FORMA
. Zoologia e Botanica. - Forma degli animali. - "La forme des corps vivants", scrisse il Cuvier, "leur est plus essentielle que leur matière". È infatti la forma degli organismi che ne rappresenta il carattere specifico e ci dà modo di riconoscerli e classificarli. È stato, e sarà sempre per gli uomini argomento di meraviglia la varietà e singolarità delle forme degli esseri viventi, e un enigma il loro significato e la loro origine. Il problema dell'origine delle forme degli animali e delle piante, come tutti i problemi delle origini, non consente una soluzione definitiva e soddisfacente e vari sono stati finora i tentativi fatti per risolverlo; accettando il dogma della creazione, il problema viene naturalmente risoluto, o piuttosto eliminato con un atto di fede. E in questo atto di fede per molti secoli si sono acquetati profani e dotti e molti tuttora si acquetano. Ma lo spirito umano ha voluto tentare una soluzione scientifica" del problema e finora non vi è riuscito. Di questi tentativi è detto alle voci: evoluzione; lamarckismo; mutazioni. Lasceremo ora da parte il problema delle origini e ci limiteremo a esporre altri problemi, meno inaccessibili, che ci presenta l'esame delle forme organiche.
Le forme degli esseri viventi si possono considerare sotto diversi aspetti. In primo luogo limitandosi a descriverle e cercando di ricondurle ad alcune poche forme fondamentali. Si può d'altra parte analizzare la forma di un essere in relazione con le condizioni di vita, cioè interpretarla finalisticamente. Altro problema della forma è quello del suo divenire, cioè del modo com'essa vien raggiunta durante lo sviluppo embrionale. E sotto questi tre aspetti conviene poi distinguere la forma totale d'un organismo e la forma delle sue parti.
Esaminando gli organismi staticamente si possono riferire le loro forme a tre o quattro tipi principali, fondati sulla simmetria del corpo: a) simmetria sferica, b) simmetria raggiata; c) simmetria bilaterale; d) simmetria biradiata. Nel primo caso le parti del corpo sono disposte simmetricamente sopra una superficie sferica (o press'a poco) in modo da ripetersi a distanze determinate ed eguali (assi scheletrici delle Acantometre, scheletri sferici di molti altri Radiolarî). Dalla simmetria sferica si passa facilmente a quella che più comunemente si dice raggiata, supponendo che la sfera si schiacci assumendo più o meno la forma discoidale. Allora si vedono le parti periferiche disposte secondo raggi di 1°, 2°, 3°, ecc., ordine (perradi, interradî, adradî): i primi in direzione di due diametri perpendicolari fra di loro, gli altri secondo le bisettrici degli angoli formati dai precedenti. Tale simmetria si verifica in molte meduse, sia Craspedote sia Acraspede, e sembra anche dominare nei ricci e nelle stelle di mare, sebbene in questo caso la simmetria raggiata si sovrapponga alla simmetria bilaterale propria di tutti gli Echinodermi (v.).
