FORTUNA (Fortuna, Fors)
Il culto che sin dai tempi più antichi ebbe in Roma e nelle regioni finitime Fortuna, personificazione dell'influenza capricciosa e variabile che si manifesta nelle vicende umane, è dimostrato dai numerosissimi templi a lei eretti, la cui prima costruzione è fatta risalire dagli scrittori a Servio Tullio, che la leggenda popolare designava quale figlio o amante dell'incostante dea. Celeberrimi nel Lazio i due santuari di Preneste (Palestrina, v.) e di Anzio.
L'iconografia di questa divinità è forse la più ricca di quante ci siano state tramandate: statue, rilievi, pitture, piccoli bronzi, terrecotte, monete, gemme, lucerne ripetono con la massima frequenza la sua immagine. A due si possono ridurre i tipi più diffusi di rappresentazione: l'uno, una figura femminile stante, con un timone, spesso poggiante sul globo, e con cornucopia; l'altro, simile al precedente, ma con la figura seduta. Gli attributi tipici, come si è accennato, sono il timone e la cornucopia (l'uno è tipicamente romano, l'altro era già proprio della Tyche greca), ma l'accompagnano spesso anche il globo su cui poggia il timone o su cui sta la dea stessa (come su una moneta di Galba [Cohen, Monn. Emp., 191] in cui Roma ha in mano il simulacro della F. sul globo); il modio in capo o accanto; le spighe in mano; la prua di nave e la ruota, che di preferenza appaiono, specie nelle monete, con la rappresentazione della F. Redux (raffigurata preferibilmente seduta). È principalmente il vario aggruppamento di questi attributi che differenzia le rappresentazioni della dea. È da notare inoltre che sebbene ella avesse numerosissimi epiteti riferentisi a sue caratteristiche o a particolarità del culto di cui era oggetto, ritroviamo generalmente, specie nelle monete, una stessa figurazione designata con diversi titoli, oppure uno stesso titolo per figurazioni diverse sia per posa sia per attributi.
Vi sono però talune figurazioni particolari di cui conviene parlare: si tratta di figurazioni in cui la dea è assimilata ad altre divinità: Iside F. è indubbiamente la più diffusa e caratteristica (statuetta d'argento di Pompei; statuette bronzee di molti musei; statua marmorea dall'Esquilino) specie dal II sec. d. C. in poi: in essa la F. si presenta con il timone e la cornucopia, che le sono propri, e con sul capo l'acconciatura isiaca, talora ha anche il caratteristico vestito della dea egizia. Altra rappresentazione particolare è quella della F. Panthea, in cui la dea oltre ai propri e agli isiaci, reca attributi di altre divinità: ali, nebride, serpente, busti di Iside e Serapide (statuina bronzea di Berlino, lucerne).
Notevole è anche l'associazione con Spes: in due statue marmoree (l'una di Dresda e l'altra di Monaco) e in alcune monete (Cohen, op. cit., Adriano, n. 1409) la F. ha il caratteristico abbigliamento arcaistico di Spes ed è rappresentata con la cornucopia ed in atto di adorare un fiore. La F. Felix appare nelle monete con lo scabillo ed il caduceo propri della Felicitas.
Particolare la rappresentazione della F. Anziate che ebbe doppia immagine, come appare dalle monete della gens Rustia in cui sono due busti femminili affiancati su una specie di tribuna, dei quali l'uno ha l'elmo in capo e seno nudo (forse la F. Equestris), l'altra è diademata e col seno velato.
Quanto sappiamo del culto della F. Primigenia a Preneste ne ha fatto riconoscere con attendibilità l'immagine in alcune statuette fittili votive in cui la dea è presentata seduta in atto di allattare Giove fanciullo, o in atto di abbracciare due fanciulli (Giove e Giunone). I frammenti di una grande statua in marmo cilestrino, di franco stile ellenistico, trovati nella recente sistemazione del santuario, e conservati nel museo di Palestrina, è incerto se abbiano appartenuto alla statua di culto.
La F. appare poi in are, dipinti, monete insieme ad altre divinità: frequentemente, e se ne comprende la ragione, è affiancata a Mercurio, dio dei commerci; spesso a Marte ed alla Vittoria.
Non è facile stabilire quando siano stati creati i vari tipi iconici della F.; certo simulacri suoi esistettero sin da età remote (immagine lignea velata del tempio del Foro Boario), ma indubbiamente le immagini che noi conosciamo risalgono a creazioni influenzate dall'arte greca, non di un particolare artista, o di un particolare periodo, ma forse non fu estraneo il ricorso ai tipi di Tyche; chissà anche se qualcuna delle molte rielaborazioni pervenuteci non ci conservi l'eco di quella Agathè Tyche di Prassitele, che, secondo le fonti (Plin., Nat. hist., xxxvi, 23), era stata recata in Campidoglio.
Bibl.: J. A. Hild, in Dict. Ant., II, s. v. Fortuna; Drexler, in Roscher, I, 1890, pp. 1503-1508 (con bibl. prec.); Stevenson, Dictionary of Roman Coins, s. v.; Otto, in Pauly-Wissowa, VII, 1910, cc. 12-42, s. v.; O. Brendel, in Am. Journ. Arch., LXIV, 1960, p. 41 ss. Sulla presunta F. di Palestrina: G. Quattrocchi, Il Museo Archeologico Prenestino, Roma 1956, p. 23, n. 27, fig. 7.