrambi fondamentali per il conseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio.
Il co. 3 prevede che la predetta legge ordinaria sia approvata entro il mese di febbraio del 2013. L’art. 6 dispone che la legge costituzionale trovi applicazione a partire dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.
La legge da approvare a maggioranza assoluta – che potrà dunque essere modificata solo mediante una legge successiva che risulti, fin dall’inizio del relativo iter, adottata ai sensi dell’articolo 81, co. 6, Cost. – dovrà attuare il principio dell’equilibrio dei bilanci delle pubbliche amministrazioni, assicurando innanzitutto il rispetto dell’obiettivo di bilancio di medio termine indicato nel Programma di stabilità presentato dall’Italia in sede europea e riferito agli andamenti di finanza pubblica delle amministrazioni nel loro insieme.
Occorrerà tuttavia declinare tale principio con riferimento ai diversi livelli di governo, tenendo conto dei saldi rilevanti per i rispettivi bilanci (per il bilancio dello Stato si tratterà del saldo netto da finanziare o da impiegare). A riguardo occorre considerare come, nonostante il titolo della legge faccia riferimento al «pareggio», il testo chiarisca come il vincolo costituzionale riguardi più esattamente l’equilibrio dei bilanci. Il pareggio di bilancio, in conformità alle stesse normative europee, dovrà quindi essere perseguito non in senso contabile assicurando, di anno in anno, l’esatta eguaglianza numerica tra le entrate e le spese ma in modo dinamico, con riferimento al ciclo economico, salvaguardando la flessibilità dei bilanci. Ciò consentirà, in concreto, di fare debito, sia pure a determinate condizioni, nei periodi critici per l’economia e obbligherà, al contrario, a esporre avanzi quando l’economia cresce. Il problema dell’equilibrio si pone, sia pure in maniera peculiare, anche per gli enti pubblici non territoriali che non possono ricorrere all’indebitamento ma i cui disavanzi di gestione incidono in misura rilevante sui bilanci degli enti territoriali. Nel disciplinare gli «eventi eccezionali», la bussola sarà costituita dai regolamenti della UE, che trovano peraltro piena corrispondenza nel Fiscal compact. Quest’ultimo, infatti, in termini analoghi a quanto già previsto dai regolamenti UE n. 1175/2011 e n. 1177/2011, consente deviazioni temporanee dall’obiettivo di medio termine in presenza di «eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure di periodi di grave recessione economica ai sensi del Patto di stabilità rivisto». Trattandosi di fattispecie definite in termini generici, potrebbe essere opportuno acquisire preventivamente a riguardo l’avviso della Commissione europea. La misura dello scostamento e, quindi, dell’indebitamento non potrà che essere determinata dalla rilevanza del singolo evento. Nel definire il meccanismo correttivo previsto dall’art. 5 della legge costituzionale occorrerà considerare il reg. UE n. 1175/2011 e il Fiscal compact sulla base dei quali tali scostamenti possono ritenersi assumere un carattere significativo quando corrispondano almeno allo 0,5 per cento del PIL in un singolo anno. Inoltre, il predetto regolamento definisce significativo tale scostamento anche quando conseguito in termini cumulati in due anni consecutivi. Il Fiscal compact rinvia per l’esatta definizione del meccanismo di correzioni a principi comuni stabiliti dalla Commissione europea1. La correzione, inoltre, dovrà intervenire in modo automatico ed entro un tempo predefinito. Le normative europee da ultimo richiamate fanno peraltro presente come, oltre che azzerare gli scostamenti e consentire di tornare a rispettare l’obiettivo di medio termine ovvero il percorso di avvicinamento a tale obiettivo, occorra considerare anche l’incremento dello stock del debito determinato dagli scostamenti anche quando riassorbiti. Non viene tuttavia indicato uno specifico meccanismo atto a contrastare il fenomeno, e ci si limita a disporre che il debito eccedente il 60 per cento del PIL, a meno che non si accerti la presenza di “fattori rilevanti”, deve ridursi mediamente di 1/20 ogni anno. Andrebbe pertanto valutato se individuare autonomamente uno strumento che sterilizzi gli effetti degli scostamenti sullo stock del debito sul modello del conto nozionale tedesco e del debt brake svizzero, prevedendo la formazione di avanzi di bilancio.
L’abbandono della nozione di legge di bilancio quale legge meramente formale può rappresentare l’occasione per superare il dualismo tra legge di bilancio e legge di stabilità (già legge finanziaria). Al fine di quantificare i finanziamenti statali in favore delle regioni e degli enti locali ai quali si è accennato, dovranno essere inoltre individuati i criteri per la stima degli effetti dall’andamento del ciclo e degli eventi eccezionali sulla finanza delle autonomie territoriali. Nel caso di un andamento favorevole del ciclo economico, in attuazione dell’obbligo di concorrere alla sostenibilità del debito, gli enti territoriali dovrebbero essere invece tenuti a contribuire alla riduzione del debito pubblico complessivo. Un forte impatto sul governo della finanza pubblica potrebbe inoltre derivare dalla previsione di regole sulla spesa che definiscano livelli massimi di spesa in termini nominali articolati per sottosettori e declinati a livello dello Stato e delle autonomie territoriali.
Nonostante la stringatezza della relativa disciplina, non va sottovalutato il ruolo che l’organismo indipendente è destinato a svolgere. Organismi indipendenti competenti in materia di finanza pubblica sono presenti in numerosi paesi dell’OCSE, non solo europei, e si avviano a divenire un elemento comune e stabile dei sistemi di finanza pubblica dei Paesi UE. In particolare, la dir. 2011/85/UE cit., agli art. 5 e 6, prevede, rispettivamente, che gli Stati membri si dotino di regole di bilancio specifiche per Paese e che il controllo sull’osservanza delle stesse sia «basato su un’analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti». Inoltre, il Fiscal compact, all’art. 3, prevede che la Commissione europea definisca principi comuni anche «in merito al ruolo e all’indipendenza delle istituzioni che a livello nazionale, dovranno prevedere al monitoraggio delle regole di bilancio stabilite dal Trattato». I principi comuni prevedono tra l’altro che i governi rispettino le valutazioni degli organismi indipendenti in materia di meccanismo di correzione e di eventi eccezionali ovvero spieghino pubblicamente per quale ragione ritengono di non adeguarvisi.
1 V. Commissione europea, Comunicazione della Commissione, Principi comuni per i meccanismi nazionali di correzione di bilancio, Bruxelles, 20.6.2012. COM(2012) 342 final.