Simmetria bilaterale si dice quella per cui le parti del corpo sono disposte simmetricamente rispetto a un piano mediano verticale che passa per l'asse del corpo; così che le due metà del corpo rappresentano l'immagine speculare l'una dell'altra. Su questo tipo di simmetria sono costruiti la massima parte degli animali, molti Protozoi e quasi tutti i Metazoi a eccezione della massima parte degli Cnidarî, che soli sono tipicamente raggiati. I due tipi di simmetria, raggiata e bilaterale, si possono sovrapporre dando luogo alla cosiddetta simmetria "biradiata" in cui esistono uno o due piani tali da dividere il corpo in due metà simmetriche, mentre poi gli organi sono disposti con simmetria raggiata, così negli Antozoi (v.), negli Ctenofori (v.), negli Echinodermi. La simmetria è, come ben s'intende, elemento principale della forma del corpo; essa può interpretarsi come risultato di determinate condizioni meccaniche, ma, anche nei casi più semplici (Protozoi), dove questa interpretazione è possibile e soddisfacente, essa non ci fornisce nessuna indicazione intorno all'origine di una data simmetria. Si può, è vero, ricorrere a interpretazioni finalistiche, le quali però, in ultima analisi, non rappresentano mai altro se non una semplice constatazione di fatti e non già una spiegazione, né ci aiutano molto a raggiungere una spiegazione causale. Si suole, per esempio, affermare che la simmetria sferica sia quella di corpi a struttura omogenea sospesi in un liquido, e sia la più adatta per ottenere il minimo di superficie con un dato volume e un uniforme contatto con l'ambiente. La simmetria raggiata, che dalla precedente, come dicemmo, si può far derivare, è comune a molti animali sedentarî e può credere utile per facilitare l'equilibrio del corpo in parte o totalmente sospeso nell'acqua (Idroidi, Meduse), e per uniformare i contatti col liquido circostante. La simmetria bilaterale sembra potersi ritenere come conseguenza di un adattamento a vivere sul fondo e a progredire strisciando. Una tale posizione del corpo ha per conseguenza una differenza di condizioni fra la faccia superiore libera (faccia dorsale) e l'inferiore (ventrale) che è a contatto col suolo. Un cambiamento dalla forma raggiata a quella bilaterale in relazione alla posizione del corpo nello spazio lo possiamo constatare direttamente osservando molte specie d'amebe, soprattutto quelle di piccole dimensioni. Quando l'ameba è sospesa nell'acqua essa assume molto spesso la forma radiosa, ma quando si posa sul fondo e si mette a strisciare assume quella di limax. Si può anche supporre che lo sforzo continuo di strisciare sul fondo abbia determinato un allungamento del corpo nella direzione del movimento e così si siano differenziate una parte anteriore e una posteriore; e sembra che la disposizione simmetrica delle parti, rispetto al piano mediano, debba essere vantaggiosa per l'equilibrio del corpo e per offrire medesime condizioni di ricettività e di motilità, favorevoli al portamento dell'animale nelle condizioni in cui è destinato a vivere. L'ipotesi che la simmetria bilaterale sia derivata da una più primitiva simmetria raggiata sembra giustificata dall'esservi fra i Celenterati, nelle forme più complesse (Antozoi, Ctenofori), una tendenza alla bilateralità, la quale più si accentua in quelle forme aberranti di Ctenofori striscianti quali Ctenoplana (v.) e Coeloplana.
Il crescere della mole e conseguentemente del peso del corpo, dovrà certamente influire sulla forma e sulla disposizione delle parti, soprattutto degli organi deputati alla locomozione. La formazione di scheletri, interni, come quelli dei Vertebrati, o esterni, come quelli degli Artropodi, delle stelle e dei ricci di mare, conferisce naturalmente una maggiore rigidità e costanza alla forma del corpo, che invece è più o meno deformabile in molti animali inferiori a tessuti molli, quali molti Celenterati, Platelminti e Molluschi, sicché, sebbene pur sempre entro limiti ristretti, essi possono nei movimenti modificare la propria forma, sia allungandosi, sia accorciandosi, o rattrappendosi, o arrotolandosi, ecc.
Formato uno scheletro, sia come involucro esterno, sia come impalcatura interna, la forma resta nettamente determinata, per sempre; i movimenti si compiono per mezzo di appendici che funzionano da leve, mosse dai muscoli. Ma anche in questo caso, come pure per gli scheletri e i gusci dei Protozoi, non è già lo scheletro a determinare la forma, ché anzi lo scheletro si conforma docilmente al disegno del corpo e si modifica sotto l'azione di forze di trazione e di pressione esercitate.
L'azione della gravità si fa tanto più sentire, com'era facile prevedere, quanto più pesante è il corpo; pertanto, a parità di massa in ragione del volume, più negli animali terrestri che negli acquatici. La forma della colonna vertebrale ci offre un ottimo esempio dell'azione della gravità, soprattutto in quei vertebrati il cui corpo è portato dagli arti e sollevato dal suolo. Perfettamente diritta nei vertebrati acquatici per eccellenza (Pesci e Cetacei), la colonna vertebrale s'incurva nei terrestri, e la direzione delle sue curve, che poi determina in gran parte la forma del dorso, è in relazione con la posizione, lo sviluppo e i movimenti degli arti. In ogni caso particolare vien risoluto un complesso problema di meccanica. Le due caratteristiche curvature opposte della colonna vertebrale dello scheletro umano sono in relazione con la stazione eretta e la deambulazione sui soli arti posteriori; già le vediamo accennarsi in talune scimmie, che hanno, per lo meno temporaneamente, la stazione eretta, o semieretta.
