ROCCO, Francesco Antonio Maria (in religione Gregorio Maria, padre Rocco)
– Nacque a Napoli il 4 ottobre 1700 da Matteo e da Anna Storace, proprietari di una bottega di filo per bottoni.
Le notizie che lo riguardano sono numerose, ma in gran parte derivanti dal profilo agiografico tracciato da Pietro Degli Onofri, che dedicò a Rocco un’ampia sezione dei suoi Elogi storici (1803) esaltandone le doti di predicatore, descrivendolo come un abile organizzatore di riti e processioni, ascoltato dalla corte borbonica e dai fedeli, tanto da poter essere definito «arbitro della plebe presso del Sovrano» e «arbitro del Sovrano presso della plebe» (p. 268).
Dopo aver frequentato le scuole dei gesuiti, Rocco entrò nel convento domenicano del quartiere Sanità e fu ammesso alla solenne professione di fede il 25 marzo 1719. Nel 1722 fu assegnato al collegio del Monte di Dio di Pizzofalcone, ottenne l’ordinazione sacerdotale un anno più tardi e divenne lettore filosofo per i laici professi. Ben presto cominciò a manifestare interesse per la pratica missionaria. La sua azione pastorale ebbe inizio nel 1727 e proseguì quasi ininterrottamente per 55 anni.
Lavorò al fianco del predicatore gesuita Francesco Pepe (1694-1759), impegnato ad agitare gli animi del popolo contro le logge dei Liberi muratori che negli anni Quaranta raccolsero a Napoli un sostanzioso numero di adepti. Insieme a Pepe, Rocco collaborò anche alla fondazione di centri di ricovero per poveri e malati, nonché di ritiri per donne escluse dal mercato matrimoniale.
Nel 1751 promosse una raccolta di donazioni per l’erezione del Real Albergo dei poveri, fortemente voluto dalla famiglia regnante. Stando alle ricostruzioni agiografiche, riuscì anche a coadiuvare il governo nella lotta contro il meretricio e il vizio del gioco, suggerendo la pubblicazione di prammatiche che minacciavano pene pecuniarie e reclusione per i trasgressori (Degli Onofri, 1803, pp. 414-417).
La vicinanza a Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia, tuttavia, non aiutò Rocco ad avere buoni rapporti con il ministro Bernardo Tanucci, uno dei collaboratori più fidati del sovrano. Dopo l’abdicazione di Carlo, avvenuta nel 1759, Rocco rimase privo degli appoggi a corte che gli avevano conferito prestigio. I rappresentanti del potere borbonico guardavano con sospetto alle sue capacità di controllare gli umori delle masse, arrivando a considerarlo come un perturbatore della pubblica tranquillità. Nel 1762 il generale dei domenicani si decise a mettere un freno alle tensioni con i poteri secolari intimando a Rocco di allontanarsi dalla capitale. Il predicatore rimase per due anni in un istituto di Somma Vesuviana, prima di far ritorno a Napoli nel 1764, nei mesi più delicati della carestia che stava affliggendo il Regno e che era ormai sfociata in una virulenta epidemia. Furono gli stessi membri dell’esecutivo a chiedere il suo intervento diretto, intendendo sfruttare il suo carisma in un momento di emergenza. La sua azione si concentrò nell’area del ponte della Maddalena, dove fece costruire delle baracche per la cura degli infermi, facendoli lavare nell’acqua di mare, bruciando i loro abiti, nutrendoli con minestra e pane.
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo, Rocco fu coinvolto nelle vicende legate alla ‘santa viva’ Isabella Milone (1724-1782), beghina originaria di Perdifumo e divenuta famosa a Napoli grazie al sostegno di numerosi fedeli e di autorevoli membri del clero diocesano che la credevano capace di miracoli e profezie. Nell’aspro dibattito nato intorno alla visionaria, il predicatore prese le parti dei detrattori, sostenendo pubblicamente la tesi dell’impostura. I promotori del nuovo culto reagirono con veemenza, accusandolo di pratiche sessuali illecite e denunciando una sua presunta «prattica inveterata» con una prostituta che operava nei pressi del Teatro Nuovo (Napoli, Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Mss., XX.D.28: Professione di Fede Del Sacerdote Secolare Basilio Finoro al Dottore nell’una e l’altra legge).
