ENERGIA, Fonti di
(App. III, I, p. 553; IV, I, p. 692)
I consumi. - La prima crisi energetica (1973) modificò profondamente le tendenze, che sembravano consolidate, circa l'evoluzione dei consumi complessivi di e. e il ruolo delle varie fonti primarie. In particolare, soprattutto per effetto della forte recessione economica innescata dalla crisi conseguente alla guerra del Kippur del 1973, i consumi mondiali di e. del 1975 scesero a 5691 milioni di tep (tonnellate di petrolio equivalente) rispetto ai 5729 milioni di tep del 1974, che pure avevano risentito delle conseguenze, sull'approvvigionamento petrolifero di molti paesi, degli eventi bellici in Medio Oriente e delle misure di embargo decise da alcuni paesi esportatori arabi. Dopo il recupero del periodo 1976-79 i consumi mondiali di e., che si erano portati sino a 6600 milioni di tep, subirono un nuovo ridimensionamento come conseguenza della fase recessiva provocata dal nuovo forte rialzo dei prezzi del greggio, determinato, a sua volta, dalla guerra tra Iran e ῾Irāq.
La fase di riduzione dei consumi energetici complessivi s'interruppe dopo il 1982 con l'inizio di un nuovo ciclo di aumenti che ha portato la domanda mondiale di e. nel 1988 a quasi 8 miliardi di tep.
Notevoli sono state anche le modifiche riscontrabili a livello di struttura dei consumi in fonti primarie. Nel 1975 i combustibili solidi soddisfacevano il 27,1% del totale; il gas il 17,3%; il petrolio il 47,9%; l'e. idrogeoelettrica il 6,1%; l'e. nucleare l'1,5%; le fonti rinnovabili una percentuale non commensurabile. Nel 1980 apparvero alcuni significativi spostamenti a favore dell'e. nucleare che si portò al 2,5%, del gas naturale che si portò al 17,8%, dell'e. idrogeoelettrica che si portò al 6,7%, mentre il petrolio, che sembrava avviato a superare il 50%, scese al 45,7%.
Nel 1988 la struttura risultava ulteriormente modificata con i combustibili solidi che si sono portati al 28,8%; il gas al 19,7%; l'e. nucleare al 5,7%; le fonti rinnovabili allo 0,3%, mentre il petrolio era sceso al 38,9% e l'e. idrogeoelettrica si era attestata intorno al 6%.
La dinamica dei consumi di e. presenta, a livello delle principali aree economiche, importanti differenze. I fenomeni rilevati a livello mondiale appaiono amplificati nell'ambito dei paesi OCSE dove si concentra circa la metà dei consumi mondiali di energia. Gli eventi del 1973 si tradussero, sin dal 1974, in una flessione dei consumi complessivi di e., da 3514 a 3454 milioni di tep; la successiva crisi comportò riduzioni pronunciate e prolungate; da 3776 milioni di tep nel 1979 a 3464,8 milioni di tep nel 1982.
La dinamica dei consumi energetici dell'area OCSE dopo il 1973 risentì, oltre che dell'impatto negativo sul ciclo economico degli aumenti dei prezzi del greggio, di una profonda modifica delle strutture produttive, che tendevano a ridurre il peso delle attività a maggiore assorbimento energetico, e di una serie di cambiamenti tecnologici che ridussero il consumo di e. a parità di servizio reso (risparmio e conservazione dell'energia). Dopo il 1973 il consumo di e., per unità di prodotto, espresso in moneta costante (intensità energetica), si ridusse progressivamente con un'accentuazione negli anni successivi ai rialzi dei prezzi del petrolio. Questo fenomeno mostrava peraltro segni di rallentamento sul finire degli anni Ottanta per effetto dell'erosione delle quotazioni dei prezzi petroliferi verificatasi a partire dal 1986. Il numero indice dell'intensità energetica dei paesi OCSE, pari a 100 nel 1970, si era portato, infatti, a 93,6 nel 1975, a 90,7 nel 1979, a 77,6 nel 1985 e a circa 75 nel 1988. Nello stesso periodo anche la struttura dei consumi energetici dell'area OCSE subì una trasformazione.
