PINZA, Fortunato
PINZA, Fortunato (Ezio). – Nacque a Roma il 18 maggio 1892, figlio di Cesare, falegname ravennate venuto a cercare fortuna nella capitale, e di Clelia Bulgarelli.
Nel 1895 la famiglia ritornò a Ravenna, e a 13 anni Pinza interruppe gli studi. Dotato di un fisico atletico, pareva destinato all’attività sportiva, come ciclista, ma la voce fuori dal comune destò l’attenzione di alcuni melomani e del padre stesso. Il tenore Alessandro Vezzani, che ascoltò Pinza al Liceo musicale di Bologna, la ritenne immatura e accettò di dare lezioni al giovane solo dopo che un tal maestro Ruzza gli ebbe impartito i primi rudimenti del canto. Nel 1912 si presentò al teatro Mariani di Ravenna in concerto, ma il debutto avvenne nel 1914 al teatro comunale di Soncino, Oroveso nella Norma. Lo scoppio del primo conflitto mondiale rallentò sensibilmente l’attività. Arruolato tra le truppe di montagna, di stanza sulle Dolomiti, ritornò alle scene solo nel 1919 al Verdi di Firenze.
Nel 1920 e nel 1921 svolse un’intensa attività al teatro Costanzi di Roma, Manon (Des Grieux), La forza del destino (Padre Guardiano), La Gioconda (Alvise), Andrea Chénier (Roucher), La fanciulla del West (Jack), Rigoletto (Sparafucile), Salomè (Primo Nazareno), Aida (Ramfis), Thaïs (Palemone) e Boris Godunov (Pimen). Nel 1922, dopo essere apparso al Regio di Torino, dove sotto la direzione di Tullio Serafin cantò I puritani (Giorgio), Aida e La figlia del re (Tahana) di Adriano Lualdi, incontrò Arturo Toscanini, che lo fece debuttare alla Scala di Milano nei Maestri cantori (Pogner) e lo impegnò fino al 1924, in Boris Godunov, Lohengrin (Enrico l’Uccellatore), Debora e Jaele (il cieco di Kinnèreth) di Ildebrando Pizzetti, Lucia di Lammermoor (Raimondo), Louise (il Padre) di Gustave Charpentier, Messa da Requiem di Verdi, La bohème (Colline), Tristano e Isotta (Re Marco), La sonnambula (Rodolfo), Nerone (Tigellino) di Boito, prima assoluta. Il cantante interruppe bruscamente il rapporto con la Scala, vuoi per la delusione di vedersi preferito Marcel Journet per Hans Sachs nei Maestri cantori di Norimberga, vuoi perché attirato dalle offerte provenienti dal Sud America.
Dopo aver cantato all’Arena di Verona nel 1922 (Oroveso in Norma), 1923 (Enrico l’Uccellatore in Lohengrin) e 1924 (Gurnemanz in Parsifal), e aver debuttato lo stesso anno a Faenza (Mefistofele nell’omonima opera di Boito), nel 1925 e nel 1926 trionfò al Colón di Buenos Aires, aggiungendo al repertorio Romeo e Giulietta (Frère Laurent), Loreley (Rodolfo) e Faust (Mefistofele), e nel 1926 a Rio de Janeiro. Tornò in ambo le capitali nel 1927, e a Buenos Aires anche nel 1928, 1931 e 1938.
