FOTOMETRIA (XV, p. 817)
In senso stretto la f. è l'insieme delle definizioni, dei metodi di misurazione, delle unità delle grandezze fisiche (grandezze fotometriche) con le quali si descrivono quantitativamente i fenomeni attribuiti alla luce.
Ci limitiamo a sorgenti di luce, o corpi luminosi, nei quali la luce può immaginarsi generata nel corpo e uscente dalla superficie Σ di questo verso il semispazio circostante X (fig. 1). Questo semispazio si immagini vuoto o occupato da aria limpida. I concetti svolti sono di regola estensibili a corpi luminosi perché illuminati. Sorgente-tipo per la luce in f. è un forno tenuto alla temperatura del platino fondente (2043 °K); nella parete del forno è un foro da cui sgorga la luce dell'interno incandescente (corpo nero di Burgess; C. V. Waidner e G. K. Burgess, 1908). Per la f. di base questo forno dà la luce bianca, che dà uno spettro continuo di radiazioni elettromagnetiche dal rosso al violetto.
1. - Principali grandezze fotometriche. - Le principali grandezze fotometriche sono le seguenti:
Intensità luminosa I della sorgente, supposta praticamente puntiforme, in una determinata sua direzione ξ.
Flusso luminoso Φl di tale sorgente in un sottile cono, di angolo solido Ω, intorno a tale direzione, definito come il prodotto
Quantità di luce Ql emessa da tale sorgente in tale angolo solido nell'intervallo di tempo t; è definita dal prodotto
Emettenza luminosa R in un punto P di una superficie emettente, relativa alla piccola area piana Aemet verso il semispazio X (fig. 1); il corpo emettente non può quindi in questo caso considerarsi puntiforme; R è definita come rapporto tra flusso Φl emesso da Aemet e questa area emettente:
Luminanza luminosa (detta anche brillanza luminosa) B in tal punto P e nella direzione ξ determinata dall'asse del sottile cono avente con vertice in P e angolo solido ω (fig. 1); è definita dalla espressione:
Questa ha senso se l'occhio ricevente in U è così lontano da P rispetto alle dimensioni dell'area emettente Aemet (per es.: 1 m rispetto a 1 cm) da poter ritenere tra loro uguali tutti i coni sottili con vertice in Aemet,app e raccolti dalla pupilla di U. Aemet,app è la superficie (emettente) "apparente", sotto cui la superficie emettente è vista da U; ϕ è l'angolo tra la normale n a Aemet e la direzione ξ dell'angolo solido sottile Ω. Aemet,app è normale a ξ; dunque è Aemet,app = Aemet cos ϕ, e la [4] si scrive anche:
Illuminamento E in un punto P (fig. 2) di uua piccola area ricevente Aric intorno a P, ricevente flusso luminoso Φl dal semispazio X; è definito dal rapporto:
(Se Aric è l'area di un buco fatto nel diaframma D l'illuminamento [5] per la banda X è l'emettenza per la banda Y).
Se Φl è flusso emesso da una sorgente puntiforme S di intensità I, posta lungo l'asse ξ del foro, alla distanza r, è allora Aric = Ω r2, e la [5], assieme alla [1], dà (legge delle distanze):
Le [1]÷[5] sono le prime cinque equazioni-base della fotometria e formalmente possono essere trattate col consueto algoritmo algebrico. Oltre grandezze meccaniche (aree, tempi, distanze, angoli solidi) che si devono ritenere già note, cioè misurabili, esse contengono sei grandezze fotometriche I, Φl, Ql R, B, E. Una di queste deve prendere rango di grandezza fondamentale, da definirsi in modo diretto (euclideo) e se ne può scegliere a piacere l'unità. Si è convenuto di assumere come tale l'intensità I; le altre cinque sono grandezze derivate e mediante le [1J÷[5] possono essere espresse in funzione della sola I.
Il termine emettenza ha completamente sostituito i vecchi termini "luminosità", "radianza"; il termine "luminanza" sta sostituendo i vecchi termini "splendore", "brillanza" malgrado l'inconveniente cui si accennerà nel paragrafo seguente.
2. - Unità fotometriche. - Le unità fotometriche per le sei grandezze introdotte sono le seguenti: candela, cd, è unità fondamentale di cui è campione primario il corpo nero di Burgess quando il foro abbia area di 1(cm)2 e si consideri la luce emessa normalmente al piano del foro; a questo campione si dà il valore di 60 cd (IX Confér. Génér. des Poids et Mesures). Così questa candela (nuova) è praticamente coincidente con la precedente, antica, unità che era detta candela internazionale. Così il corpo nero di Burgess è, in realtà, un campione di luminanza (lungo l'asse del foro) del valore 60 cd/(cm)²emet,app e serve come campione primario sia di intensità, sia di luminanza.
