Alighieri, Francesco
Fratellastro di D., nato presumibilmente a Firenze prima del 1279, morto ivi forse dopo il 1340 o anche 1348. Figlio di Alighiero II e della sua seconda moglie Lapa di Chiarissimo Cialuffi; è detto ser Geri.
Tale soprannome compare per la prima volta in un atto del 20 agosto 1309, in cui fra i testimoni abbiamo " Francischo Allagherii dicto ser Geri ". Questa espressione mise in imbarazzo l'Imbriani, editore del documento, perché troppo inconsueto il " dictus " al posto del normale " vocatus ", per cui cercò di provare contro ogni evidenza che il compendio ‛ dco ' poteva essere un errore di scrittura per il nome proprio " Deo ": così il documento avrebbe come testimone anche un " Deo ser Geri ". Ma se lo studioso avesse conosciuto i documenti del 19 dicembre 1335, resi noti nel 1905 attraverso una citazione fattane da Umberto Dorini, avrebbe visto quanto vano fosse il suo dubbio, perché ivi si legge che Bice Cialuffi, vedova di Scorcia Lupicini, ebbe a mundualdo " Francischum, voc. ser Gierium, f. ed. Alligherii de Alligheriis " che era suo nipote, figlio di sua sorella Lapa; e subito dopo la donna istituì un procuratore " cum consensu dicti Francisci, vocati ser Gerii ". È indubbio quindi che il fratello di D., F., ebbe il soprannome di ser Geri; che si trattasse di un soprannome fu il Del Lungo a renderne avvisato il Barbi, informandolo che il vocabolo " sergeri " Si trova nel prologo della Mandragola, in una ballata del Poliziano, e in altri scritti, col significato di ossequi leziosi e smancerie.
F. sposò verso il 1297 Pera di Donato Brunacci (morta poco prima del 1341), dalla quale presumibilmente non ebbe figli; da una seconda moglie, Francesca de' Lupicini, si pensa che avesse la figlia Martinella (v.), che sposò ser Gregorio di ser Francesco.
A proposito della discendenza di F., il Barbi, portando come prova un estratto del testamento di Martinella del 17 settembre 1417, in cui la donna è detta " filia olim Francisci Dantis Alleghieri ", ha proposto un mutamento nell'albero genealogico degli A.; qualora questa tesi fosse valida, F. avrebbe avuto un figlio di nome Dante, da cui sarebbe nato il Francesco padre di Martinella. Ma di questi presunti A., tolto il documento citato, non vi è alcuna menzione nelle carte della famiglia, per cui, come giustamente osserva il Piattoli, Dante di F. e suo figlio Francesco devono l'esistenza solo all'errore di un notaio; quindi padre di Martinella è proprio il F. fratello di Dante.
F. appare per la prima volta in documenti del 1297 (data nella quale doveva aver già raggiunto la maggiore età), dove col fratello D. dichiara di aver ricevuto mutui. È assai probabile che non fosse coinvolto nella condanna di D. e che quindi non lo seguisse nell'esilio; in un documento del 1305 i beni di D. e suoi sono menzionati come appartenenti a ribelli, ma la circostanza è stata revocata in dubbio dal Barbi. Un prestito di dodici fiorini d'oro contratto da F. in Arezzo, il 13 maggio del 1304, prova forse che egli si recò ad Arezzo per qualche tempo, e che il debito fu probabilmente contratto per venire incontro alle necessità del fratello esule. Dopo la morte di D. entrò in contrasti con Pietro e Iacopo per motivi finanziari, contrasti composti in un lodo del 1332. Firmava nel 1342, per sé e per i nipoti, la pace con la famiglia Sacchetti, ponendo fine al conflitto che s'era aperto con la morte di Geri del Bello (v.). Negli ultimi anni abitava a Bagno a Ripoli.
Figura nel complesso scialba di piccolo commerciante, dedito a modeste speculazioni per la vendita del bestiame e per prestiti di denaro, F. non è mai ricordato da D., ma compare nella tenzone con Forese Donati, nel secondo sonetto di quest'ultimo (" se Dio ti salvi la Tana e 'l Francesco "), dove il sarcastico accenno di Forese sembra significare che i mezzi per sostentarsi D. avrebbe potuto riceverli solo dai fratellastri; ovvero l'augurio che Dio li faccia campare a lungo è ironico, poiché solo la morte di costoro allontanerebbe da D. la miseria.
Bibl. - M. Barbi, rec. a D. Bortolan, Geri del Bello, in " Bull. " II (1895) 68; V. Imbriani, Studi danteschi, Firenze 1891, 80; S. Debenedetti, Un nuovo documento di D. e di F.A., in " Bull. " XIV (1907) 124-136; Zingarelli, Dante, ad indicem; Barbi, Problemi I 157-188, II 149-150, 322-327, 347-370; Piattoli, Codice, soprattutto doc. 150-157; ID., in " Studi d. " XLII (1965) 393-417.