ARCONATI (Arconato), Francesco
Nacque probabilmente intorno al 1600 dal conte Galeazzo Maria. Le prime notizie indirette su di lui risalgono al 1617: nel testamento di Anna Visconti Arconati, madre di Galeazzo, si parla di una rendita di 200 scudi d'oro annui lasciata "a Francesco figlio illegittimo del detto Galeazzo..., o che sii suo figliolo o no..."
L'A. entrò molto giovane nell'Ordine dei predicatori, se già nel 1623 era novizio nel convento di S. Eustorgio in Milano. Professò nel 1626 assumendo il nome di Luigi Maria. Il suo ingresso nella vita religiosa non segnò un distacco dalla famiglia paterna; egli continuò a frequentare la casa degli Arconati e fu costantemente seguito dal premuroso affetto del padre, che gli procurò l'appoggio del card. Francesco Barberini e, tramite questo, il grado, nel 1643, di maestro in teologia. Dopo il 1644 mancano sue notizie.
La corrispondenza tra Galeazzo Arconati e Cassiano Dal Pozzo, maggiordomo del cardinale Barberini, ci permette di conoscere i motivi della protezione e dei favori concessi dal potente uomo di Chiesa al padre domenicano. Il conte Arconati era in possesso fin dal 1600 di alcuni preziosi manoscritti di Leonardo da Vinci (tra i quali il famoso Codice Atlantico) che interessavano sia il Dal Pozzo, per i suoi studi vinciani, sia il Barberini, che desiderava arricchire la sua grande biblioteca personale con le copie di tali manoscritti. Dal conte Galeazzo l'A. fu incaricato appunto di eseguire tutte le copie richieste delle opere di Leonardo (il trattato di ombra e lumi; una miscellanea di meccanica, di idraulica, di macchine guerresche; un'altra miscellanea sulla prospettiva, sul moto dei corpi, sui corpi luminosi e opachi, sul modo di dipingere gli alberi, ora codd. Ambrosiani H 227, H 228, H 229 inf, ordinati dal Dal Pozzo), e fu invitato inoltre a redigere un trattato concernente questioni idrauliche, sulla base di oltre cinquecento sparsi appunti leonardeschi, cui l'A. diede forma organica e per quanto possibile coerente, qua e là sviluppando talune dimostrazioni da Leonardo solo sommariamente accennate, il che mostra in lui interesse e preparazione per i problemi trattati. L'opera, intitolata dall'A. Del moto et misura dell'aqua, fu donata al cardinale Barberini in copia a parte (ora cod. Barb. Lat. 4332).
Dopo che il manoscritto dell'A. entrò a far parte della biblioteca barberiniana fu a lungo trascurato; solo nel 1826, Francesco Cardinali, intraprendendo la quarta edizione della Raccolta di autori italiani che trattano del moto delle acque, scoprì la compilazione dell'A. e ne curò la stampa, pubblicandone poi, nel 1828, un estratto a parte. Tuttavia l'edizione del Cardinali è scorretta, poiché egli si servì non dell'originale, ma di una copia del manoscritto barberiniano. Alle imprecisioni ovviò la successiva edizione di E. Carusi e A. Favaro, i quali tennero presente non solo il codice barberiniano, ma anche, per quanto possibile, i manoscritti di Leonardo.
Bibl.: A. Favaro, Note vinciane, in Atti d. R. Ist. Veneto, LXXIX, 2 (1919-20), pp. 405-432; A. Mazenta, Le memorie su Leonardo da Vinci, a cura di L. Gramatica, Milano 1919, pp. 56 s.; L. da Vinci, Del moto e misura dell'acqua, a cura di E. Carusi e A. Favaro, Bologna 1923, pp. V-XVI; E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato e Cassiano Dal Pozzo, per lavori sui manoscritti di Leonardo da Vinci, in Accad. e Bibl. d'Italia, III(1929-30), pp. 503-518.