D'AMELIO, Francesco Antonio
Nacque a Lecce il 5 giugno 1775 da Pasquale Fortunato e Maria Maddalena Altamura. Nulla si sa della giovinezza e dei primi studi. Trascorse gran parte della sua vita lavorando come verificatore nell'Ufficio leccese del Registro e bollo. Insensibile agli sconvolgimenti politici che caratterizzarono la sua epoca, il D. coltivò soprattutto l'amore per la poesia in vernacolo. Nell'anno 1810 egli sposò Elena Licastro. Qualche anno dopo, per la dura repressione seguita ai moti napoletani del 1820-21, sospettato di appartenere a società segreta, venne tacciato di irregolarità amministrativa e sollevato dall'incarico che ricopriva.
Attraversò un lungo e difficile periodo, allietato unicamente dall'esercizio letterario. Nel 1832 chiese con insistenza - ma inutilmente - a Carlo Ungaro, nuovo intendente generale della provincia di Lecce, di essere riammesso al lavoro. Quello stesso anno, per accaparrarsi la stima del funzionario, il D. gli dedicò la prima silloge di liriche in dialetto salentino, stampata a Lecce col titolo di Puesei a lingua leccese.
Il volumetto riunisce diciotto componimenti divisi in due parti: la prima raccoglie tredici poesie, sei di carattere storico e sette umoristiche; la seconda cinque liriche di argomento sacro, dialoghi e monologhi, ispirate al Natale.
Nella prima sezione, oltre alla Dedeca all'Ungaro, spiccano i versi storici de Lu bbuccamentu de Nnibale e Scepione, Subbra a Enea quandu scappau de Troja, La morte de Lucrezia rumana, - dove le vicende umane sono permeate di una robusta comicità, che spesso diventa però grossolana e volgare -, e alcuni quadretti di vita leccese, descritti con piglio agile e sicuro, come A nn'amicu pe nu caddhru ci n'ia muertu de sùbetu, Lu carniali de lu 1829, ci se Ilecenzia de Lecce, Buenu aùru de l'annu 1830 a D. Pietro N. N., Lamentu de nu gioane ci pe Ila luna nu putia descorrere culla nnamurata.
Nella seconda parte, invece, le Puesei sacre, con la loro suggestiva carica religiosa, rappresentano forse il nucleo artisticamente più genuino dell'opera del D'Amelio. Si ricordano particolarmente il Dialegu subbra a Ilu Mmamminu tra lu Ronzu e lu Nardu, Lu Nniccu a Ilu presepiu, Subbra lla nasceta de Gesù Cristu.
Il sorprendente successo di pubblico riportato dalle Puesei convinse l'Ungaro a reintegrare lo scrittore nei ranghi della pubblica amministrazione, ma solo il 10 febbr. 1835. Quasi sessantenne, il D. venne così nominato segretario del Consiglio di intendenza.
Fu accusato di simpatizzare con la causa risorgimentale allorché, nel 1850, fu visto salutare un gruppo di noti prigionieri politici. Nel 1851 fu comunque promosso vicecapo d'ufficio. In quell'anno gli morì la moglie.
Nel 1858 il vecchio poeta venne collocato a riposo. La morte lo raggiunse a Lecce il 28 luglio 1861.
Primo poeta salentino ad usare il dialetto a fini letterari (e su argomenti storici prima ancora di Pascarella), il D., pur denunciando una fragile ispirazione poetica, si dimostra verseggiatore puntuale, ed offre il meglio di sé quando dipinge, con occhio attento, degli spaccati d'ambiente popolare leccese soffusi di malinconica ironia.
Visse fino in fondo le contraddizioni della sua vita, e non comprese la portata rivoluzionaria degli eventi storici del suo tempo. Piccolo travetto (la sua vita ricorda quella di un altro contemporaneo, anch'egli impiegato nell'Ufficio del Registro e bollo - ma di Roma -, e poeta di ben altra tempra: il Belli), iI D. riacquista solo parzialmente dignità con la poesia.
Vi furono quattro edizioni (tutte a Lecce) delle Puesei a lingua leccese. La prima nel 1832; la seconda, a cura del nipote Oronzo D'Amelio, e accresciuta di altra poesie, nel 1868; la terza, sempre curata da Oronzo D'Amelio, nel 1882; la quarta, infine, chiosata da Ersilio Bicci, nel 1888.
A queste va aggiunta quella, riccamente annotata, di Nicola Bernardini (compresa nel suo Francescantonio D'Amelio. I suoi tempi e le sue poesie, pp. 112-226) dove sono riportati molti inediti (pp. 227-295), tra cui si evidenziano la. Canzune a Ilu Mmamminu, Li 2 de Frebbaru 1836 e la Preghera a Santu Ronzu pe llu càutu ccessìu de st'annu 1841 (queste ultime due circolavano già in pubblico vivente l'autore), Sunettu a Ilu Mmamminu cu la cuda, A nn'amicu ci aìa le cacareddhre (1809).
Si segnalano, ancora, Allu Mmamminu. La mala annata de lu 1843 e La bona nnata de lu 1844 riprodotti da Nicola Vacca (Dameliana, pp. 51-56).
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