Rocco giocò un ruolo importante durante le eruzioni del Vesuvio, in particolar modo nel 1767 e nel 1779, contribuendo sia a frenare il panico della plebe sia a organizzare processioni in onore del patrono s. Gennaro per invocare la protezione celeste sulla città. All’inizio degli anni Settanta risale invece la più famosa delle sue iniziative: l’introduzione di un sistema di illuminazione nelle strade di Napoli. In realtà, l’esecutivo borbonico aveva cercato di agire autonomamente, ordinando l’installazione di lampade nei pressi di banchi e pubblici uffici, palazzi nobiliari, abitazioni di funzionari, ministri e ambasciatori stranieri. Cento punti di illuminazione erano stati posti nella strada che portava dalla chiesa della Madonna dei Sette Dolori a Porta Nolana, ma a causa di atti vandalici l’area era presto tornata nel buio. Rocco suggerì quindi a re Ferdinando di adottare una nuova strategia e riuscì a ottenere la sua fiducia. Fece fabbricare trecento copie di un quadro della Vergine da lui stesso denominato S. Maria Scala Coeli, ritrovato in un sotterraneo del convento di S. Spirito. Ordinò la costruzione di cento croci di legno e, d’accordo con il reggente della Vicaria, fece collocare gli oggetti sacri nelle principali arterie cittadine con nicchie e piedistalli. Ponendo due luci a presidio delle piccole edicole votive, invitò i fedeli ad averne cura. Anche viaggiatori stranieri come Henri Swinburne si dissero impressionati dal contributo del predicatore nell’installazione del nuovo sistema.
Il 12 luglio 1782 Rocco fu assalito da un attacco di podagra che lo portò a spegnersi il 2 agosto del mese successivo.
Fonti e Bibl.: Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), a cura di R. Mincuzzi, Roma 1969, pp. 90-92, 862-864.
H. Swinburne, Travels in the Two Sicilies by Henry Swinburne, Esq. in the years 1777, 1778, 1779, and 1780. The second edition, II, London 1790, p. 107; P. Degli Onofri, Elogi storici, Napoli 1803, pp. 253-472; Nuova collezione delle prammatiche del Regno di Napoli, I, Napoli 1803, pp. 366-370; Il Narratore di C.T. Dalbono, I, Napoli 1838, pp. 288-293; A. Dumas, I Borboni di Napoli, I, Napoli 1862, pp. 274-314; S. De Renzi, Napoli nell’anno 1764 ossia documenti della carestia e della epidemia che desolarono Napoli nel 1764 preceduti dalla storia di quelle sventure, Napoli 1868, pp. 72-75, 80; A. Capecelatro, La vita del padre R. narrata particolarmente ai popolani, Roma 1891; B. Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, II, Bari, 1927, pp. 118-120; H. Acton, The Borbouns of Naples 1734-1825, London 1956, pp. 83 s.; D. Ambrasi, Aspetti della vita sociale e religiosa di Napoli tra il 1759 e il 1776 attraverso le lettere di B. Tanucci a Carlo III, in Campania sacra, III (1972), pp. 99-102; R. De Maio, Religiosità a Napoli, Napoli 1997, pp. 324 s.; E. Novi Chavarria, Il governo delle anime. Azione pastorale, predicazione e missioni nel Mezzogiorno d’Italia (secoli XVI-XVIII), Napoli 2001, p. 274; O. Chadwick, The Popes and European revolution, Oxford 2003, p. 160; P. Palmieri, I taumaturghi della società. Santi e potere politico nel secolo dei Lumi, Roma 2010, pp. 185-222; D. Carnevale, L’affare dei morti. Mercato funerario, politica e gestione della sepoltura a Napoli (secoli XVII-XIX), Roma 2014, pp. 319 s.; P. Palmieri, Le verità di Isabella. I falsi santi fra giustizia, propaganda e invenzioni letterarie (Napoli, 1755-1782), in Atti dell’Accademia roveretana degli Agiati, CCLXV (2015), pp. 103-130.