SCANAGATTA, Francesca
– Nacque il 1° agosto 1776 a Milano da Giuseppe, intendente di finanza, e da Isabella Villata e sei anni più tardi – un rinvio all’epoca non insolito e consigliato dall’elevatissima mortalità infantile – fu battezzata con i nomi di Francesca Maria Adelaide nella chiesa parrocchiale di S. Eusebio, che si affacciava su via Brera.
La famiglia paterna, originaria della Valtellina, era stata riconosciuta nobile nel 1778. Come accadeva spesso nel caso delle famiglie recentemente nobilitate, Giuseppe ritenne opportuno rendere ancora più prestigioso lo status della casata facendo percorrere a uno dei figli, Giacomo, la carriera delle armi: nel 1794 gli fece riservare una piazza presso l’Accademia militare imperiale di Wiener Neustadt.
Nel frattempo Francesca aveva seguito il percorso usuale delle fanciulle di buona famiglia. Nei suoi «teneri anni» fu educata in casa da un’istitutrice «francese di nascita, d’indole e di temperamento», mademoiselle Dupuis, che in gioventù aveva calcato le tavole del teatro.
Secondo Giacomo Lombroso, che si preoccupò di trovare alla straordinaria vicenda di Scanagatta una giustificazione ideologico-letteraria in una chiave, se si vuole, protofemminista («le Amazzoni, e le Bradamanti, e le Clorinde essa invidia e di imitare proponesi, convinta che non sono già le virili spoglie, ma bensì il virile cuore che alle alte imprese adduce; onde sdegnando la gonna, l’ago ed il fuso che alle imbelli arti condannano parte dell’umana famiglia, pensava sino da’ suoi verdi anni come scuotere il barbaro giogo, come imbrandire la spada, come percorrere i campi» di battaglia), fu soprattutto Dupuis che contribuì ad accendere «la focosa [...] imaginazione (sic!)» di Scanagatta (Lombroso, 1843, pp. 112 s.).
Nel 1790 l’educazione di Scanagatta, che aveva appreso da Dupuis il francese e il tedesco e si era distinta sia nelle lettere sia nelle scienze, fu affidata alle dame della Visitazione (monastero milanese di Santa Sofia), ma nel 1794 il padre, che doveva accompagnare Giacomo all’accademia militare, pensò di approfittare del viaggio in Austria per collocare la figlia nel collegio delle Salesiane di Vienna. Alla vigilia della partenza, Giacomo, che tra l’altro era privo di vocazione militare, si ammalò. Giuseppe, che doveva anche sistemare degli affari a Venezia, decise di effettuare lo stesso il viaggio con la figlia, alla quale fece vestire, «per evitare ogni scandalo e ogni pericolo», un «abito virile» (p. 113) e che ribattezzò, in sintonia con l’abbigliamento, Francesco.
Quando Giuseppe dovette prolungare la sua permanenza a Venezia a causa degli affari, affidò Francesco/Francesca a una coppia di conoscenti, che si recava a Vienna, i coniugi Giuliani, i quali, convinti di accompagnare un giovanotto che intendeva abbracciare la carriera delle armi, si fermarono il 16 febbraio 1794 a Wiener Neustadt e la lasciarono presso un maggiore medico dell’accademia militare, Haller. Costui, stando ad accordi precedenti, avrebbe dovuto ospitare nella sua casa Giacomo, il quale avrebbe frequentato l’istituzione da esterno. Anche se in un primo momento Giuseppe avrebbe tentato di far proseguire Francesca alla volta di Vienna, alla fine si sarebbe rassegnato alla sostituzione, probabilmente nella speranza che Giacomo potesse subentrare alla sorella, una volta guarito, nella piazza dell’accademia.
Il 1° luglio fu ammessa all’accademia, che frequentò con ottimi risultati. Il 16 gennaio 1797 ricevette il brevetto di alfiere. Su sua domanda fu mobilitata e assegnata alla 6a compagnia del I battaglione del reggimento di fanteria dei confini nazionali di Varadino - San Giorgio. Con alcuni reparti di questo battaglione fu successivamente di stanza a Troppau (attualmente Opava, Repubblica Ceca), dove condusse delle reclute, e successivamente a Jägerdorf (Sudeti), Klagenfurt (Carinzia), Brno (Moravia), dove fu trasferita nella 4a compagnia del IV battaglione del 56° reggimento Wenzel-Colloredo, che era di guarnigione a Lublino (attualmente in Polonia); raggiunse poi la sua compagnia, che era dislocata a Sandomir (Ungheria). Dal febbraio all’aprile del 1799 fu in convalescenza a causa di un’artrite.