Similmente la forma delle altre parti dello scheletro dipende dalla posizione, dai movimenti cui esse sono adibite (pressioni, trazioni, rotazioni, ecc.); evidentissima la variabilità della forma del bacino nei vari vertebrati in base a tali fattori determinanti.
Adattamenti della forma si dicono quelli che sembrano dovuti all'azione continuativa di questi già accennati e di altri fattori; e sono, può ben dirsi, tanti quante sono le forme degli animali, le quali ci si presentano sempre come quelle più adatte al genere di vita che l'animale è destinato a menare. La forma del corpo dei Pesci, con le sue tante varietà, ci fornisce un mirabile esempio di questo fatto.
A una medesima constatazione ci conduce l'osservazione della forma dei varî Uccelli. Non diversamente procedono le cose per i Rettili e gli Anfibî, le cui forme si presentano in armonia con i luoghi abitati, il modo di muoversi, ecc.
A sempre meglio persuaderci di questa mirabile ed efficacissima concordanza della forma con il genere di vita degli animali, ci si offre lo spettacolo così diffuso in natura della "convergenza" delle forme, cioè della somiglianza della forma di animali appartenenti a diversi gruppi zoologici, talora anche lontanissimi l'uno dall'altro, i quali menano una vita press'a poco simile, abitando gli stessi luoghi, costretti a muoversi nello stesso modo. Esempio classico fra i tanti, la forma del corpo dei Cetacei, che tanto s'avvicina a quella dei grandi pesci nuotatori per eccellenza. Si dice che la somiglianza di forma sia dovuta a un fenomeno di "convergenza" poiché si hanno buoni argomenti per ritenere che i Cetacei, derivati da antichi Mammiferi terrestri, si siano andati, nella loro filogenesi, a poco a poco adattando alla vita acquatica (nulla si può dire intorno alle ragioni che li obbligarono a tal cambiamento di dimora: forse l'immane mole raggiunta?). Fatti simili sembrano fornire buoni argomenti a favore della tesi lamarckiana, che, cioè, le mirabili concordanze fra la forma e l'habitat sieno dovute a un graduale processo di adattamento (v. evoluzione).
In questa breve analisi della forma nel mondo animale, abbiamo messo in evidenza i principali problemi che ci si presentano, senza peraltro poterne offrire alcuna soluzione. Molte ipotesi si sono fatte per chiarire il mistero della forma, ma finora il mistero perdura. Con l'interpretazione teleologica, o finalistica che dir si voglia, si è creduto di poter dare ragione della forma come risultato della funzione, col noto e insostenibile aforisma: la funzione crea l'organo. D'altra parte l'interpretazione finalistica, se può e deve accettarsi quando si ammetta che gli esseri viventi siano dovuti tutti e ciascuno ad altrettante creazioni particolari, non soddisfa se si vuol ritenere ch'essi siano prodotti da un processo di evoluzione, e nulla può dirci intorno alle cause efficienti operanti tali determinazioni. Inoltre, se l'interpretazione finalistica ci dà ragione delle forme che ci si palesano adatte, non ci soccorre quando si tratta di spiegare alcune particolarità che difficilmente si possono ritenere vantaggiose. E, d'altra parte, non si vede come si potrebbero interpretare finalisticamente le forme dei corpi non organizzati, fra le quali soprattutto quelle dei cristalli, che hanno certamente molta analogia con le forme organiche; nessuno vorrà sostenere che le forme cristalline abbiano uno scopo, che, p. es., sia utile al salgemma di cristallizzare nel sistema monometrico e allo spato d'Islanda nel sistema romboedrico. E dal Häuy in poi le forme cristalline si sono descritte in termini geometrici e si considerano come una conseguenza necessaria di particolari costituzioni chimiche e condizioni fisiche come è stato dimostrato dalle analisi fatte con i raggi X (v. cristalli). Ma tuttavia riesce difficile di spogliarsi completamente dal preconcetto finalistico quando osserviamo il mondo dei viventi nelle molteplici e ammirevoli manifestazioni della sua attività e le tante e così meravigliose armonie della natura.
