FORTUNATO
Abbiamo pochissime notizie relative a F., patriarca di Grado intorno al 628, a causa dell'estrema scarsità delle fonti. Queste sono limitate a una lettera di papa Onorio I, giuntaci in copie tarde non esenti da sospetto, e a fonti letterarie non risalenti oltre la prima metà del secolo XI, in particolare alla Cronica de singulis patriarchis Nove Aquileie.
Alla data della lettera pontificia, 18 febbr. 628, F. non era più vescovo di Grado e Onorio I ordinava ai suffraganei della Venezia e dell'Istria, destinatari della lettera, di consacrare Primogenio, suddiacono e regionario romano, da lui nominato e insignito del pallio. La Cronica precisa che F. aveva rinnegato la fede sancita nel V concilio ecumenico - tenutosi a Costantinopoli nel 553 - e aveva aderito al cosiddetto scisma tricapitolino, dal nome dell'editto di condanna dei Tre Capitoli, emanato in occasione del concilio e riguardante autori vicini al nestorianesimo.
L'adesione al V concilio non era stata, in particolare nell'Italia settentrionale, immediata e molti vescovi, guidati dal patriarca di Aquileia, avevano dimostrato nel corso dei successivi decenni una forte resistenza ai dettati del concilio, dando vita allo scisma tricapitolino, destinato a esaurirsi completamente solo alla fine del VII secolo.
Sempre la Cronica racconta che F., dopo la sua adesione allo scisma, aveva derubato dei loro tesori ("in auro et vestibus vel ornamento") sia la chiesa di Grado sia le chiese e gli ospedali della provincia istriana, ed era infine riparato in territorio longobardo, nel castello di Cormons. Circostanze, quella della posizione scismatica, del furto e della fuga, accennate pure da Onorio I, che comunicava ai destinatari della sua lettera di aver inviato messi presso il re longobardo Arioaldo con la ferma richiesta di perseguire F. e di reclamare i tesori trafugati.
Fonte documentaria e fonte letteraria risultano tra loro coerenti tranne che per un particolare, dato che, secondo la Cronica, la denuncia di F. al papa fu presentata anche dai vescovi della Venezia e dell'Istria e dai chierici di Aquileia, mentre la lettera pontificia menziona solo i chierici di Grado. A proposito dell'ostilità di questi ultimi nei confronti di F., si è ipotizzato che dopo la scissione fra Aquileia e Grado (nel 610 erano stati eletti due presuli, l'uno a Grado, in territorio bizantino, e di osservanza romana, l'altro ad Aquileia, in territorio longobardo, e di fede tricapitolina), F. avesse tentato di riunificare il patriarcato sostenendo le posizioni tricapitoline. Il momento politico era favorevole, per l'impotenza del governo bizantino impegnato dall'offensiva di Avari e Persiani, ma a seguito delle fortunate riconquiste dell'imperatore Eraclio I il progetto sarebbe fallito e F. sarebbe stato costretto a riparare in territorio longobardo.
A differenza dei patriarchi precedenti e successivi, la Cronica non menziona la durata del vescovato di F., probabilmente perché questi non figurava nell'antico catalogo patriarcale che era alla sua base. Generalmente, si ritiene che F. abbia retto il patriarcato negli anni fra il 626-627 e il 628 (il Picard pensa solo a pochi mesi dell'anno 627); di recente il Margetić, nell'avanzare un'ipotesi globale circa la persistenza dello scisma tricapitolino nell'area venetico-istriana, è stato indotto a dilatare il governo episcopale di F. agli anni 611-628. L'ipotesi di un episcopato più lungo di quello tradizionalmente attribuito a F. troverebbe fondamento in alcune espressioni della lettera di Onorio I, che ricorda fatti ormai lontani nel tempo (Prius, olim, diu); quanto però alla sua esatta determinazione i cataloghi non consentono risposte certe, tanto più che l'esistenza di un predecessore di F. è accettata anche dal più recente studioso della lista patriarcale, il Picard.
Il nome di F. è sconosciuto al cronista veneziano del primo XI secolo, Giovanni diacono, come pure ignorato dal Chronicon Gradense, che avrebbe espunto il lungo passo relativo a F. in modo talmente brusco da rendere poco comprensibile il periodo successivo dedicato a Primogenio. Personaggio ingombrante per la storiografia veneziana delle origini, F. divenne il modello del patriarca ladro e scismatico: l'anonimo autore dell'inventio e della translatio delle reliquie dei santi Ermagora e Fortunato, un chierico di Grado vissuto nella prima metà del secolo XI, contrapponeva F. al suo successore, il romano Primogenio, pio scopritore delle reliquie dei due santi (uno dei quali, Ermagora, era il santo protovescovo del patriarcato), così come il patriarca aquileiese vissuto all'inizio del secolo XI, Poppone, colpevole di un'incursione su Grado e del furto di reliquie e tesori, veniva contrapposto al patriarca di Grado Orso Orseolo, suo oppositore, il quale dopo le violenze di Poppone aveva invece recuperato le vere reliquie dei due santi, difendendo la legittimità della sua sede patriarcale.
Come s'è detto, la Cronica narra che F. dopo la fuga da Grado, aveva raggiunto Cormons, poi sede dei patriarchi di Aquileia. I cataloghi patriarcali aquileiesi, di tarda tradizione, registrano effettivamente un patriarca di nome Fortunato, attribuendogli un pontificato di nove anni, ma poiché nella lettera di Onorio I non c'è alcun cenno in tal senso, né nell'opera di Paolo diacono troviamo menzione alcuna di questo nome, si dubita fortemente che F. sia mai stato metropolita aquileiese e la sua sorte in territorio longobardo resta oscura.
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