RAME, Franca
RAME, Franca. – Nacque a Parabiago (Milano), il 18 luglio 1929, da Domenico, attore e direttore di compagnia, e da Emilia Baldini, maestra e attrice. Sorella minore di Enrico e di Pia.
Attrice e drammaturga, fu un punto di riferimento artistico e politico del panorama culturale italiano per oltre quarant’anni. Interprete di sorprendente bellezza, aveva un senso raffinato del ritmo e della gestualità che sapeva sfruttare a fondo nel repertorio comico-satirico. La sua recitazione colpiva altresì per la precisione con cui l’attrice riusciva a percepire i tempi del pubblico e a interagire con esso, dote esaltata dalla maestria con la quale venivano adoperate le tecniche dell’improvvisazione apprese in giovane età. Nell’arco della sua carriera Rame ebbe inoltre l’occasione di mostrare un certo talento tragico, più raramente utilizzato.
Figlia d’arte, ricordava spesso di essere andata in scena neonata, nel ruolo del figlio di Genoveffa di Bramante. Cresciuta in una famiglia di attori girovaghi e burattinai di antiche tradizioni, l’attrice imparò fin da giovane le tecniche necessarie alle rapide trasformazioni del repertorio. Grazie ai suoi racconti sappiamo che il padre era solito narrare dettagliatamente la trama di una storia alla sua compagnia, in modo che gli attori avessero i punti di riferimento necessari per procedere poi ‘a soggetto’. Così l’attrice acquisì la pratica di «recitare la situazione, non il testo» (Rame - Fo, 2009, p. 19) e di muovercisi dentro con disinvoltura.
A sedici anni interpretò il ruolo di Giulietta accanto a un giovane Enrico Maria Salerno, ingaggiato dalla compagnia di famiglia. Nel 1950, lasciata l’impresa familiare, fu scritturata con la sorella Pia nella compagnia di Tino Scotti per la commedia Ghe pensi mi di Marcello Marchesi. L’anno successivo recitò nella compagnia Nava-Parenti per lo spettacolo di rivista Sette giorni a Milano e conobbe Dario Fo. Nel 1952 debuttò nel cinema, recitando con Walter Chiari, nel film Lo sai che i papaveri per la regia di Marcello Marchesi. Partecipò in contemporanea agli spettacoli di rivista Cocoricò e I fanatici della compagnia Billi e Riva. Nel 1953 interpretò per la prima volta uno spettacolo scritto da Fo, Il dito nell’occhio, a cui presero parte anche Giustino Durano, Franco Parenti e Jacques Lecoq.
Cominciò così un connubio artistico e personale che avrebbe legato l’attrice a Fo per tutta la vita. I due si sposarono, infatti, nel 1954 e nel 1955 nacque il loro unico figlio Jacopo. L’anno successivo, l’attrice interpretò una decina di film di scarso rilievo, a eccezione della pellicola Lo svitato, per la regia di Carlo Lizzani, dove Rame recitò a fianco del marito che ne aveva curato il soggetto. Gli ultimi film di Rame sono del 1957: Amarti è il mio destino, di Ferdinando Baldi; Caporale di giornata, di Carlo Ludovico Bragaglia; Rascel-fifì, di Guido Leoni. Sempre nel 1957 ebbe il primo spiccato successo teatrale con l’atto unico Non andartene in giro tutta nuda di Georges Feydeau, che faceva parte dello spettacolo Tutto il mondo ride, per la regia di Luciano Lucignani. Leonardo Sciascia ricordò la performance dell’attrice nel suo romanzo Il cavaliere e la morte del 1988.
Nel 1957 ebbe origine la prima compagnia Fo-Rame: l’attrice, oltre che interprete, era responsabile dell’organizzazione, mentre Fo scriveva i testi. La compagnia debuttò al Piccolo Teatro di Milano con lo spettacolo Ladri, manichini e donne nude. A questo seguì Comica finale (1957), Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri (1960) e Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961). Nel 1962, la coppia cominciò a lavorare anche per la neonata seconda rete televisiva RAI. L’inaspettato successo di pubblico spinse i dirigenti dell’azienda ad affidare ai due attori la conduzione della trasmissione di RAI Uno Canzonissima, conduzione che venne interrotta dopo le prime sette puntate a causa degli sketch satirici realizzati dal duo. I temi trattati (i morti sul lavoro, la corruzione, la mafia) fecero scandalo; alcuni politici si scagliarono contro i due comici che vennero banditi dal piccolo schermo per quasi sedici anni. L’incidente procurò alla coppia un’enorme popolarità e un successo crescente per gli spettacoli che seguirono: Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), Settimo: ruba un po’ meno (1964) – il primo spettacolo con Rame protagonista – e La colpa è sempre del diavolo (1965). Dopo un anno di pausa, Rame tornò sulle scene con la commedia La signora è da buttare! (1967), che vide anche la partecipazione dei famosi clown Colombaioni. Continuavano, però, i problemi con la censura e con l’ETI (Ente Teatrale Italiano).