E appunto su questo problema della forma ferve da tempo e durerà forse per molti secoli ancora la disputa fra meccanicisti e vitalisti (v. vitalismo). Certamente molte forme animali e vegetali si possono descrivere più o meno completamente con termini geometrici, come molti fenomeni vitali si possono descrivere, e si sono già descritti, in termini chimico-fisici; ma queste descrizioni lasciano, e forse lasceranno ancora per un pezzo, delle lacune, che rappresentano altrettanti problemi per ora almeno insolubili. Ciò non toglie interesse all'analisi delle forme sotto l'aspetto matematico e fisico; analisi che ci permette di riferire le singole forme ad alcune forme geometriche fondamentali, dalle cui varie trasformazioni esse si possono considerare originate, prescindendo da qualsiasi teoria evoluzionista o ereditaria.
Altri aspetti del problema della forma ci si presentano quando prendiamo a considerarne la trasmissione ereditaria (v. eredità; genetica), lo sviluppo dei singoli esseri e la loro facoltà di rigenerazione o reintegrazione della propria forma (v. rigenerazione). In ogni uovo capace di svilupparsi vi è potenzialmente determinata la forma che ne nascerà dopo un processo più o meno complicato. In alcuni casi dall'uovo si origina una "forma larvale" affatto diversa da quella adulta, come avviene per molti insetti, p. es., il cui sviluppo procede per metamorfosi. E questo divenire della forma è oggetto dell'embriologia, la quale cerca oggi col metodo sperimentale d'indagare il problema della determinazione (v.) della forma (v. embriologia: Embriologia sperimentale). Sorgono dallo studio dell'embriologia altri numerosi e complessi problemi che complicano il problema principale della forma. È soprattutto la facoltà di costruzione e di reintegrazione della propria forma (e organizzazione), che nettamente distingue, secondo i vitalisti, gli esseri viventi dai corpi bruti e dalle macchine.
Bibl.: F. Houssay, La forme et la vie, Parigi 1900; D'Arcy Wentworth Thompson, On Growth and Form, Cambridge 1917; H. Przibram, Form und Formel im Tierreiche, Lipsia 1922; G. Th. Fechner, Über die mathematische Behandlung organischer Gestalten und Processen, in Ber. d. k. Sächs. Gesellsch Math. Phys. Cl., Lipsia 1849; G. Schiaparelli, Forme organiche e naturali e forme geometriche pure, in T. Vignoli, Peregrinazioni antropologiche e fisiche, Milano, 1898, pp. 269-367.
Forma delle piante.
Anche nei vegetali la forma del corpo e delle singole parti può essere esaminata con intenti diversi, o per ricavarne, a scopo sistematico, i caratteri differenziali fra le specie, i generi, ecc.; o per cogliere i diversi stadî e quindi le modificazioni successive che un individuo subisce durante il suo sviluppo dal germe (v. ontogenesi); oppure per stabilire, attraverso un esame comparativo fra entità affini, le probabili origini di una specie (v. filogenesi); o infine, e questo è il lato forse più attraente dello studio della forma, per mettere in evidenza i rapporti fra la costituzione morfologica di un individuo e i fattori ambientali. Da questo ultimo punto di vista sarà trattata di preferenza qui appresso la forma dei vegetali. Nei vegetali inferiori, viventi generalmente in ambiente liquido, natanti o sospesi, la forma del corpo, unicellulare o pluricellulare, è sferica (alcuni batterî, Volvox), ellissoidale (Chlamydomonas), discoidale o a contorno poligonale (molte diatomee planctoniche), quindi a simmetria raggiata, quella cioè che meglio risponde alle condizioni del mezzo ambiente. Negli organismi a corpo cilindrico, viventi anch'essi liberamente in un mezzo liquido (Oscillatoria), l'asse maggiore presenta le due estremità ugualmente conformate e l'accrescimento si compie in egual modo in corrispondenza dei due poli opposti. Passando dagli organismi suddetti a quelli che vivono non più liberi nel mezzo liquido ma fissati al substrato, il corpo si complica, in quanto si determina una differenza fra le due estremità dell'asse longitudinale del corpo, diventando quella inferiore la base o punto di attacco, quella superiore l'apice o punto di accrescimento.