Il 1° novembre 1926 fece il suo debutto al Metropolitan di New York, Sommo Sacerdote in una rara ripresa della Vestale di Spontini accanto a Rosa Ponselle. Collaborò con il Met (tournées comprese) per 22 stagioni, fino al 14 maggio 1948, cantò 48 opere e partecipò a 878 recite: Lucia di Lammermoor, Aida, La Gioconda, Rigoletto, La forza del destino, Cavalleria rusticana, Il barbiere di Siviglia, La Juive, Il trovatore, La bohème, L’amore dei tre re, Gianni Schicchi, Boris Godunov, L’africana, Norma, Le Prophète, Madonna Imperia, Le Coq d’Or, Carmen, Turandot, La campana sommersa, Ernani, Roméo et Juliette, Fra Gherardo, Don Giovanni, Faust, L’elisir d’amore, La fiera di Sorócinzi, Iris, Guglielmo Tell, Mignon, Tannhäuser, Simon Boccanegra, La sonnambula, Lakmé, Il signor Bruschino, Pélleas et Mélisande, Linda di Chamounix, Tristan und Isolde, Don Pasquale, Samson et Dalila, Louise, Le nozze di Figaro, The bartered bride (La sposa venduta), The magic flute, Les Contes d’Hoffmann, Manon, la Messa da Requiem di Verdi. Prese inoltre parte ad alcuni gala e a numerosi concerti.
In questa multiforme attività va sottolineato il debutto nel ruolo eponimo del Don Giovanni di Mozart il 29 novembre 1929, e il 28 gennaio 1932 in quello di Fiesco nel Simon Boccanegra, diretto in ambedue i casi da Tullio Serafin: dell’uno e dell’altro personaggio Pinza divenne poi interprete di riferimento. Nel 1934 Bruno Walter, con il quale lavorò anche al Met, lo volle per il Don Giovanni eseguito per la prima volta in italiano al Festival di Salisburgo, dove Pinza lo ripropose nel 1935, nel 1937, nel 1938 assieme alle Nozze di Figaro (Figaro) e nel 1939, aggiungendo ai due titoli mozartiani anche Il barbiere di Siviglia (Don Basilio). Il 7 marzo 1939 debuttò al Met come protagonista nel Boris Godunov, ottenendo vibrante successo, in un’interpretazione di forte spessore lirico che prendeva le distanze dal modello istrionesco imposto da Féodor Chaliapine. Negli Stati Uniti comparve regolarmente a Boston, Filadelfia, Cleveland, Chicago, San Francisco, Los Angeles, e collaborò con Toscanini in lavori sinfonico-corali, come la Nona sinfonia e la Missa Solemnis di Beethoven nel 1934 alla Philharmonic Hall di New York.
In Italia si produsse a Verona nel 1929 (Faust), 1930 (Boris Godunov e La forza del destino) e 1933 (Lohengrin); alla Scala nel 1929 (Messa da Requiem) e 1934 (Mefistofele), a Firenze nel 1932 (Mefistofele), 1933 (La Cenerentola e I puritani), 1934 (Don Giovanni e Norma) e 1935 (Messa da Requiem); a Roma nel 1933 (in concerto) e nel 1936 (Mefistofele e L’amore dei tre re); si esibì anche a Trieste, Ravenna, Forlì e Bergamo. Cantò a Londra nel 1930 (Norma, Aida, Romeo e Giulietta, L’amore dei tre re), 1935 (L’italiana in Algeri, La Cenerentola, Il barbiere di Siviglia, Turandot, La bohème), 1936 (Aida, Rigoletto, La bohème, I racconti di Hoffmann) e 1939 (Don Giovanni); a Parigi nel 1935 (Messa da Requiem); a Stoccolma nel 1937 (Le nozze di Figaro e Don Giovanni). Fu spesso ospite alla Staatsoper di Vienna.
Nel 1940, dopo avere divorziato da Beniamina Cassinelli, soprano, sorella del basso Antonio Cassinelli, dalla cui unione nel 1927 era nata la figlia Claudia, soprano e poi maestra di canto, sposò Doris Leak, ballerina, da cui ebbe due figli, Clelia (1941) e Pietro (1944). Il 12 marzo 1942 fu internato a Ellis Island (New York): il FBI, sulla scorta di un articolo del Washington Post, lo sospettava di essere una spia di Mussolini; Pinza avrebbe esternato la sua simpatia per l’impresa di Etiopia e avrebbe donato le fedi, quando il regime fascista chiese oro per la patria. Rimase internato per tre mesi; fu liberato il 28 maggio grazie alla sua popolarità e per l’intervento di uomini politici antifascisti come il sindaco di New York, Fiorello LaGuardia, o personalità di spicco come Thomas Mann. Ricomparve in teatro in autunno, ma l’esperienza, vissuta con senso di vergogna, lo segnò e provocò in lui atteggiamenti depressivi.
