FRANCA da Vitalta, santa
Discendente dalla nobile famiglia dei conti Vitalta, feudatari del contado piacentino nei pressi di Castellarquato e partecipanti attivi alla vita politica della città, nacque nel 1175, come viene tramandato quasi concordemente dalle fonti.
La viva e sincera religiosità dei genitori furono alla base dell'educazione familiare e F. non incontrò opposizioni quando, all'età di sette anni, espresse il desiderio di entrare in monastero come educanda. Nel 1182 fece quindi il suo ingresso nel monastero benedettino di S. Siro in Piacenza, accolta dalla badessa Brizia. Al compimento dei quattordici anni, sotto il vescovo Tedaldo da Milano, fece la professione perpetua: F. divenne parte integrante della vita della comunità monastica, dove godeva di prestigio e ammirazione per la rigorosa attuazione della regola. Già nel 1191, nonostante la giovanissima età, il suo nome venne incluso tra quelli delle monache testimoni all'importante atto di cessione in affitto - da parte della chiesa di S. Savino - della chiesa di S. Martino di Pontenure e di tutti i suoi beni a Brizia e al monastero di S. Siro, con un censo annuo di 160 libbre di cera.
Alla morte della badessa, avvenuta non prima del settembre del 1199 (e non nel 1198, come tutta la storiografia a partire dal Campi ritiene) - data in cui ancora Brizia acquistava terreni nell'area suburbana circostante il monastero - il capitolo conventuale elesse all'unanimità F. come nuova superiora.
Le contrapposizioni politiche che in quel periodo stavano scuotendo la città (Canetti), contemporaneamente all'aspro dissidio in atto già da alcuni anni tra potere comunale e Chiesa cittadina, ebbero come conseguenza una serie di interventi papali nei confronti della Comunità piacentina, culminati nell'interdetto che condusse all'esilio volontario il clero (verosimilmente solo quello del capitolo della maior ecclesia) e il vescovo, prima a Cremona e poi a Castellarquato, dal 1204 al 1207 circa. Innocenzo III nello stesso 1204 scomunicò i consoli cittadini, privando due anni dopo la città della sede episcopale, per il perdurare caparbio delle ingerenze arbitrarie del Comune nei fatti ecclesiastici. Tale tensione politica - di cui Campi (1651, pp. 92 s.) segnala fonti documentarie non sempre verificabili -, giunta a composizione soltanto quando Obizzo vescovo di Parma assolse il Consiglio e il popolo di Piacenza (22 o 23 dic. 1215), non mancò di ripercuotersi anche all'interno delle mura di S. Siro. Qui, forse a opera di Binia Porta, appartenente alla famiglia opposta ai Vitalta, si era formato un partito avverso a F., forte anche dell'appoggio, più o meno consistente, del vescovo Grimerio, fratello di Binia. Il Procaccianti attribuisce il ridimensionarsi della situazione anche all'intervento di Folco Scotti (poi vescovo della città dal 1210 al 1216 e santo), allora prevosto di S. Eufemia, che avrebbe contribuito a far sì che il vescovo si ricredesse sul conto di Franca.
Nel 1210 (secondo Reoldo; 1212 per Campi) ebbe luogo l'incontro con la giovane Carenzia Visconti, incontro che si rivelerà fonte di ulteriore crescita sia della fama sia della fortuna di Franca.
Discendente dal ramo visconteo piacentino che diede fra gli altri i natali a Baiamonte, abate del monastero cistercense di Chiaravalle della Colomba in quegli stessi anni e a Tebaldo, futuro papa Gregorio X, Carenzia, pur destinata a un matrimonio di alto rango, rinunciò al secolo per consacrarsi alla vita monastica, dopo che ebbe trascorso un anno di prova, su consiglio di F., presso uno dei pochi monasteri cistercensi femminili già avviati a pieno titolo, a Rapallo, in Liguria.
