forze di pace
locuz. sost. f. pl. – Prevenire i conflitti e riportare la pace nelle zone del pianeta colpite dalla guerra sono gli scopi principali delle Nazioni Unite, che a tal fine hanno autorizzato a partire dal 1948 oltre 60 missioni di pace, dispiegando personale civile e militare proveniente da circa 120 paesi. Nel 2012 le forze di pace delle NU, note anche come caschi blu per il colore del loro elmetto, erano impegnate in 16 operazioni sul campo. Sette le missioni di peacekeeping in Africa, dislocate nei paesi del continente più duramente colpiti dai conflitti regionali, dalla guerra civile e dalla repressione dei regimi: nella Repubblica democratica del Congo (sigla della missione: Monusco), in Costa d’Avorio (Unoci), in Darfur (Unamid) e nella regione di Abyei (Unisfa), entrambe in territorio sudanese, nel nuovo Stato del Sud Sudan (Unmiss), in Liberia (Unmil) e infine in Marocco, dove la missione delle NU per il referendum nel Sahara Occidentale (Minurso) era stata istituita nel 1991 con il compito di sorvegliare il cessate il fuoco tra il Marocco e il movimento indipendentista Frente Polisario. Due le missioni in Europa, una a Cipro (Unficyp) e l’altra nel Kosovo (Unmik); una nelle Americhe, ad Haiti (Minustah); tre in Asia, a Timor Est (Unmit), in Afghanistan (Unama), con una funzione prettamente politica per assistere il governo afghano nel difficile compito della riconciliazione nazionale, e nello Stato di Jammu e Kashmir, sulla linea del cessate il fuoco siglato tra India e Pakistan nel 1948 (Unmogip). Tre missioni erano dislocate, infine, in Medio Oriente, una delle aree più calde del pianeta: oltre all’Untso, mai sospesa dal 1948, prima operazione di pace autorizzata dal Consiglio di sicurezza per monitorare l’attuazione degli accordi di pace siglati da Israele e dai paesi arabi alla fine del primo conflitto arabo-israeliano, in Siria era attiva l’Undof, sulle alture del Golan, e in Libano l’Unfil, missione di cui sono state più volte modificate le funzioni per il permanere dello stato di crisi alla frontiera con Israele. In occasione del nuovo drammatico conflitto scoppiato nell’estate 2006, quando le provocazioni del partito sciita libanese Hezbollah, responsabile del ripetuto lancio di missili verso Israele, hanno scatenato l’offensiva aerea israeliana nel sud del Libano, è stato deciso di potenziare la missione già presente nel Paese: nel mese di agosto 2006, pochi giorni prima del cessate il fuoco congiunto, il Consiglio di sicurezza, con la risoluzione 1701, ha quindi sancito l'invio in Libano di nuove forze. L'Italia ha partecipato alla missione del 2006 con un numeroso contingente militare (circa 2500 effettivi).