Dopo aver cantato un’ultima volta al Met il 5 marzo 1948 (Don Giovanni), la collaborazione con il teatro newyorkese cessò un paio di mesi più tardi a Cleveland (Don Giovanni), il 14 maggio 1948, tappa conclusiva di una tournée del Met che toccò Boston, Baltimora, Dallas, Los Angeles, Bloomington, Minneapolis. Pinza era deluso della mancata assegnazione della parte di Filippo II nel Don Carlo, che, assente dal teatro da decenni, era programmato per l’inaugurazione della stagione 1950-51 con il giovane Cesare Siepi. Ormai cinquantacinquenne, cercò di affermarsi nel cinema, in seguito al successo del film Carnegie Hall (1947).
Nel 1948 lasciò definitivamente l’opera (l’addio alle scene avvenne allo Shrine Auditorium di Los Angeles, con Don Giovanni, il 28 ottobre), mentre nel 1949 Richard Rodgers e Oscar Hammerstein gli offrirono la parte del protagonista, Emil de Becque, nel musical South Pacific: ottenne un clamoroso successo, che gli valse nel 1950 il Tony Award. Nel 1951 girò due pellicole, Mr. Imperium e Strictly dishonorable, che non ebbero grande esito; nel 1953 Tonight we sing, dove faceva la parte di Chaliapine e cantava brani del Boris in russo. Partecipò a programmi televisivi, The Ezio Pinza Show, The Ed Sullivan Show, The Voice of Firestone, The Bell Telephone Hour e Bonino, serial della NBC che non destò interesse e fu chiuso dopo poche settimane dall’esordio. Nel 1954 tornò al musical con Fanny di Harold Rome; nel 1956 si accentuarono i problemi cardiaci, cui non giovarono neppure il ritorno in Italia e il soggiorno a Cervia.
Morì il 9 maggio 1957 a Stamford, nel Connecticut.
Tra il 1923 e il 1952 il cantante si era accostato spesso alla sala d’incisione, dapprima a Milano per l’etichetta discografica Gramophone e poi, dal 1927, negli Stati Uniti per la Victor, offrendo un’ampia e importante documentazione della sua arte, alla cui definizione concorrono anche le numerose incisioni live, ricavate dalle trasmissioni radiofoniche americane, che vanno dal 1932 al ritiro dalle scene.
Voce di rara bellezza, resa fluente e omogenea da una tecnica eccellente che gli consentì attacchi perfetti, legato purissimo, pronunzia plastica e insieme forbita, facile passaggio tra i registri, magnetismo nel fraseggio. L’ampia estensione gli permise di risolvere sempre e con successo i passaggi più acuti della tessitura nelle opere affrontate e di incidere in maniera mirabile il terzetto nell’Attila (con Beniamino Gigli ed Elisabeth Rethberg, per l’etichetta Victor, 1930) nella parte di Ezio, scritta per baritono. Pinza affrontò un repertorio molto vasto, da Mozart al Novecento. Si dimostrò interprete duttile, di volta in volta un Don Giovanni insinuante e raffinato, un Figaro mozartiano impetuoso, un basso verdiano dal canto di volta in volta solenne, imperioso o fervido (come nella sortita di Silva nell’Ernani), un Boris espressivo e dolente, un demonio sardonico e ironico nel Faust e nel Mefistofele, senza dimenticare la paterna dolcezza di Giorgio nei Puritani, dove Cinta di fiori e col bel crin disciolto deve considerarsi l’esempio di un canto d’alta scuola, in cui rivive la lezione del belcanto del primo Ottocento. Poté dunque rivaleggiare a pieno titolo con i principali bassi che incontrò sulla sua strada, da Marcel Journet ad Alexander Kipnis.
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