Con la cospicua dote che le era destinata, la giovane Visconti chiese alla famiglia di costruire a sua volta un monastero dello stesso Ordine, dove lei stessa desiderava risiedere. Ebbero inizio allora le complesse vicende della serie di fondazioni monastiche che segnarono gli ultimi anni della vita di F.: secondo la tradizione dal 1214 fino alla sua morte F. e la sua comunità compirono infatti vari trasferimenti, nella continua e insanabile tensione tra l'applicazione più rigorosa ed essenziale della regola e le necessità quotidiane, prima tra tutte quella della stessa incolumità, minacciata dalle continue scorrerie e ruberie nel contado piacentino a seguito delle rivalità e delle tensioni interne ed esterne presenti nella vita cittadina. In base alla documentazione, invece, resta assodata la presenza di F. come badessa di S. Siro almeno sino al maggio 1216, quando ancora presenziò a un'investitura di terre a nome del monastero.
Il primo nucleo di tali fondazioni, nato dalla volontà e dalla vocazione di Carenzia, sorse - secondo il parere unanime degli storiografi - nel 1214 a Montelana, dietro licenza del vescovo Folco Scotti, a seguito dell'acquisto o della donazione del terreno da parte dei Visconti stessi. Un secondo monastero, quello di Vallera, venne fondato all'incirca nello stesso periodo. La documentazione a noi nota non attesta l'effettiva presenza di F., anche se nelle fonti compare una "Franca" - senza però la denominazione "de Vitalta" - presente in un atto di investitura ad fictum del 1214. La storiografia, pur nell'incertezza dei dati riguardanti F., attesta comunque una serie di atti giuridici riguardanti la comunità guidata dalla nobile piacentina, che condussero le monache a trasferirsi in tre sedi diverse, ultima delle quali - e definitiva - quella di Pittolo presso Piacenza (fondata, secondo Campi, il 10 apr. 1218), detta di S. Maria del Terzo Passo.
Quale che sia la veridicità delle fonti documentarie citate dal Campi - come si è detto non più completamente verificabili - e la correttezza della loro interpretazione, rimane l'immagine di una comunità intorno alla quale F. aveva saputo creare, con la sua stessa vita al di sopra di ogni sospetto, una rete di benefattori e sostenitori, dai quali giungevano non solo consacrazioni alla vita monastica, ma anche lasciti in natura, preziosi per la fioritura e la propagazione dell'Ordine sul territorio. Il fervore di F. in ogni attività, da quella di amministrazione dei beni e possessi del monastero a quella più minuta riguardante l'equilibrata gestione della quotidiana vita comunitaria, traeva vita e ispirazione dalla tensione spirituale della giovane, che le fonti ci presentano incessantemente intenta alla preghiera, alle pratiche ascetiche, alle veglie, ai digiuni.
La resistenza fisica di F. non fu pari alla tenacia spirituale: le frequenti cadute sul pavimento, testimonianza - secondo la Vita - di come la santa continuamente "contendebat cum diabolo" durante le veglie notturne (Reoldo, col. 392), la sua ostinazione nel volersi cibare di alimenti scotti e sconditi - nonostante le sofferenze allo stomaco - e la mancanza di riposo la portarono in breve tempo al deperimento e alla morte, avvenuta a Pittolo il 25 apr. 1218.
La prediletta Carenzia Visconti succedette a F. nella direzione della comunità di Pittolo, la cui solidità e compattezza si manifestò nelle nuove fondazioni monastiche che, prendendo iniziativa da quella stessa, fiorirono in tutto il Nord Italia.
Secondo la tradizione, F. venne canonizzata viva voce da Gregorio X, papa piacentino, nel settembre 1273, in occasione del viaggio per recarsi al concilio di Lione. La questione, tuttavia, rimane del tutto aperta in assenza di documenti che ne attestino la veridicità, ed essendo state riportate dal Campi stesso divergenze da parte della storiografia a lui anteriore.
A tutt'oggi il culto di F. è vivo nella città e nella provincia di Piacenza. Ricordata dalla Chiesa il 26 aprile, le sue spoglie sono conservate a Piacenza, nella chiesa dedicata a S. Raimondo.
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