Tra il 1975 e il 1980 il ruolo del petrolio diminuì dal 53,1 al 50,0%; quello dell'e. nucleare aumentò dal 2,2 al 3,8%; quello del gas passò dal 19,2 al 18,8%; quello dei combustibili solidi passò dal 18,4 al 20%; l'e. idrogeoelettrica si stabilizzò intorno al 7%. Nel 1988 le posizioni dei combustibili solidi e dell'e. nucleare apparivano ulteriormente migliorate e con quote rispettivamente del 22,2% e dell'8,9%; il petrolio aveva segnato un ulteriore arretramento sino al 43,2%; il gas era ancora intorno al 18%; le fonti rinnovabili si erano portate allo 0,3%.
L'andamento della domanda di e. dei paesi a economia pianificata è stato caratterizzato da un profilo completamente diverso da quello dei paesi dell'OCSE. Quest'area, influenzata solo in misura limitata dalle fluttuazioni che interessano le economie di mercato, trovandosi inoltre nella posizione di esportatrice netta di e., ha ricevuto addirittura un vantaggio dall'aumento delle quotazioni dei prezzi delle fonti di e. sul mercato internazionale.
Tra il 1975 e il 1980 i consumi energetici dei paesi a economia pianificata passarono da 1700,8 a 2035,2 milioni di tep per raggiungere poi, nel 1988, i 2642,1 milioni di tep. D'altra parte, in questi paesi, anche per la mancanza di una efficace politica di conservazione, l'intensità energetica tende a rimanere costante e ciò fa sì che ogni aumento di PIL si traduca in un corrispondente aumento di fabbisogno energetico.
La struttura della domanda in fonti primarie ha subito, tra il 1975 e il 1988, significativi mutamenti a favore del gas naturale, che è passato dal 16,3% al 24,5%, e dell'e. nucleare che è aumentata dallo 0,4% al 2,5%; nello stesso periodo il peso dei combustibili solidi si è ridotto dal 47,8% al 43,9% e quello del petrolio dal 31,9% al 25,2%, mentre l'e. idrogeoelettrica si è mantenuta stabile su valori di poco inferiori al 4%.
I consumi energetici dei paesi in via di sviluppo hanno registrato una costante tendenza all'aumento sia per i bassi livelli di partenza (645,2 milioni di tep), specie tenendo conto del peso demografico di quest'area, sia per il processo di rapida industrializzazione di molti paesi aderenti all'OPEC che investono i profitti derivanti dagli aumenti dei prezzi del greggio in attività ad alto assorbimento energetico e, in primo luogo, nella raffinazione e nella petrolchimica.
Quest'ultimo fenomeno ha fatto sì che l'intensità energetica di quest'area risultasse, dopo il 1973, in netta crescita, contribuendo così ad amplificare l'entità dei fabbisogni energetici attraverso aumenti più che proporzionali rispetto a quello del reddito prodotto. Per questi motivi i consumi energetici del 1988 di questo gruppo di paesi hanno registrato un aumento rispetto al 1975 (+88,5%), che non trova riscontro in nessun'altra area economica e che fa intravvedere la possibilità di ulteriori incrementi nei prossimi anni.
La produzione. − Le crisi energetiche del 1973 e del 1979 hanno provocato notevoli cambiamenti anche nella struttura produttiva delle fonti primarie. I trends che avevano caratterizzato gli anni Cinquanta e Sessanta si interrompono bruscamente; tra il 1975 e il 1980 la produzione di greggio aumenta di circa 300 milioni di tep per poi diminuire e quindi recuperare lentamente; quella di gas naturale aumenta di oltre 500 milioni di tep; quella dei combustibili solidi di oltre 600 milioni di tep; quella dell'e. nucleare di quasi 300 milioni di tep, mentre l'idroelettricità aumenta di quasi 200 milioni di tep. Le fonti rinnovabili raggiungono, infine, il livello di 21 milioni di tep. Si è trattato di sviluppi di grande rilievo che derivano da un intenso processo di riorientamento degli investimenti energetici in quasi tutti i paesi.
