FORCHETTA (dimin. dal lat. furca; fr. fourchette; sp. tenedor; ted. Gabel; ingl. fork)
Risale a età remota l'usanza di recare i cibi alla bocca mediante un arnese adatto, con punte, che poté prendere modello da quelli adoperati in cucina per il maneggio delle vivande. S. Pier Damiani (sec. XI) ricorda che la sposa bizantina del doge Orseolo II, tra altre mollezze importate dal suo paese, usava portare alla bocca i cibi con fascinuli aurei atque bidentes, cioè adoprando una specie di forchetta. Tale strumento era in uso anche nell'Italia meridionale forse per influsso del costume orientale (miniatura del codice delle Leggi langobarde, del monastero della Cava raffigurante Rotari a mensa). Ma l'uso comune, quale si rileva anche dai romanzi cavallereschi, era di servirsi, per mangiare, esclusivamente delle mani, benché l'uso della forchetta fosse allora noto per tutto (miniatura dell'Hortus deliciarum), anche fra i Tartari. Le prime menzioni di forchette si hanno negl'inventarî del sec. XIII (inventario di Edoardo I, re d'Inghilterra, del 1297) e, più di frequente, negl'inventari dei ricchi nei secoli XIV e XV. Un inventario di Luigi d'Angiò (1368) ricorda una forchetta d'oro ed altre forchette si trovano indicate in un conto d'argenteria della Real Casa di Francia. Le forchette erano a due punte, in metallo prezioso o in bronzo, con manichi di cristallo, di pietra dura o di avorio, e servivano per lo più a mangiare le frutta (inventarî di P. Gaveston del 1313 e del duca di Borgogna del 1420). La carne si continuava, invece, a mangiare con le dita, dopo che era stata sminuzzata dagli scudieri e dagli scalchi. Ancora al principio del Cinquecento le forchette non erano di uso universale: ed Erasmo, nel suo trattato sulla civiltà (1530), non ne parla, ma dice che, dopo mangiato, bisogna pulirsi le mani con la salvietta. Ma in Italia a Piacenza i signori ne usavano di argento fin dal 1390. Enrico III aveva importata la forchetta nel suo paese, dopo averla veduta in un suo viaggio a Venezia, ma Luigi XIV non amava servirsene perché gli pareva raffinatezza eccessiva. Solo nel sec. XVIII, l'uso della forchetta si estese anche alle famiglie della borghesia.
La forma della forchetta, non ebbe grande varietà, passando da due a quattro punte; ma come quella del cucchiaio, fu modificata da usi particolari (forchette pieghevoli, o da smontare, ecc.) dagli ornamenti, dalla materia. Per l'industria delle forchette, v. posaterie.
Bibl.: G. Lumbroso, La forchetta da tavola in Europa, Roma 1882; A. Lisini, La forchetta da tavola, Siena 1911; Memorie storiche Forogiuliesi, IX (1913), p. 231 segg.; P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, II, Bergamo 1906, p. 455 segg.; E. Viollet-le-Duc, Dict. du mobilier franç., Parigi 1874, II, p. 108 segg.; A. Schultz, Das höfische Leben zur Zeit der Minnesinger, Lipsia 1889, I, p. 375; A. Franklin, La vie privée d'autrefois, Parigi 1887 seg., VII, Le repas, p. 47; V. Gay, Glossaire archéologique, I, Parigi 1929.