La complicazione nella forma del corpo aumenta quando esso si ramifica e i rami o segmenti così prodotti si specializzano nelle loro funzioni. La struttura di queste piante (alghe marine dei generi Laminaria, Sargassum, Delesseria) è tale che il loro corpo assume in apparenza l'aspetto di piante molto più evolute, essendo fornito di appendici laminari, simili a foglie e adibite come queste al processo di fotosintesi, di porzioni assili, simili a cauli, con funzione di sostegno, e di appendici radiciformi, in corrispondenza della base, che fissano la pianta al substrato. In realtà, però, queste segmenti, avendo tutti lo stesso valore morfologico, essendo cioè tutti rami di uguale origine, costituiscono un corpo che dal punto di vista della morfologia comparata è omogeneo. A questo corpo i botanici assegnano il nome di tallo e lo contrappongono al cormo, che risulta invece di membra ben distinte per origine e valore morfologico, quali sono il caule, la foglia, la radice. Tallofite sono tutte le piante dai batterî minutissimi unicellulari, alle grandi alghe rosse e brune, risultanti di un numero considerevole di cellule; cormofite invece i muschi, le felci, le fanerogame. Tuttavia se si ammette per le forme vegetali un concetto evolutivo, non si può fare a meno di pensare che le diverse membra del cormo rappresentino un ulteriore differenziamento dei segmenti del tallo.
Nei Muschi il cormo risulta soltanto di caule e foglie e si fissa al suolo per mezzo di rizoidi, produzioni filamentose delle cellule periferiche nel tratto inferiore del caule; il cormo dei Muschi appartiene, nel ciclo ontogenetico, alla generazione gametifera. In tutte le altre cormofite il cormo rappresenta nel ciclo la generazione sporifera ed è fornito, oltre che di caule e di foglie, anche di radici. L'aspetto del cormo varia molto a seconda che è erbaceo o legnoso, di piccole o di grandi dimensioni, semplice (come lo stipite delle palme) o ramificato, nel qual caso molto influiscono sulla forma della chioma la disposizione delle foglie sui rami (v. fillotassi), la distribuzione e la posizione dei rami sull'asse principale: nei cipressi, p. es., la forma fastigiata e nel pino domestico la forma a ombrello dipendono dall'angolo d'inserzione dei rami, che è acuto nel primo caso, quasi retto nel secondo. Tuttavia è ben lontano il cormo dal raggiungere quella varietà e quella complessità di forme che è propria degli animali, ciò che evidentemente è in relazione con la vita di movimento che conducono questi ultimi e la vita fissa del cormo; tanto è vero che nei pochi animali che vivono attaccati al substrato il corpo è più semplice e richiama alla mente per la forma e la simmetria quello di una pianta (Fitozoi). Se ora prendiamo a considerare separatamente i singoli costituenti del cormo, vediamo che la forma del caule, come pure quella della radice, è di regola cilindrica, con simmetria raggiata, la forma della foglia è laminare, con simmetria bilaterale, sebbene non manchino esempî di cauli e di radici laminari e di foglie cilindriche o prismatiche. Però cause diverse, principalmente il cambiamento di ambiente o di funzione, l'adattamento a condizioni estreme di vita, possono modificare talmente la forma originaria, che se non si ricorre allo studio delle caratteristiche di ciascun membro, non è agevole in molti casi stabilirne l'identità. Comunque, tutte queste forme così modificate si possono sempre ricondurre ai tre costituenti essenziali, caule, foglia e radice. Per es., il fiore delle Fanerogame, malgrado le sue svariate forme e simmetrie, che in alcune famiglie raggiungono il massimo della complicazione (Cannacee, Orchidacee, ecc.), si può, mediante lo studio della morfologia comparata, interpretare nel suo giusto significato, cioè come un germoglio in cui i costituenti più importanti, stami e carpelli, rivelano le prerogative essenziali delle foglie, ma si sono specializzati nella produzione delle spore. Nelle Pteridofite (Felci e affini) troviamo infatti tutte le possibili differenziazioni dal nomofillo con funzione trofica allo sporofillo con funzione sporigena. Nelle Cicadacee, ritenute le più antiche fra le Gimnosperme viventi, il fiore è molto semplice, anzi quello carpellifero della comune Cycas revoluta mostra nelle foglie carpellari le tracce delle pinne delle foglie vegetative.