L'area OCSE, la più dipendente dall'esterno per il proprio approvvigionamento energetico, ha compiuto, per effetto di misure di politica energetica e dei nuovi prezzi dell'e., un notevole sforzo per il potenziamento della produzione interna conseguendo buoni risultati soprattutto relativamente ai combustibili solidi, al petrolio, all'e. nucleare, con aumenti che, nel periodo 1975-88, vanno, rispettivamente, dal 33,3%, al 29,6% e al 367,4%. Di conseguenza la dipendenza energetica dell'area OCSE è scesa dal 34,0% del 1975 al 26,0% del 1988.
Lo sviluppo produttivo più rilevante e determinato dal concorso di tutte le fonti primarie è comunque quello che si è verificato nell'ambito dei paesi a economia pianificata. Tra il 1975 e il 1988 l'e. nucleare ha registrato il massimo incremento (+801,4%), anche se rispetto a una base di partenza piuttosto limitata, seguita dal gas naturale (con un incremento del 134,1%), dal petrolio (+33,5%) e, infine, dall'e. idroelettrica (+63,4%).
L'aumento produttivo dei paesi in via di sviluppo, a livello aggregato, tra il 1975 e il 1988, è risultato piuttosto contenuto (+15,8%); in realtà questo andamento è dovuto alla necessità dei paesi OPEC di ridurre le quantità prodotte per sostenere in qualche modo il livello dei prezzi dopo la forte flessione della domanda di greggio sul mercato internazionale verificatasi dopo il 1980. La produzione di gas naturale ha registrato invece un significativo incremento (+107,6%) così come quella dei combustibili solidi (+96,7%), dell'e. idroelettrica (+164,8%) e dell'e. nucleare.
Le risorse. − Dal punto di vista delle risorse energetiche la situazione, alla fine degli anni Ottanta − nonostante il sostanziale aumento dei consumi a livello mondiale − risulta certamente migliore di quella dei primi anni Settanta. In quegli anni erano stati elaborati numerosi studi che prevedevano un prossimo esaurimento delle risorse energetiche e, in particolare, dei combustibili fossili che soddisfacevano e continuano a soddisfare circa il 94% del fabbisogno energetico mondiale; in realtà, anche sotto la spinta degli aumenti dei prezzi del petrolio, l'attività di esplorazione e di sviluppo ha subito forti spinte che hanno portato alla valorizzazione di nuove risorse sia nelle aree tradizionalmente indiziate sia in aree nuove.
Secondo le valutazioni della Conferenza mondiale dell'energia, le riserve mondiali recuperabili di combustibili solidi ammontavano, nel 1978, a circa 600 miliardi di t; a fine 1989 esse sono state stimate in circa 1600 miliardi di t, con un netto miglioramento della situazione. Le riserve mondiali di greggio, che erano state valutate negli anni della prima crisi energetica in circa 87,9 miliardi di t, hanno raggiunto, alla fine degli anni Ottanta, un ammontare pari a 121 miliardi di t, sempre secondo le valutazioni della Conferenza mondiale dell'energia. Anche la situazione delle riserve di gas naturale, valutate a fine 1987 in 109.327 miliardi di m3, appare migliore di quella relativa al 1975 con 64.700 miliardi di m3.
Abbondanti anche le riserve di minerali uraniferi (oltre 900.000 t di uranio recuperabili a un prezzo inferiore agli 80 dollari/kg) che appaiono ampiamente in grado di alimentare i reattori in esercizio nel mondo per vari decenni oltre l'anno 2000. Alle riserve di combustibili fossili va aggiunto il potenziale delle fonti rinnovabili che però stentano ad affermarsi per i costi ancora decisamente superiori.
Le prospettive. - Agli inizi degli anni Novanta il problema dell'adeguatezza delle risorse di fonti di e. a livello mondiale sembra meno pressante di quello della compatibilità con l'ambiente degli attuali livelli di consumo energetico e, ancora più, di quelli previsti per i prossimi anni che, secondo le indicazioni della Conferenza mondiale dell'energia del settembre 1989, dovrebbero aumentare fino al 2000 di oltre il 50%.
