FOTOTIPIA (dal gr. ϕώς, ϕωτός "luce" e τύπος "impronta")
Si suol designare con questo nome, o con quello di eliotipia (da ἥλιος "sole", perché la pellicola fotografica si espone alla luce) ogni procedimento per la riproduzione d'immagini, nel quale, invece che a un disegno, si ricorra ad una pellicola fotografica, positiva o negativa, per incidere chimicamente o meccanicamente il metallo, su cui rimane impressa l'immagine da riprodurre con mezzi tipografici. Si hanno così la fotocalcografia (o elioincisione, eliografia, eliotipia), la fotocalcografia rotativa o rotocalcografia, la fotoincisione a reticolato (o autotipia, fototipografia, a mezzatinta), ecc. Più propriamente, secondo alcuni, il nome di fototipia (o eliotipia, fotocollografia) spetterebbe al sistema fondato sulla scoperta fatta da A. Poitevin, nel 1855, che la gelatina bicromata, inumidita leggermente, assorbe l'inchiostro grasso nelle parti esposte alla luce e non nelle altre: sistema reso praticamente industriale da E. Albert nel 1869. Esso consiste nello stendere uno strato di gelatina bicromata sensibile su una lastra di cristallo smerigliato: dopo averla impressionata sotto negativa o pellicola fotografica, si sviluppa l'immagine con acqua comune, e si procede alla stampa mantenendo sempre lo strato di gelatina (liberato dall'eccedenza del bicromato) a una data gradazione d'umidità. V. grafiche, arti.