Dall'unità fondamentale "candela" seguono le altre unità derivate, coerenti, del sistema M K S cd:
dove m2 è simbolo di metro quadro, str di steradiante, sec di secondo; ed è m²emet,app = m²emet. Le [6] sono le equazioni tra unità (coerenti), come le [1]÷[5] sono le corrispondenti equazioni tra grandezze. Col consueto algoritmo algebrico tutte le unità derivate si possono esprimere in funzione della sola unità fondamentale, cd. Le [6] sono anche le equazioni di dimensione, o dimensionali, perché a tutti gli scopi concreti "unità di misura" si identifica con "dimensione". Si noti come l'introduzione dell'unità str di angolo solido e la distinzione tra m²ic e m²emet tiene distinte le dimensioni dell'emettenza, dell'illuminamento, della luminanza.
Al noto rompicapo costituito dal binomio lux, lumen, si aggiunge ora l'irrazionalità del termine "luminanza", pur accettato internazionalmente, per indicare una grandezza che non si misura nè in lux, nè in lumen, ma in nit. Le antiche unità stilb, fot, lambert, apostilb, non coerenti nel sistema M K S cd, sono abbandonate. L'unità non coerente di quantità di luce lumen-ora = 3600 lm • sec, continua a servire nella illuminotecnica, così come l'unità non coerente di energia chilowattora = 3,6 • 106 joule continua a servire in elettrotecnica.
3. - Altre grandezze fotometriche e relative unità coerenti si susseguono senza difficoltà dopo le sei precedenti.
4. - Gli apparecchi e i metodi di misurazione delle grandezze fotometriche sono tutti concettualmente descritti in illuminazione (XVIII, p. 839).
5. - L'estensione della f. alla luce non bianca si basa sulla seguente definizione convenzionale di uguaglianza di due illuminamenti eterocromatici. Un artifizio meccanico fa in modo che alla visione di un osservatore siano offerte alternativamente e ben successive le due superficie illuminate di colore diverso; le alternanze si susseguono con frequenza ν, variabile a volontà dello sperimentatore. Se ν è abbastanza basso (per es. 〈 10 volte al secondo), la visione è accompagnata da sfarfallamento; crescendo la frequenza ν delle alternanze, per un valore critico νc di ν lo sfarfallamento cessa perché compensato dalla persistenza delle immagini sulla retina. Se con la legge delle distanze (per es.) si varia in modo noto l'illuminamento (quindi la luminanza) di una superficie rispetto all'altra, varia il valore critico νc. Quando νc presenta un valore minimo si ammette che i due illuminamenti (e le due luminanze) siano uguali (principio di O. N. Rood, 1893). La stranezza di questa convenzione è compensata dalla sua aderenza alle esigenze pratiche della illuminazione con visione fotopica, che è quella dell'occhio normale quando l'illuminazione è abbastanza intensa.
Illuminamenti doppî, tripli si ottengono con la legge delle distanze. Si comprende che grandezze fotometriche omologhe, eterocromatiche, possano venir misurate nella stessa unità (o lux, o lumen, o nit, o candele.....).
Il largo impiego attuale delle sorgenti di luce a tubi fosforescenti (che la pratica dice impropriamente fluorescenti), il cui colore è sensibilmente diverso da quello "bianco", ha esaltato l'importanza della f. eterocromatica e del principio di Rood.
7. - Il flusso luminoso, sia bianco, sia colorato è un fluire di energia elettromagnetica propagantesi per onde, riferito al tempo; è dunque una potenza, cioè una energia riferita al tempo; unità coerente del sistema M K S sarà:
Questa potenza si rivela alla visione solo nel campo delle onde elettromagnetiche dette "visibili". Ma per tutte le radiazioni elettromagnetiche, del campo visibile o no, si hanno considerazioni omologhe alle precedenti; le grandezze fotometriche devono essere misurate in unità energetiche (joule, watt); è opportuno variarne anche la terminologia secondo il quadro seguente:
Bibl.: Pubblicazioni del Bureau Int. des Poids et Mesures, Sez. Fotometria, dal 1948 in poi; M. Cohu, Rayonnement, photométrie éclairage, Parigi 1949; Illuminating Engineering Society, Lighting Handbook, New York 1952; E. Perucca, Fisica generale e sperimentale, II, 7ª ed., Torino 1960; R. Sewig, Handbuch der Lichttechnik, I, Berlino 1938; J. W. T. Walsh, Photometry, 3ª ed., Londra 1959.