forte (agg. e sost.)
1. Come aggettivo, è adoperato con valori diversi nella successione delle opere e nel variare dei contesti. Nella Vita Nuova è riferito a termini come ‛ pensamento ' ‛ smarrimento ', ‛ Fantasia ', ‛ imaginazione ', ‛ angoscia ', ‛ paura ', denotando stati d'animo travagliosi in sé e per gli effetti che ne derivano, onde f. vuol dire per un verso " intenso ", " profondo ", e per l'altro " doloroso ", " tormentoso ": mi giunse uno pensamento forte (XV 1); mi giunse uno sì forte smarrimento, che chiusi li occhi e cominciai a travagliare (XXIII 4); e fue sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta (§ 8); e sì forte era la mia imaginazione, che piangendo incominciai a dire (§ 10); sì mi cessò la forte fantasia (§ 13); che sì com'elli [Amore] m'era forte in pria, / così mi sta soave ora nel core (XXVII 3 3); Dannomi angoscia li sospiri forte (XXXI 13 43); mi fan pensoso di paura forte (XXXIII 5 9). In questi ultimi due esempi il valore di f. oscilla tra l'aggettivo e l'avverbio. Infine: si levoe un die... una forte imaginazione in me (XXXIX 1).
Gli esempi delle Rime ripetono le accezioni (" doloroso ", " crudele ") della Vita Nuova: LXXXIX 5 Vedete quanto è forte mia ventura; C 13 in tener forte imagine di petra (dove per altro non si esclude il valore avverbiale di " saldamente "); CXVI 63 sempre sopra me se' forte [Amore]. Si aggiunga Rime dubbie XII 14 ditratta del piacer di costei forte, dove ‛ piacer forte ' vale " bellezza crudele " (Contini). Altri esempi propongono circostanze diverse: di tempo " aspro " per vicende di clima o per vicende amorose: C 46 e tanto è la stagion forte ed acerba; CII 55 se mi giunge lo tuo forte tempo.
Nel Convivio l'aggettivo è adoperato a proposito della cera, che con più " intenso " effetto sente il calore del sole: riceve quello [raggio del sole] per più forte operazione (II IX 7); della prima volta che il poeta accolse nella sua mente le persuasioni della filosofia: II XV 7 forte fu l'ora che la... demonstrazione di questa donna entrò ne li occhi de lo 'ntelletto mio, momento " faticoso e difficile " per labore di studio e lite di dubitazioni (§ 5); delle cose di Dio, " superiori " alla capacità dell'intelletto umano: III VIII 2 più forti cose di te non cercherai, parole che traducono Ecli. 3, 22 " fortiora te ne scrutatus fueris "; della vista " salda e sicura " nel sostenere la luce del sole: VIII 14 soverchia lo sole lo fragile viso, non pur lo sano e forte; della passione, che è tanto più " viva e risentita " quanto più le facoltà sono disposte a ricevere lo stimolo del desiderio: X 2 tanto più forte è però la passione; della natura del popolo romano, tanto benefica nel dominare, quanto " eroica " nel sopportare: IV IV 10 E però che più dolce natura [in] segnoreggiando, e più forte in sostenendo, ricordo di Livio II XII 9 " et facete et pati fortia romanum est ". In IV Le dolci rime 129 in giovinea, temperata e forte, l'aggettivo (ripreso in XXIII 5, XXVI 1, 2 e 9), è riferito all'anima e alla ‛ nobile natura ', che nella giovinezza è " ferma ", " risoluta ". Infine, in IX 6 e perché noi volessimo che la casa sedesse così forte pendente come diritta, f. sta per " salda ", " stabile ". Nella Commedia, f., spesso unito ad altro aggettivo, è riferito per lo più a luogo o a persona: detto per la selva del peccato (If I 5 esta selva selvaggia e aspra e forte), viene per lo più inteso nel senso di " difficile a superarsi ", spiegazione che risale alla chiosa del Buti spesso ripetuta nei commenti: " forte, quanto allo svilupparsi e liberamente uscire d'essa "; ma questa idea è già implicita negli aggettivi precedenti, onde pare preferibile un senso diverso, di carattere morale, come " doloroso ", " tormentoso ", già riscontrato nella Vita Nuova e consueto all'aggettivo nell'uso del tempo.
L'espressione, ripetuta in Pg II 65 per altra via, che fu sì aspra e forte, trova chiarimento nelle aggiunte rispettive: che nel pensier rinova la paura; che lo salire omai ne parrà gioco. Riferito a luogo fortificato, f. vale " saldo ", " ben munito ", " sicuro ": If XX 70 Siede Peschiera, bello e forte arnese, e 89 s'accolsero a quel loco, ch'era forte. Quest'idea si riscontra ancora in Fiore XXVIII 5 e nel miluogo un casser fort'e bello, e si applica anche ai " robusti " cardini della porta del Purgatorio, li spigoli... / che di metallo son sonanti e forti (Pg IX 135), e a Fiore CCV 3 e con una catena molto forte / quella gentil ebbero 'ncatenata, dove però f. potrebbe anche avere il senso di avverbio.