Fu così che, all’inizio dei moti del Sessantotto, una svolta politica oltre che artistica portò la coppia a rompere definitivamente con l’ETI e a trasformare la compagnia in un collettivo teatrale indipendente, l’Associazione Nuova Scena, che rinunciò agli spazi teatrali tradizionali e preferì luoghi alternativi di aggregazione (case del popolo, circoli ARCI, palazzetti dello sport); l’intento era quello di raggiungere una fascia di popolazione che rimaneva solitamente esclusa dai circuiti culturali consueti. I primi spettacoli di questo nuovo assetto organizzativo furono Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli e medi (1968), L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone (1969), e Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso (1969). Nello stesso periodo fu messa in scena la prima versione di Mistero buffo (1969), forse lo spettacolo che più di tutti fornì visibilità internazionale alla coppia.
A causa delle critiche allo stalinismo contenute in alcuni spettacoli, la compagnia subì l’ostruzionismo dei vertici del Partito comunista italiano. Questo generò un periodo di serie difficoltà nel reperimento degli spazi dove preparare gli spettacoli. In loro soccorso arrivò il collettivo teatrale La Comune che sostenne le iniziative della coppia fino al 1973. Furono quelli gli anni di Morte accidentale di un anarchico (1970), Tutti uniti! Tutti insieme! Ma, scusa, quello non è il padrone? (1971), Fedayn (1972), Basta con i fascisti (1973) e Guerra di popolo in Cile (1973). A partire dal 1968, gli intrecci tra attività teatrale e politica si erano infatti intensificati. Di questa militanza Rame fu una grande protagonista: fu lei a fondare, nel 1970, Soccorso Rosso, un movimento a sostegno di giovani, studenti e operai arrestati durante le lotte e le manifestazioni. Le turbolenze che attraversarono quegli anni portarono ad alcune frizioni e spaccature interne alla compagnia, che cambiò più volte fisionomia.
Il 9 marzo 1973 a Milano, Franca Rame venne rapita, sequestrata per diverse ore, seviziata e violentata da cinque uomini appartenenti all’area dell’estrema destra. Il caso fu prima archiviato per mancanza di prove e poi riaperto nel 1998 nell’ambito di un’inchiesta più ampia sulla connivenza tra forze di polizia e terroristi di destra negli ‘anni di piombo’. Come racconta Joseph Farrell nel suo libro Dario e Franca. La biografia della coppia Fo-Rame attraverso la storia italiana (Milano 2014), le pagine del rapporto d’inchiesta dedicate a Rame definiscono l’accadimento come uno «stupro di Stato»: l’aggressione sarebbe stata «non solo tollerata, ma commissionata, da funzionari di alto rango dei carabinieri» (p. 152). Alcuni anni dopo l’accaduto, Rame riuscì a trasformare la terribile esperienza in un monologo, Lo stupro, che debuttò nel 1977 all’interno dello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa, e che venne recitato in diretta televisiva nel 1987, durante la trasmissione Fantastico.
Nel 1974 l’attrice animò insieme al marito i lavori di recupero e l’occupazione di un edificio fatiscente in un parco nel centro di Milano: la Palazzina Liberty. In poco tempo la palazzina diventò l’epicentro dell’attività culturale e teatrale milanese e riuscì a resistere ai numerosi tentativi di sgombero. Negli anni successivi andarono in scena Non si paga! Non si paga! (1974), Fanfani rapito (1975) e La marijuana della mamma è la più bella (1976). Del 1977 è invece il primo testo scritto a quattro mani da Fo e Rame, il già citato Tutta casa, letto e chiesa, commedia satirica e grottesca sulla condizione delle donne, che l’attrice portò in tournée in Italia e in Europa tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Sono gli anni dei grandi movimenti femministi, a cui l’attrice aderì e di cui fu punto di riferimento. La sua convinta militanza traspariva anche nei diversi monologhi scritti (Una donna sola; Abbiamo tutte la stessa storia; Io, Ulrike, grido…; Medea; Una madre) che potevano essere inseriti all’interno di spettacoli già esistenti o essere utilizzati come atti unici, come nel caso dello spettacolo Parliamo di donne (prima versione 1976, trasmesso anche in televisione nel 1977).
