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forcuto

di Vincenzo Valente - Enciclopedia Dantesca (1970)
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forcuto

Vincenzo Valente

L'aggettivo appartiene alla serie desinenziale in -uto, che denota particolarità fisiche: ‛ membruto ', ‛ nasuto ', ‛ barbuto ', ‛ cherchuto ', ecc. E usato per indicare qualche cosa che si scinde in forma di forca, come la lingua serpentina di Francesco de' Cavalcanti che, nella bolgia dei ladri, riacquista la figura umana, mentre Buoso subisce la trasformazione opposta: la lingua, ch'avëa unita e presta / prima a parlar, si fende, e la forcuta / ne l'altro si richiude (If XXV 134). Il passo è chiaramente ispirato da Ovidio (Met. IV 586-587 " Ille [Cadmo]... vult plura loqui, sed lingua repente / in partes est fissa duas "), cui D. fa esplicito riferimento: Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio (XXV 97).

In un altro passo dell'Inferno l'aggettivo è usato come predicativo: l'altro che l'uomo ha forcuto è la parte inferiore del corpo umano, quella che si scinde nelle gambe, contrapposta all'anguinaia (XXX 51).

Vocabolario
forcuto
forcuto agg. [der. di forca]. – Che ha forma di forca; di oggetto che a un certo punto si divide in due parti: bastone f.; corda forcuta.
forcato
forcato agg. [der. di forca]. – 1. Forcuto, biforcato: coda f. (Redi). 2. In araldica, attributo delle pezze e spec. della croce con le estremità divise in due rami a guisa di forca.
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