Attribuito a persona f. si ritrova due volte in contesto quasi identico: If XVII 81 il duca mio... / disse a me: " Or sie forte e ardito… "; XXIV 60 e dissi: " Va, ch'i' son forte e ardito ", e può commentarsi con le parole del Biagioli: " La formula forte e ardito comprende e la forza del corpo e la franchezza dell'animo ", salvo che le corrispondenze andrebbero invertite, perché ‛ ardito ' in D. accenna sempre all'atto pratico del dire o del fare, mentre f. è detto dell'animo, come confermano anche If XVII 90 vergogna... / che innanzi a buon segnor fa servo forte; Pg VI 18 quel da Pisa / che fé parer lo buon Marzucco forte; XXXI 45 udendo le serene, sie più forte. Qui pure Fiore CLXXXVIII 14. Per gli ultimi tre esempi della Commedia è il caso di ricordare che ‛ fortezza ' è anche " magnanimità ", e che come prima delle virtù aristoteliche è definita arme e freno a moderare l'audacia e la timiditate nostra, ne le cose che sono corr[u]zione de la nostra vita (Cv IV XVII 4).
Il senso fisico di " robusto ", " resistente ", riferito a parti del corpo, è presente in pochi esempi: If XVII 42 che ne conceda i suoi omeri forti, detto delle spalle di Gerione; XXXIII 78 denti, / che furo a l'osso, come d'un can, forti, i denti del conte Ugolino, duri nell'accanimento del suo fiero pasto; Pd XIV 59 li organi del corpo saran forti / a tutto ciò che potrà dilettarne, con riferimento particolare all'organo della vista. Detto per tutta la persona f. vale " vigoroso ", " prestante ", in Fiore LX 3, CXI 8, CXV 5 e 14, Detto 409.
Qualche volta f. indica l'efficacia, il potere di qualche cosa in relazione alle conseguenze che ne derivano: l'affettuoso grido di D. e il pronto accorrere di Paolo e Francesca al richiamo del poeta: a noi venendo per l'aere maligno, / si forte fu l'affettüoso grido (lf V 87); l'influsso della stella di Marte e il valore guerriero di Cangrande, colui che 'mpresso fue, / nascendo, sì da questa stella forte, / che notabili fier l'opere sue (Pd XVII 77). In quest'ultimo passo è senz'altro preferibile attribuire f. a stella. Il Porena e il Chimenz vi leggono un avverbio (" improntato... così fortemente "); ma ‛ stella forte ' è detto bene per Marte " qui facit viros fortes et feroces in bello " (Benvenuto); e cfr. Cv III XIII 21.
In alcuni esempi f. si applica a sensazioni: del gusto (Pd XVII 117 a molti fia sapor di forte agrume), col senso di " aspro "; della vista (XXVIII 18 'l viso... / chiuder conviensi per lo forte acume; XXX 48 sì che priva / ... l'occhio di più forti obietti), col senso di " intenso ".
" Arduo ", " difficile ", in rapporto alle facoltà intellettive, è il senso di f. in questi altri esempi: Pg XXIX 42 forti cose a pensar mettere in versi; XXXIII 50 tosto fier li fatti le Naiade, / che solveranno questo enigma forte; Pd XXII 123 al passo forte che a sé la [anima] tira; XXV 61 Li altri due punti... / a lui lasc'io, che non li saran forti; XXXII 50 ma io discioglierò 'l forte legame. La difficoltà cui si allude in Pd XXII è probabilmente il tema (per ‛ passo ' in questo senso, v. anche Pd XXX 22), che il poeta deve ancora trattare, sia esso quello immediato, o (meglio) la restante visione del Paradiso e Dio ‛ ultima salute '.
Si può qui rubricare l'uso di f. come aggettivo neutro in funzione predicativa, retto dai verbi ‛ essere ' o ‛ parere ', col senso di " cosa, questione difficile ", e in relazione con verbi di ‛ giudizio ' come ‛ intendere ', ‛ sapere ', ‛ vedere ', ‛ cernere ', nei seguenti passi: è forte a lingua mia di ciò com parla (Rime XLIV 8); Non si maravigli alcuno, s'io parlo sì che par forte ad intendere (Cv IV XXI 6); Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere (XXIII 9); sì ch'è forte a veder chi più si falli (Pd VI 102); Non ti dee oramai parer più forte (VII 49); che parria forse forte al vostro vulgo (IX 36); non ti parrà nova cosa né forte (XVI 77); ma questo è quel ch'a cerner mi par forte (XXI 76). Non può passare inosservato il fatto che gli esempi di questa serie nella Commedia ricorrono tutti nella terza cantica.
2. Come vero e proprio sostantivo, in Pg XXI 126 Questi... / è quel Virgilio dal qual tu togliesti / forte a cantar de li uomini e d'i dèi, col significato di " abilità di poeta ", " maestria ", in base al testo costituito dal Petrocchi (v. ad l.), di fronte alla lezione forza preferita dalla Dantesca e dagli altri editori moderni. La forma scelta dal Petrocchi era nel testo commentato dal Lombardi, che considera f. aggettivo, e spiega: " imprendesti coraggioso a mettere in versi i fatti degli uomini e degli Dei ". Anche il Cesari legge forte, e commenta: " Questo togliesti ha... molto piena sentenza: v'è chi lo spiega... dicendo la costruzion vera essere: Togliesti lo ingegno a cantar forte (in tuono forte), ecc. Non sa piacermi. Io l'intendo così: Al cui esempio e norma, hai intrapreso di cantar, ecc. ". Notevole è anche la variante ad alto (o altro) forte di If XVII 95, nel significato di " difficoltà ", come nell'aggettivo precedentemente esaminato; cfr. Petrocchi, ad l., per il valore di questa variante rispetto alla lezione forse prescelta.