ATTENDOLO, Foschino (Foschino de Cotignola, Foschino Sforzesco)
Figlio di Margherita, sorella di Muzio e di Giacomazzo de, Manegoldi da Cotignola, primo marito della madre, visse ed operò quasi sempre con suo frateflo Marco. Nacque in Cotignola il 23 giugno 1392 e ben presto si dedicò al mestiere delle armi; si trasferì, insieme con tutti i suoi parenti, nel Regno di Napoli, non senza agire nel Viterbese e nell'Umbria dove Muzio aveva forti interessi. La prima notizia che riguarda l'A. è del 1414 e ci dice appunto che si trovava tra il Viterbese e l'Umbria; ma nello stesso anno, al seguito di Muzio, partecipò ad un'importante spedizione che doveva sottomettere alcune città ribellatesi alla regína Giovanna Il. Nel 1415 (10 ottobre), allorché Giacomo di Borbone riuscì ad usurpare il trono di Napoli e ad imprigionare Muzio, anche l'A. subì la stessa sorte. Dopo le trattative del re con Lorenzo Attendolo, l'A. ebbe l'ordine di lasciare il Regno di Napoli, ma non appena Giacomo di Borbone fu deposto (ottobre 1416) l'A. tornò nel Regno e, come tutti i suoi parenti, nelle grazie della regina Giovanna. Fu creato viceré della Capitaneria ed ottenne, in compenso della sua fedeltà e della sua abilità, molti feudi. Nel 1417 fu lasciato a presidiare Roma che Muzìo aveva tolto a Braccio da Montone, in nome della regina Giovanna II. In seguito partecipò alle lotte che Muzio sostenne contro i Bracceschi: il 10 maggio del 1417 ottenne dalla regina il feudo di Torremaggiore e, dopo la vittoria di Toscanella, ottenuta dagli Attendolo sui Bracceschi, rimase a presidiare Viterbo con millesettecento cavalieri. Nel 1418 lo troviamo ad Acquapendente e poi ad Amelia, al comando di millequattrocento cavalieri, e nel 1419 alla battaglia di Viterbo (14 giugno) conclusasi sfavorevolmente per gli Attendolo. Muzio fu ferito e l'A., catturato insieme con Manno Barile ed altri, fu inviato in catene a Bolsena. Fu liberato assai presto, molto probabilmente dopo la pace conclusa tra Muzio e Braccio da Montone (8 febbr. 1420). Difatti proprio in quest'anno l'A. è ad Acerra con una squadra di quattrocento cavalieri. Il 27 maggio 1423 fu inviato da Muzio a Pomigliano, presso Nola, insieme col fratello Marco, per condurvi i prigionieri catalani catturati negli scontri di Capua, e nel giugno dello stesso anno, sempre con il fratello, condusse a Benevento i prigionieri catalani, mentre Muzio si recava ad Aversa per scortare la regina. Quindi, sempre nel 1423, con 400 cavalli, conquistò Torremaggiore in Capitanata e Vieste nel Gargano. Per parecchi anni dell'A. si perdono le tracce. Molto probabilmente fu al seguito di Francesco Sforza, poiché quando nel 1433 costui fu creato gonfaloniere da papa Eugenio IV e rettore della Marca anconetana, l'A. era con lui quale luogotenente insieme con la moglie Emilia Boccapianola di Napoli, che egli aveva sposato nel 1421 (12 febbraio). Sempre al servizio di Francesco Sforza fu ancora nel Regno di Napoli. Nel 1440, infatti, era governatore sforzesco di Benevento e il 15 dicembre fu catturato dalle truppe di Alfonso che, con l'inganno, si erano introdotte nella città conquistandola senza colpo ferire. L'A. rimase prigioniero per quasi due anni finché ner,ottobre del 1442 Francesco Sforza ottenne da Alfonso l'impegno di rilasciarlo entro un mese, impegno che l'Aragonese mantenne, liberandolo, senza riscatto, il 15 novembre, e restituendolo "in suam pristinam potestatem" (Faraglia, Storia della lotta..., p. 305 n. 1). I rapporti dell'A. con Alfonso rimasero buoni, tanto che il 26 febbr. 1443 egli partecipò al trionfo del re aragonese celebrato in Napoli. Trasferitosi quindi neTItalia settentrionale, l'A. il 30 apr. 1446 si trovava nel Parmigiano e dall'agosto dello stesso anno fino al 25 giugno dell'anno seguente (1447) a Cremona. Il 30 genn. 1452 prese possesso del castello di Milano in qualità di castellano. Non si hanno di lui notizie posteriori, ma si presume che sia morto poco dopo.
Ebbe cinque figli: Marco, di cui non si sa nulla; Tomaso e Marino (o Martino o Mariano), che furono tra gli, ostaggi dati a Pandolfello Alopo, in cambio della libertà di Muzio; Giovan Francesco (n. il 24 giugno 1436) e Margherita Bianca (n. l'8 giugno 1438), forse sposa del conte Angelo Caracciolo.
Fonti e Bibl.: L. Crivelli, De vita rebusque gestis Sfortiae... commentarius, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XIX, Mediolani 1731, coll. 661, 666, 668, 682, 684, 687, 696, 709, 719; P. Giovio, Vita di Sforza Attendolo, in Bibl. stor. ital., II, Milano 1853, pp. 20, 37; A. Minuti, Vita di Muzio Attendolo Sforza, a cura di G. Porro Lambertenghi, in Miscell. di storia ital., VII, Torino 1869, passim; L. Botta, Una ined. cronachetta degli Sforza, in Arch. stor. per le prov. napol., XIX(1894), pp. 719, 725, 726,,726, 730, 731, 732, 734, 736; P. Collenuccio, Compendio de le istorie dei Regno di Napoli, Bari 1929, pp. 241 s., 269; G. A. Campano, Braccii Perusini vita et gesta, a cura di R. Valentini, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XIX, 4, p. 134 n. 1; La Mesticanza di Paolo di Lello Petrone, a cura di F. Isoldi, ibid., XXIV, 2, p. 9; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angìò, Lanciano 1904, pp. 23, 50, 186, 241, 245; Id., Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908, pp. 204 n. 2, 225, 305 n. 1, 306, 331, 374, 384, 401.