FOTOSINTESI (XV, p. 817; App. II, 1, p. 968)
Gli importanti progressi compiuti negli ultimi anni nella conoscenza del meccanismo fotosintetico sono stati resi possibili soprattutto dall'impiego di isotopi radioattivi e pesanti, associato ad altre tecniche (cromatografia, radiocromatografia, autoradiografia, coltura di alghe in condizioni costanti, ecc.). La biochimica comparata della f. clorofilliana e delle fotosintesi e chemiosintesi batteriche ha poi permesso di meglio definire il posto che questo rilevante processo di sintesi biologica occupa nell'ambito dei processi metabolici della pianta. Si è così, per diverse vie, provato che una frazione importante del processo fotosintetico è strettamente legata alle ossido-riduzioni respiratorie e fermentative e al metabolismo intermedio delle sintesi non fotochimiche.
La peculiarità della f. consiste nella riduzione fotochimica dell'acqua, la quale fornisce, come è stato dimostrato con l'impiego di isotopi, l'ossigeno svolto e l'idrogeno che, fissato su trasportatori (TPN) divenuti così riducenti, assicura l'ingresso dell'anidride carbonica nel ciclo biologico.
L'equazione globale della f., in accordo con l'ipotesi di C. B. van Niel, può essere scissa nei seguenti termini
dove gli asterischi indicano gli atomi marcati e mostrano la provenienza dell'ossigeno svolto nella f. (S. Ruben, M. Randall, M. D. Kamen, J. L. Hyde, 1940). L'acqua è all'origine sia della riduzione fotosintetica della CO2, sia delle ossido-riduzioni del metabolismo oscuro. La reazione (1), fotolitica, o fase dï Hill, che è necessariamente condizionata dalla luce, fornisce un radicale [H] che viene impiegato, in (i b), nella fase oscura, chemiosintetica o di Blackman, nella quale avvengono reazioni certamente indipendenti dalla luce, e un radicale [OH], dal quale, attraverso vie tuttora sconosciute, si giunge alla formazione di acqua e allo svolgimento di ossigeno.
La f. si distingue dagli altri processi biochimici perchè in essa l'assorbimento della luce conduce ad un incremento di energia del sistema. La distinzione tra f. e assimilazione della CO2 fu considerata opportuna quando si trovò che diversi tipi di cellule eterotrofe incorporano più o meno continuamente l'anidride carbonica durante i processi del loro metabolismo. La reazione di Wood e Werkman, il ciclo di Krebs, le conclusioni di C. B. Van Niel ed altri studiosi sulla interpretazione della f. come processo di ossido-riduzione biologica comparabile ai processi di organicazione del carbonio in organismi non verdi hanno consentito di definire l'unità delle nostre concezioni sul funzionamento degli organismi viventi con il riconoscimento dell'analogia tra: fissazione di anidride carbonica da parte di tessuti animali; chemiosintesi di batterî autotrofi; fotoriduzione nei batterî fotosintetizzanti e nelle alghe adattate all'H; fotosintesi nelle piante verdi. Il materiale da organicare, la CO2, è comune; diverse sono, caso per caso, le sostanze e le fonti energetiche che ne operano la riduzione e da ciò discende il diverso funzionamento fisiologico tra i varî gruppi vegetali.
Nel 1950, A. A. Benson e M. Calvin proposero un primo schema del ciclo del carbonio nella f., basato sul fatto che l'impiego di isotopi radioattivi aveva consentito, per attività fotosintetica di breve durata, di porre in evidenza la formazione predominante di alcune sostanze, specialmente acido 2-fosfoglicerico (2-PGA) e acido 3-fosfoglicerico (3-PGA) (fig. 1).
Questo schema comportava l'ammissione di un accettore di CO2 a due atomi di carbonio. Poiché le conoscenze sul metabolismo intermedio e sul ciclo di H. A. Krebs rendono ammissibile che un composto a 3 atomi di carbonio (acido piruvico o derivato) possa essere reversibilmente trasformato in 2-glicerofosfato, si era ritenuto che questa sostanza potesse essere successivamente ridotta a livello di esoso. Ma già, fin dal 1951, a parte altre risultanze e considerazioni, M. Calvin, A. A. Benson e collaboratori avevano scoperto la presenza di sedoeptulosio-fosfato e di ribulosio-di-fosfato in stadî molto precoci della fissazione di anidride carbonica da parte della pianta verde, e supposto che questi composti dovessero in qualche modo partecipare alla rigenerazione dell'accettore dell'anidride carbonica. Le successive ricerche, condotte per tempi brevissimi di attività fotosintetica, in modo da localizzare la radioattività nei primi prodotti di sintesi, portarono a identificare nell'acido 3-fosfoglicerico (3-PGA) il primo prodotto intermedio stabile della fotosintesi. Sulla base dei risultati conseguiti dal loro gruppo di studio, J. A. Bassham e M. Calvin proposero 1954, 1957) il ciclo di riduzione fotosintetica dell'anidride carbonica riportato nella figura 2.