Il problema ambientale − sottovalutato nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, quando l'allarme sociale per gli effetti negativi delle emissioni di sostanze inquinanti era molto contenuto e, comunque, ampiamente bilanciato dai vantaggi dello sviluppo − è oggi molto sentito e sta diventando un elemento centrale del dibattito politico. Man mano che gli effetti negativi sull'ambiente si rendono più evidenti − danni al patrimonio boschivo di molti paesi europei ed extraeuropei a causa delle piogge acide, incidente nella centrale nucleare di Harrisburg (USA) nel 1980, fusione del nocciolo della centrale di Černobyl nel 1986, inquinamenti dovuti alla rottura di petroliere − si creano atteggiamenti sempre più critici sino al rifiuto della localizzazione di qualsivoglia impianto energetico.
D'altra parte un corretto approccio all'e. non può prescindere dalla ricerca di soluzioni accettabili anche sul piano dell'impatto ambientale; l'economicità dell'approvvigionamento energetico va infatti ricercata tenendo presenti i costi che la collettività deve sostenere per minimizzare l'impatto ambientale derivante dall'utilizzo delle varie fonti.
Sotto questo profilo si vanno evidenziando varie linee di intervento: la produzione di combustibili puliti, l'eliminazione delle emissioni nocive prodotte dalla combustione del carbone e dei prodotti petroliferi, l'impiego di quantitativi crescenti di combustibili poco inquinanti come il gas naturale, sia in utilizzi tradizionali, sia nell'ambito di cicli energetici più efficienti (turbine a gas con recupero del calore di scarico, produzione combinata di elettricità e calore, celle a combustibile).
Nella lotta all'inquinamento un ruolo importante potrebbe essere svolto anche dall'e. nucleare che produce elettricità senza processi di combustione e quindi senza produzione di anidride carbonica, il cui costante aumento nell'atmosfera è stato indicato come una possibile causa dell'aumento della temperatura terrestre; a tutt'oggi, però, non è stata ancora trovata una soluzione definitiva per l'eliminazione delle scorie radioattive prodotte dal ciclo di combustione nucleare, né la sicurezza dei reattori attualmente in esercizio si è rivelata assoluta, anche se a causa più di errori umani che di errori di progettazione ovvero per la mancanza di adeguati dispositivi di sicurezza. Tutto ciò ha ridotto sensibilmente le prospettive dell'e. nucleare, almeno nel breve e medio termine, in attesa della messa a punto di nuove filiere di reattori intrinsecamente sicuri, ovvero di ulteriori decisivi passi in avanti nella tecnologia della fusione nucleare, che dovrebbe avere un impatto ambientale minimo e del tutto controllabile. Vedi tav. f.t.
Bibl.: CNR, ENEA, ENEL, ENI, Rapporto sull'energia, Roma anni vari; International Energy Agency, Energy policies and programmes of IEA countries, Parigi anni vari; 13° Congrès de la Conférence Mondiale de l'énergie, Commission de préservation, Abondance énergétique mythe ou réalité?, Parigi 1986; V. D'Ermo, Energia, sviluppo e ambiente, in ECOS, 180-182, Roma 1988; World Energy Conference, Survey of energy resources, Londra 1989; International Association for Energy Economics, Coping with the energy future: markets and regulations, Tours 1992.
Aspetti economici. - L'economia energetica mondiale è stata interessata negli anni Ottanta − come nel decennio precedente − da vicende di grande rilevanza, che da un lato hanno confermato la centralità economico-sociale della questione energetica nello sviluppo della società moderna, e dall'altro hanno contribuito a modificarne i processi evolutivi rispetto a quel che si attendeva e auspicava. Due vicende, in particolare, vale menzionare.
La prima, di ordine economico, è l'esplosione prima e la caduta poi dei prezzi del petrolio e degli altri combustibili fossili il cui valore è direttamente agganciato a quello del petrolio, com'è nel caso del metano, o ne è indirettamente condizionato per ragioni di concorrenzialità, com'è nel caso del carbone. Fonti, queste, che nel 1990 hanno assicurato copertura, nel loro insieme, all'88% dell'intero consumo mondiale di e. (in particolare: 39% il petrolio, 28% il carbone, 21% il metano).
