ARDEATINE, FOSSE
L'eccidio delle Fosse Ardeatine è il più noto episodio della resistenza di Roma all'occupazione tedesca durante la seconda Guerra mondiale. Il 23 marzo 1944, in via Rasella, un attacco di GAP provocava la morte di 32 militi delle SS. Per rappresaglia a questo episodio clamoroso dell'incessante attività di sabotaggio e logoramento psicologico condotta dalle forze della Resistenza, il comando tedesco ordinava la fucilazione di 10 italiani per ogni tedesco ucciso. Il 24 marzo 335 detenuti, tra politici, ebrei o semplici sospetti, prelevati dalle carceri di Regina Coeli e di Via Tasso, erano condotti sulla via Ardeatina, ove, tra le catacombe di Domitilla e di S. Callisto, si trova un'antica cava di arenaria. Qui gli infelici, le mani legate sul dorso, furono trucidati con un colpo alla nuca. Terminato il massacro, le SS. facevano saltare con la dinamite le volte della galleria, seppellendo i cadaveri e ostruendo gli accessi alla cava. Solo dopo la liberazione di Roma fu possibile esumare le salme dei caduti ed accertarne l'identità. Tra essi, uomini d'ogni età e ceto sociale, furono identificati 73 ebrei e diverse nobili figure di patrioti: tra questi il col. Montezemolo (v.), Pilo Albertelli (v.) e un sacerdote, don Pappagallo. Un manifesto, affisso nei giorni della liberazione per le vie di Roma, conteneva queste parole: "Presso le tombe dei Martiri cristiani altre tombe si sono aperte per i Martiri della Patria. Questi e quelli morirono per la libertà e la dignità dello spirito contro la pagana tirannia della forza brutale".
Bibl.: A. Ascarelli, Le Fosse Ardeatine, Roma 1945.