Secondo questo schema, all'inizio del processo, nella fase fotochimica (o di Hill), avviene la fotolisi dell'acqua in presenza dell'accettore di idrogeno, che è il trifosfopiridinnucleotide (TPN) il quale si riduce a TPNH. Il fatto che il 3-PGA sia anche un prodotto intermedio nel processo respiratorio fece pensare che la fotosintesi comprendesse anche un meccanismo di fosforilazione e che la successiva riduzione del 3-PGA ad aldeide 3-fosfoglicerica decorresse in senso inverso a quanto avviene nel processo glicolitico. Tale riduzione richiede, inversamente a quanto si osserva nella glicolisi, l'intervento di adenosintrifosfato (ATP), che viene sintetizzato anch'esso nella fase fotochimica di Hill e che nella successiva riduzione verrà convertito in adenosindifosfato (ADP) e fosfato inorganico.
Nel ciclo di M. Calvin l'accettore dell'anidride carbonica è una sostanza con catena a 5 atomi di carbonio, il ribulosio-1-5-difosfato (Ru-d-P) che, nella forma enolica, incorpora una molecola di CO2, la quale si attacca al carbonio in posizione 2, operando una carbossilazione catalizzata dal sistema della carbossidismutasi:
L'intervento di una molecola di H2O provoca la rottura della catena carbonica in due tronchi a C3, ottenendosi due molecole di 3-PGA, di cui una sola contiene un atomo di carbonio marcato (proveniente dalla CO2) in corrispondenza del gruppo carbossilico. Le due molecole di 3-PGA, per azione del TPNH e dell'ATP si riducono ad aldeide 3-fosfoglicerica e per l'intervento di una triosofosfatoisomerasi parte dell'aldeide si trasforma in diossiacetone-3-fosfato. Una aldolasi favorisce l'unione di una molecola di aldeide e di una di diossiacetone, con formazione di fruttosio-1-6-difosfato, al quale una fosfatasi stacca una molecola di acido fosforico, trasformandolo in fruttosio-6-fosfato. Il fruttosio-6-fosfato può subire alcune trasformazioni e divenire materiale di riserva (amido, saccarosio), oppure restare nel ciclo della reazione fotosintetica e, attraverso una diversa serie di reazioni, in presenza di determinati enzimi e cofattori (transchetolasi, chetopentosoepimerasi, pentosochinasi, ATP) rigenerare l'accettore della CO2, cioè il ribulosio-1-5-difosfato, necessario perchè il ciclo sia efficiente.
Nella f. la molecola dell'accettore e la molecola di CO2 da incorporare sono come collocati nello stesso recipiente e alla fine del ciclo si ha una nuova molecola dell'accettore. Ciò che è però singolare, nel processo fotosintetico, è che esso mostra un'analogia con il processo di riproduzione degli esseri viventi, nel senso che la rigenerazione dell'accettore è associata non alla degradazione di molecole complesse, come avviene nei processi respiratorî, ma alla loro sintesi, e le molecole dei glucidi catalizzano la loro stessa sintesi partendo da CO2 e da H ad alto potenziale riducente prodotto nella reazione fotochimica di dissociazione dell'acqua.
Nonostante i grandi progressi compiuti, molte lacune esistono ancora nella conoscenza della fisiologia della f. e dei fenomeni collegati. Tra l'altro, la funzione dei pigmenti clorofilliani ed il loro modo di intervento, il meccanismo di sviluppo dell'ossigeno, il meccanismo di assorbimento della luce e della sua conversione in energia chimica, la termodinamica del ciclo fotosintetico del carbonio richiedono ancora molte osservazioni e si aggiungono ad altri problemi di fisiologia cellulare tuttora enigmatici.
Bibl.: E. I. Rabinowitch, Photosynthesis and related processes, New York 1945, 1951, 1956; A. Hollaender (ed.), Radiation biology, New York 1954, 1955, 1956; J. A. Bassham, M. Calvin, The path of carbon in photosynthesis, Englewood Cliffs 1957; E. I. Rabinowitch, La photosynthèse, Parigi 1958; J. Franck, W. E. Loomis, Photosynthesis in plants, Ames, Iowa 1949; R. Hill, C. P. Whittingham, Photosynthesis, Londra 1955; S. Ruben e altri, in Journal of the American Chemical Society, LXI (1939), pp. 661-663; C. B. van Niel, in Adv. Enzym., I (1941), pp. 263-328.