Interessante nelle Cormofite è la constatazione che a una stessa funzione si possono adattare le diverse membra, assumendo la medesima forma, quella più adatta allo scopo. Tale è il caso dei cirri nelle piante rampicanti, dei tuberi in molte piante erbacee perenni, dei galleggianti, delle spine, ecc., tutti apparecchi che, a seconda delle piante, provengono da modificazioni più o meno profonde o del caule o della foglia o della radice. Nella vite, p. es., il cirro è di origine caulinare, mentre nelle vecce e nelle zucche è di origine fogliare; nella patata il tubero è un caule profondamente modificato con foglie mancanti o ridotte a piccolissime squame, nella cipolla invece il tubero, più comunemente noto col nome di bulbo, risulta essenzialmente delle foglie tuberizzate, mentre il caule, estremamente ridotto, è rappresentato dal cosiddetto girello; nella dalia il tubero è di origine radicale.
Esempî di "convergenza", numerosi e non meno dimostrativi di quelli offerti dal regno animale, si possono additare nei vegetali, in quanto questi, vivendo fissi al suolo, sono, per la loro stessa immobilità, più strettamente legati degli animali alle condizioni di ambiente. Fra le piante grasse, proprie dei luoghi molto aridi e ricche nei loro organi di tessuti acquiferi, esiste un gruppo biologico particolare, quello delle cactiformi (cosiddetto dalle Cactacee), caratterizzato dall'aspetto del caule carnoso, colonnare, sferico o anche appiattito, privo di foglie, di solito costato e fornito sulle costole di spine; a questo gruppo appartengono rappresentanti di famiglie assai lontane fra loro per affinità e per distribuzione geografica (Cactacee, Euforbiacee, Asclepiadacee), eppure così simili nel loro abito vegetativo, da confondersi fra loro, appunto per il fatto che vivono in condizioni ecologiche identiche. Nelle piante acquatiche, in cui i fenomeni di convergenza, proprio per l'uniformità del mezzo, sono estremamente frequenti, si può citare il caso delle ninfee, del limnantemo, del morso di rana, piante di gruppi affatto differenti, le quali però concordano nella forma delle foglie, lungamente picciolate e a lembo ovale o quasi tondo, cuoriforme, intero nel margine, atto a galleggiare.
Mediante appropriate esperienze si possono nelle piante, con maggiore facilità che non negli animali, mettere in evidenza le modificazioni che è capace di determinare l'ambiente nella forma, nelle dimensioni, nella posizione e nella disposizione delle diverse membra, in una parola nell'aspetto generale dell'individuo sottoposto a esperimento. Fra i fattori ambientali che influiscono sulla forma delle piante sono da considerare in prima linea la costituzione fisica e chimica del substrato, la luce, la temperatura; in secondo luogo la gravità, le azioni meccaniche (movimenti dell'aria, pressione, trazione), le azioni degli stessi organismi vegetali e animali. Ma oltre questi fattori ne esistono altri non meno importanti, interni, legati cioè alla massa stessa del protoplasma, quali la costituzione ereditaria, il potere di rigenerazione, la plasticità, la polarità e altri ancora, di alcuni dei quali l'essenza ci sfugge, sicché in molti casi rimaniamo perplessi di fronte a modificazioni di forme che si compiono indipendentemente dall'influenza di agenti esterni di qualsiasi natura.
Bibl.: W. Migula, Pflanzenbiologie, Lipsia 1909; K. Goebel, Organographie der Pflanzen, 2ª ed., Jena 1913; E. Strasburger, Trattato di botanica, 4ª ed. ital., Milano 1928; Fr. W. Neger, Biologie der Pflanzen, Stoccarda 1913.