I prezzi del petrolio, che già negli anni Settanta avevano conosciuto, come si vede dalla tab. 2, un primo balzo di 6 volte, dai circa 2 dollari al barile (bbl) d'inizio periodo ai 12÷13 doll./bbl del periodo 1974-78, conoscono nel 1979-80, a seguito − ma non unicamente a causa − della rivoluzione iraniana di Khomeini, un secondo shock a livelli massimi nel 1980 di 36 doll./bbl (e ancor più per taluni greggi e tipi di transazioni). Gli effetti espansivi sull'offerta (di petrolio e di altre fonti) e depressivi sulla domanda (specie di petrolio) che l'ascesa dei prezzi aveva determinato, creavano d'altronde le premesse per un loro arresto e inversione di tendenza. Nella media 1988, le quotazioni del petrolio sono così tornate, a valori correnti, ai livelli che precedettero la seconda crisi, intorno ai 13÷14 doll./bbl, e a valori reali (se si tiene conto cioè del deprezzamento della moneta) a quelli antecedenti la crisi del 1974.
La seconda vicenda, di ordine sociale, che più caratterizza gli anni Ottanta, è il drammatico incidente accaduto il 25 aprile 1986 nella centrale nucleare di Černobyl in Ucraina, il più grave (di cui si abbia notizia) dall'inizio dell'industria nucleare civile. Quell'incidente, ancorché del tutto specifico tanto nelle cause che l'hanno originato (con precise e dimostrate responsabilità di chi gestiva l'impianto) quanto nelle sue deleterie conseguenze (per l'inefficacia del sistema di contenimento delle emissioni radioattive), ha ingenerato nell'opinione pubblica mondiale una diffusa opposizione all'installazione di nuove centrali nucleari, anche se non ha gran che modificato i piani di costruzione già in atto o deliberati.
In termini generali, ne è derivata una molto più accentuata sensibilità e attenzione degli stati alle problematiche ambientali connesse alle scelte energetiche: non solo per quel che riguarda il nucleare, fonte non dannosa durante il suo funzionamento ordinario ma potenzialmente molto pericolosa in caso d'incidente grave, ma anche relativamente ai combustibili fossili (petrolio, carbone, metano) al cui dominante uso sono riconducibili danni accertati, costanti e ripetuti all'ambiente in cui viviamo. Tra essi sono primariamente da includere, per la loro dimensione ''globale'' e la grande attenzione che vanno suscitando, il cosiddetto ''effetto serra'' − possibile aumento della temperatura media dell'atmosfera terrestre causato da un incremento della concentrazione di biossido di carbonio o di altri gas − e le ''piogge acide'', precipitazioni atmosferiche ad alto contenuto di acido solforico o nitrico, responsabili dell'inquinamento di laghi e di danni a colture e vegetazioni.
Declino dei prezzi reali dell'e. e conflitto tra economicità e accettabilità sociale del nucleare e del carbone (verso cui le angustie ecologiche principalmente si dirigono) sono fenomeni che, pur se di origine diversa, generano effetti similari: spiazzano nel lungo periodo larghe potenzialità di offerta e generano, in tal modo, le premesse per una rinnovata pressione della domanda sulle risorse relativamente più scarse di petrolio, da cui potrebbero derivare nuove situazioni di tensione sui prezzi di mercato.
Una simile eventualità appare tanto più verosimile quanto più si confermerà o consoliderà la tendenza all'aumento dei consumi di e., e soprattutto di elettricità, avviatasi dal 1983-84 con la ripresa del ciclo economico e il calo dei prezzi.
Nel 1991 i consumi di e. nel mondo hanno superato gli 8,0 miliardi di t di petrolio equivalente (tep): circa 1 miliardo tep in più di quel che si era registrato nel 1980. Particolarmente sostenuto si è dimostrato negli anni Ottanta il trend dei consumi di elettricità, cresciuti a un tasso esattamente doppio di quello segnato dai consumi totali di e. (2,4% medio annuo contro 1,2%). Una quota crescente dei fabbisogni energetici è così destinata alla trasformazione e utilizzazione sotto forma di e. elettrica: nel 1987 tale quota ha raggiunto su scala mondiale il 33,5% contro il 31% del 1980 e il 26% del 1970. Una tendenza, questa, che dovrebbe nel tempo ulteriormente consolidarsi: più lo sviluppo economico procederà e più interesserà vaste aree del mondo.