ARSILLI, Francesco
Nacque intorno al 1470 a Senigallia, dove morì poco dopo il 1540. Addottoratosi in medicina a Padova nel 1499, si trasferì quasi subito a Roma, dimorandovi sino al famoso Sacco del 1527, allorché fece ritorno nella città natale. Scarse notizie abbiamo su quest'ultimo periodo della sua vita: gli elementi certi si riducono in sostanza a due date, il 1531, quando figura alla corte di Urbino, il 1534, quando sostò per qualche tempo ad Ancona.
Durante la sua dimora romana abbandonò il cognome Salvatico assumendo quello di Arsilli, che il nipote Gaspare accolse a sua volta: cognome che si perpetuerà a Senigallia sino al principio del sec. XIX, quando Giambattista Arsilli designò come proprio erede Paladino Mercuri, che sposò una Augusti. Tale susseguirsi di adozioni e di parentele spiega come la discendenza del poeta si ritrovi attualmente nella famiglia senigalliese Augusti Mercuri Arsilli, che conserva molti importanti documenti riguardanti l'A., e principalmente un manoscritto autografa delle sue opere.
Intricata è la storia postuma di queste. Nella biografia manoscritta che all'A. dedicò prima del 1730Giambattista Boccolini si accenna all'esistenza, in passato, presso i discendenti, di due manoscritti autografi dell'A., uno dei quali, però, già scomparso dalla biblioteca privata della famiglia. È indubbio che il manoscritto sparito sia quello che vide il Lancellotti a Roma intorno al 1772 presso Gaspare Arsilli, allora ambasciatore di Senigallia presso Clemente XIII. Stando al Vecchietti, che ne descrive uno identico per con!enuto a quello di cui parla il Lancellotti, intorno al 1790 il manoscritto posseduto da Gaspare Arsilli ritornò a Senigallia, ma non nella biblioteca di fanúglia, risultando irreperibile, nel 1837, nonostante le ricerche compiutevi dal Francolini. Questi, principale editore dil parecchie significative composizioni poetiche dell'A., poté utilizzare un solo autografo rintracciato nella biblioteca di famiglia, manoscritto che aveva anch'esso, tempo prima, ma per poco, preso la via di Roma: nel 1770 Giambattista Arsilli, trovandosi a Roma, lo aveva prestato a Francesco Cancellieri, che ne aveva effettuata copia per conto di Girolamo Tiraboschi, dal quale fu utilizzata nel 1779.
La più celebre composizione poetica dell'A. è il De poetis urbanis:dedicata a Paolo Giovio è l'unica composizione importante dell'A. apparsa lui vivente nel 1524, in appendice ai Coryciana, raccolta di versi dedicati alla statua di s. Anna, della Vergine e del Bambino Gesù posta da Janus Goritz nella chiesa romana di S. Agostino. La raccolta, cui collaborarono circa centotrenta poeti e alla quale Blosio Palladio diede l'última mano, fu stampata a Roma da Giacomo Mazzocchi. In questa edizione il De poetis urbanis enumera e celebra circa duecento poeti umanisti viventi a Roma al principio del sec. XVI, un buon numero dei quali appare fra gli autori dei Coryciana.
Nel 1779 il Tiraboschi curò una nuova edizione del testo dell'A., ma nella forma più ampia del manoscritto autografo: cosicché i nomi che figurano nel poema sono, questa volta, trecento, e andrà notato che l'opera aveva, in precedenza, subito una prima rielaborazione poiché lo stesso manoscritto ne conserva una redazione con circa duecentocinquanta nomi. Purtroppo l'edizione del Tiraboschi, ripresa dal Roscoe e cominentata dal Bossi nel 1817, era inficiata dagli errori della trascrizione effettuata dal Cancellieri. Si dové attendere quella del Francolini per avere una edizione soddisfacente della redazione più ampia, esemplata direttamente sull'autografo di Senigallia.
Dallo stesso manoscritto il Francolini pubblicò per la prima volta altre composizioni poetiche dell'A.: un Helvetiados liber, che descrive la battaglia di Novara del 1513 vinta dagli Svizzeri; due libri di Praedictiones mediche, che sono un libero rimaneggiamento dei primi diciannove Pronostica di Ippocrate, dedicati a Paolo III, come già precedentemente a Leone X; un trattato sulla pesca, Piscatio,offerto al duca di Urbino Guidobaldo II della Rovere. Dei versi d'amore dell'A. il Francolini pubblicò però soltanto alcuni brani, uniti ad altre composizioni poetiche minori apparse altrove. Restano così praticamente inediti i Pirmilleidos libri III e gli Amorum libri III, in cui appare spesso il nome di una Pirmilla di Senigallia che aveva acceso il cuore del giovane medico poco dopo il suo ritorno da Padova.
L , A., mentre era a Roma, strinse amicizia con Sebastiano del Piombo, che dipinse tra il 1522 e il 1525 un ritratto del poeta (attualmente presso la famiglia Augusti di Senigallia)., Il Cucchi nel 1927 ne diede una, riproduzione fotografica; precedentemente, nel 1908, il D'Achiardi ne aveva pubblicata una incisione. Una copia - forse di mano dello stesso pittore - figura in una collezione privata di Livorno ed è nota attraverso una fotografia del D'Achiardi. Un'altra copia è nella collezione Fonti di Spoleto.
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 1142 s.; C. Lancellotti, Poesie italiane e latine di Monsignor Angelo Colocci, Iesi 1772, p. 54; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 3, Modena 1779, pp. 174-177, 424-442; F. Vecchietti, Biblioteca Picena, I, Osimo 1790, pp. 218-222; G. Roscoe, Vita e pontificato di Leone X,con note di Luigi Bossi, VII, Milano 1817, pp. 216-263; R. Francolini, Poesie latine di P. A., Senigallia 1837 (fondamentale); P. Cucchi, F. A. medico e poeta senigalliese del sec.XVI, Senigallia 1927 (estr. da Bollett. d. Soc. d. Amici dell'arte e della cultura di Sinigaglia,II);E.Modigliani, Una lettera e un ritratto di Sebastiano del Piombo, in L'Arte, III(1900), pp. 299 s.; P. D'Achiardi, Sebastiano del Piombo, Roma 1908, pp. 193-197 e figg. 37-38; C. Dionisotti, Appunti su Leone ebreo, in Italia medioevale e umanistica, II (1959), p. 426.