XANTO, Francesco Avelli
È uno dei principali e più fecondi seguaci di Nicolò Pellipario nella schiera dei pittori cinquecenteschi di maioliche in Urbino, dove venne dalla nativa Rovigo.
Firmò variamente le sue opere con semplice X, con sigle, ad esempio F. X. A. R. o per intero: "Fran. Xanto Avelli da Rovigo in Urbino"; il rovescio di un piatto annota averlo eseguito nella bottega urbinate di "Francesco de Silvano". Molti suoi pezzi furono lustrati a Gubbio, da M.° Giorgio, che a sua volta li firma, o nella sua bottega. Se ne conoscono maioliche datate dal 1530 al 1542, spesso adorne di stemmi di cospicui committenti (es., Gonzaga, Pucci, Strozzi, ecc.), ma questi anni non chiudono necessariamente il suo ciclo produttivo.
La sua maniera è abbastanza personale; egli prende i soggetti delle sue "storie", spesso con molta libertà, da incisioni del tempo (specialmente dalla scuola di Raffaello), oppure li compone con frammenti desunti da più fonti; il suo disegno però tende a rendere piuttosto pesanti le figure. Anche la sua tavolozza è personale; splendente, robusta, non senza una certa armonizzazione, nei migliori pezzi, delle tinte, fra le quali dominano un arancione (usato spesso a colorire anche le chiome), un giallo avorio applicato a larghi piani, un verde e un nero intensi; nei panneggi è caratteristico lo sfumare di un verde bluastro nel turchino e dell'ametistino nell'arancione. Le figure sono contornate di bruno nerastro, le parti in luce toccate di pallido giallo verde.
Egli di solito lavora in piatti, distendendo la "storia" a soggetto storico e sacro su tutta la superficie; talune opere sono ripetute con qualche variante.
Uomo di notevole cultura, egli sente il bisogno di indicare sul rovescio dei pezzi la fonte letteraria, dalla quale prende il motivo, spesso annotando, oltre al titolo dell'opera, anche il libro o il capo e sintetizzando il soggetto in sonanti endecasillabi di sua fattura, ispirato in ciò dal costume dei clienti della corte ducale d'Urbino. Egli mette a profitto la Bibbia, Virgilio, Ovidio, Livio, Valerio Massimo, Trogo Pompeo, il Petrarca, l'Ariosto, ecc. All'occasione, dipinge anche particolari episodî di vita contemporanea e li glossa con accenti di caldo sentimento d'italianità (Clemente in Castell' chiuso et Roma langue; Di tua discordia, Italia, il premio or hai; Fra l'arme e i'l fuoco stei dal XX al XXX, Ilalia [questo forse più di bottega che suo]; Nel anno de le tribulationi de Italia adi 2 de luglio in Urbino, ecc.; cfr. Corpus della maiolica italiana, voll. I e II).
In un piatto datato 1532 del British Museum riporta alcuni suoi versi dedicati al "Rovere vittorioso", cioè a Francesco Maria duca d'Urbino, al quale dedica anche una collana di sonetti (quasi certamente dell'anno 1537) col titolo: Il ritratto dell'ill.mo ed invittissimo principe Francesco Maria Feltrio della Rovere IIII duca d'Urbino per Francesco Xanto da Rovigo da lui composta in onore del Duca (mss. nella Biblioteca Vaticana, Fondo Urbinate, cod. lat. 794), da cui si deduce che egli è nato circa i primi anni del sec. XVI.
Bibl.: L. Venturi, Studii sul Palazzo ducale di Urbino, in L'Arte, XVII (1914), pp. 415-73; G. G. Vitaletti, F. X. A., Urbino 1912; id., Le rime di F. X. A., in Faenza, VI (1918), p. 11 segg.; G. Ballardini, Corpus della maiolica italiana, II, Roma 1937; id., La maiolica italiana, Firenze 1937.