Quando riprese il servizio, fu destinata a un altro reparto di fanteria confinaria, la 6a compagnia del 12° reggimento tedesco del Banato, che raggiunse a Panesova (Voivodina). Dopo alcuni mesi di guarnigione chiese di essere trasferita ai reparti combattenti del reggimento, allora impegnati in Liguria. Nel dicembre di quell’anno combatté in più occasioni, distinguendosi negli scontri presso Borzonasca e Barbagelata, sulle montagne a Nordest di Genova. Il suo eccellente comportamento fu premiato con la promozione, il 1° marzo 1800, a tenente. Nel frattempo il suo battaglione era stato trasferito prima a Compiano (Parma) e poi a Livorno, da dove fu richiamato per partecipare al blocco di Genova, ma in aprile ricevette la comunicazione che il padre la voleva a casa in modo da cedere il suo rango di ufficiale – una pratica allora ammessa – a un altro suo figlio, Guido, che era cadetto. Di conseguenza il comando austriaco ordinò a Scanagatta di abbandonare la divisa e di riprendere la strada di Milano.
I successi di Napoleone la costrinsero a posticipare il ritorno alla vita civile: sostò prima a Verona, poi a Venezia, sempre conservando il suo stipendio da tenente, e soltanto dopo la pace di Lunéville (9 febbraio 1801) poté raggiungere Milano. Il 10 dicembre un decreto imperiale le concesse, quale tenente in ritiro, una pensione annua di 200 fiorini, della quale poteva beneficiare anche risiedendo all’estero. Influì certamente sulla generosità del decreto un Essai sur l’éducation et la conduite de Madem[oisel]le Scanagatti [sic!] lieutenant au Régiment Bannas Allemande dans l’Armée autrichienne, l’an 1800, che Scanagatta aveva pubblicato in quell’anno a Milano per i tipi prestigiosi della stamperia e fonderia al genio tipografico e che fu la fonte principale dei primi biografi di colei che, recentemente e alla luce della decisione di ammettere le donne nell’esercito italiano, è stata celebrata quale «la prima donna ufficiale».
Verso la fine del 1803 conobbe un tenente della guardia presidenziale della Repubblica italiana, il nobile Celestino Spini, originario di Talamona (Valtellina). Il 16 gennaio 1804 i due si sposarono e nell’arco di sei anni ebbero quattro figli, due maschi, Francesco, che fu destinato all’altare, e Giulio, che fece carriera nell’amministrazione asburgica, e due femmine, Rosina e Isabella. Nel 1832 Spini, che era passato all’esercito austriaco dopo la caduta del Regno d’Italia e che aveva raggiunto il grado di maggiore, morì, e Scanagatta ricevette una seconda pensione quale vedova di un ufficiale.
Il mito della «Oesterreichs Amazone» (Ebersberg, 1860, p. 369) fu rinverdito da Lombroso, che incluse la sua biografia nelle Vite dei primarj generali ed ufficiali italiani puntando soprattutto sull’eccezionalità della sua esperienza (p. XIII: una vita «certamente nuova nel suo genere, nuovo forse essendo il caso che una giovane pervenga per tanti anni a mentire il suo sesso») e dalla stessa Scanagatta che nel 1852 inviò una lettera alla direzione dell’Accademia di Wiener Neustadt in occasione dei festeggiamenti per il centenario della sua fondazione. La biografia di Franz/Franziska fu accolta nelle storie dell’accademia, mentre l’arciduca Alberto, il futuro vincitore della battaglia di Custoza del 1866, volle far ricavare un ritratto di Scanagatta dalla stampa pubblicata da Lombroso.
Morì a Milano il 20 novembre 1864.
Fonti e Bibl.: G. Lombroso, F. S., in Vite dei primarj generali ed ufficiali italiani che si distinsero nelle guerre napoleoniche, Milano 1843, pp. XIII, 111-124; T.I. Leitner von Leitnertreu, Geschichte der Wiener-Neustädter Militär-Akademie, II, Kronstadt 1853, p. 194; J. Ebersberg, Lieutenant F. S. Eine biographische Skizze, in Österreichische Militärische Zeitschrift, III (1860), 1, pp. 351-369; C. von Würzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, XXIX, Wien 1875, pp. 7-10; J. Svoboda, Die Theresianische Militärakademie zu Wiener Neustadt und ihre Zöglinge, I, Wien 1894, pp. 287-289; V. Adami, La signorina F. S. milanese ufficiale nell’esercito austriaco, estratto da Rivista d’Italia, 1923, vol. 2, n. 1, Milano 1923; F. Ressa, La prima donna ufficiale, in Informazioni della Difesa, 2006, n. 3, pp. 50-52; G.F. Marzin, Una milanese tenente dell’Imperiale Regio Esercito austriaco F. S. (1776-1864), in Quaderni di oplologia, XXIV (2007), pp. 15-32; T. Del Ninno - F. Feslikenian, F. S. Milanese, ufficiale (1776-1864), Milano 2011.