AVELLONI, Francesco Antonio
Nato a Venezia nel 1756 dal conte Casimiro, di origine napoletana, e da Angela Olivati, veneziana, studiò nelle scuole dei gesuiti; fu novizio dell'Ordine e ne uscì per la sua soppressione (1773). Rimasto orfano, dovette lavorare per vivere: cominciò come segretario di un avvocato, ma spinto dall'amico poeta A. Zanchi si indusse a tentare la via del teatro. Scrisse così due tragedie: una, Zelina,non fu mai rappresentata; l'altra, Tamerlana, fu accettata da Girolamo Medebach, che la rappresentò con un certo successo al teatro San Cassiano a Venezia (1775). Tuttavia, rimasto senza mezzi, l'A. decise di lasciare Venezia; direttosi a Napoli per raggiungere certi suoi parenti agiati, ne fu respinto, e per di più durante il viaggio, presso Fondi, fu assalito e depredato dai briganti. Si rivolse allora alla compagnia di A. Bianchi che recitava a Napoli, e fu assunto in prova; la sua prima commedia, Giorgio Willenwelt assassino, ovvero la forza della gratitudine,ispirata al suo incidente di viaggio, fu rappresentata nel 1778 dal Bianchi al teatro dei Fiorentini ed ebbe un tale successo che l'A. - entrò , a far parte della compagnia come poeta stipendiato. Sono di questo periodo: Il ladro per necessità, Il delinquente onorato, La lanterna magica.
Nel 1780 sposò un'attrice, da poco assunta dal Bianchi, la bella Teresa Monti, che fu, con Caterina Manzoni e Margherita Gavardini, una delle più note attrici dell'epoca. Seguì con la moglie la compagnia Bianchi prima al teatro Capranica di Roma (1783), dove si rappresentarono con successo alcune sue commedie lacrimose, fra cui quelle già citate, genere nuovo per il pubblico romano, poi a Bologna, dove furappresentato il suo dramma storico La presa di Belgrado (1790); l'anno seguente la stessa compagnia recitò al San Cassiano di Venezia l'azione allegorica Il sogno di Aristo,e a Modena la commedia La virtù alla prova.Oltre a questi lavori, l'A. scriveva commedie e drammi per altre compagnie, con grande rapidità e versatilità. Nel 1791, lasciato il Bianchi, entrò nella compagnia di L. Perelli, dove rimase fino al 1796; poi in altre, sempre però conducendo una vita randagia e lottando con la miseria. Negli ultimi anni del secolo perse la moglie e i figli. In seguito divenne capocomico, e anche attore, ma con magri risultati; lavorò poi con la compagnia di P. Blanes dal 1813 al 1816, e con quella di L. Vestri dal 1816 al 1821. Infine, vecchio e malandato in salute, si ritirò a Roma nel 1823, ospite del critico e librettista G. Ferretti. Manteneva sé stesso e la seconda moglie dando lezioni e riscuotendo di tanto in tanto i diritti d'autore delle sue commedie. Morì a Roma il 4 novembre 1837.
L'A. ebbe grande notorietà durante la sua vita: autore fertilissimo e rapido nell'invenzione, deve molto della sua fama alla grande quantità di opere che fece rappresentare o diede alle stampe. Gli si attribuiscono circa seicento fra commedie d'intreccio, drammi lacrimosi, fiabe, e allegorie; stabilirne una datazione è quasi impossíbile, anche perché molti suoi lavori, rimasti manoscritti, sono andati perduti, altri comparvero con altra attribuzione. I suoi maggiori successi, oltre quelli già citati, furono: Il colonnello e la pittrice,dramma lacrimoso; la trilogia di Carlo XII re di Svezia; la commedia Contraddizione e puntiglio, di tipo goldoniano, da molti ritenuta il suo capolavoro; la fiaba La casa delle mummie; il dramma militare Napoleone in Egitto.
Tutti questi lavori riscossero un grande seppur effimero successo: l'autore si piegava docilmente, spinto dal bisogno e dalle necessità del mestiere, ai gusti del pubblico meno raffinato, trascurando lo stile e la verisimiglianza. Pur essendo dotato di fantasia e di talento, egli disperse le sue qualità in una così vasta e improvvisata produzione, che, se pure lo rese il commediografo più rappresentato in Italia durante la prima metà dell'Ottocento, fu ben presto dimenticata. Nessuna delle sue commedie gli sopravvisse, tranne Il Barbiere di Gheldria, riesumata da Ermete Novelli al teatro Valle di Roma il 2 febbr. 1894.
Bibl.: A. Valeri [Carletta], Fr. A. A., in La Nuova Rassegna, II(1894), pp. 208-212, 315-320; L. Rasi, I comici italiani,I, Firenze 1895, pp. 237 s.; G. Natali, Il Settecento, II, Milano 1950, pp. 921-923, 934; I. Sanesi, La commedia,II, Milano 1954, pp. 460-469; Encicl. dello Spettacolo, I, coll.1175 s.