Gli anni Ottanta si aprirono con lo spettacolo Clacson, trombette e pernacchi (1981) seguito da un’altra pièce scritta a quattro mani: si tratta di Una coppia aperta, quasi spalancata messa in scena l’anno seguente. In questo periodo lo straordinario ritmo di produzione di spettacoli, che aveva caratterizzato gli anni precedenti, iniziò a diminuire. Aumentò invece l’attività pedagogica fatta di seminari, master class e conferenze in Italia e all’estero. Sono questi gli anni dei seguenti spettacoli: Quasi per caso una donna: Elisabetta (1984); Il ratto della Francesca (1986); Il Papa e la strega (1989); Zitti! Stiamo precipitando! (1990); Settimo, ruba un po’ meno n. 2 (1993), reinvenzione dello spettacolo del 1964 aggiornato dopo i fatti di ‘Tangentopoli’; Mamma! I sanculotti! (1994) e Sesso? Grazie, tanto per gradire! (1994) scritto ancora a quattro mani e tratto dal libro del figlio Jacopo Lo zen e l’arte di scopare (Milano 1993). Nel 1997 Rame recitò, con Giorgio Albertazzi, nella pièce Il diavolo con le zinne, scritta dal marito che nello stesso anno fu insignito del premio Nobel per la letteratura. Nelle motivazioni dell’Accademia, fu fatto esplicito riferimento all’apporto fondamentale di Rame anche per l’attività di scrittura di Fo.
Gli ultimi spettacoli furono Ubu Bas va alla guerra e L’anomalo bicefalo, entrambi messi in scena insieme con il marito nel 2003 per denunciare le politiche del governo Berlusconi.
Nel corso di un rinnovato attivismo politico Franca Rame decise di candidarsi per il Senato nella lista dell’Italia dei Valori, con cui venne eletta nel 2006. L’esperienza fu amara e breve come racconta la stessa Rame nel libro In fuga dal Senato (Milano 2013). Le numerose iniziative da lei intraprese, dalla lotta contro gli sprechi dello Stato alla battaglia per i diritti delle famiglie delle vittime dell’uranio impoverito, caddero sistematicamente nel vuoto. Nel gennaio del 2008, inviò al presidente del Senato la sua lettera di dimissioni.
Nelle differenti compagnie e collettivi artistici fondati dalla coppia, Rame curò sempre il lato pratico e organizzativo. Fu lei a salvaguardarne la memoria: raccolse, conservò, fece ordinare e digitalizzare i documenti prodotti dalla e sulla coppia durante la loro lunghissima attività. Questi materiali sono oggi accessibili gratuitamente grazie a un portale on-line creato proprio dall’attrice. Per questo e altri meriti artistici e scientifici (come il puntiglioso lavoro di edizione e curatela di tutti i testi del marito) le furono tributati molti riconoscimenti, tra cui due lauree ad honorem: la prima nel 2000, presso l’Università di Harvard e la seconda, postuma, nel 2014, presso la Sapienza Università di Roma.
Fu colpita da un ictus il 19 aprile 2012. Morì a Milano il 29 maggio 2013.
Opere. Oltre a quelle citate, 22 cose che la sinistra deve fare e non ha ancora fatto, Perugia 2002 (con D. Fo e J. Fo); Una vita all’improvvisa, Parma 2009 (con D. Fo); Non è tempo di nostalgia, Pisa-Cagliari 2013 (con J. Farrel); Nuovo manuale minimo dell’attore, Milano 2015 (con D. Fo).
Fonti e Bibl.: L’Archivio Laboratorio Franca Rame - Dario Fo è stato depositato all’Archivio di Stato di Verona il 23 marzo 2016: si tratta di un fondo ricchissimo, costituito da scritture, dipinti, materiali di scena (vedi www.archiviodistato verona.beniculturali.it).
F. Bollini, F. R., in Enciclopedia dello spettacolo. Aggiornamento 1955-1965, Roma 1966, pp. 924 s.; L. D’Arcangeli, Colloqui sul nostro tempo. Intervista a F. R., in Il gabellino, VII (2005), 12, pp. 2-5; M. Pizza, Al lavoro con Dario Fo e F. R. Genesi e composizione dello spettacolo teatrale, 1996-2000, Roma 2006; Coppia d’arte, Dario Fo e F. R., a cura di C. D’Angeli - S. Soriani, Pisa 2006; La scienza del teatro. Omaggio a Dario Fo e F. R., a cura di R. Brusegan, Roma 2006; L. D’Arcangeli, I personaggi femminili nel teatro di Dario Fo e F. R., Firenze 2009; L. Peja, Le strategie del comico: Franca Valeri, F. R., Natalia Ginzburg, Firenze 2009; Dario Fo e F. R. Una vita per l’arte. Bozzetti, figure, scene pittoriche e teatrali, a cura di E. Marinai - A. Barsotti, Pisa 2009; D. Gambelli, F. R. Lettera 66, in Teatro e Storia, 2014, n. 35, pp. 89-91.