BABBI, Francesco
Di nobile famiglia volterrana, nato nel 1507, dedicò interamente la sua esistenza al servizio di Cosimo I de' Medici e del successore di lui Francesco I, i quali dal 1538 al 1586 si valsero del B. in continue missioni diplomatiche in vari stati italiani, quasi sempre a Roma (1538-48; 1550-51; 1555-86), ma anche a Napoli (1548-50) e a Ferrara (1551-55). Il B., di modesta fortuna familiare, sostenne con i suoi guadagni non troppo cospicui i fratelli minori Antonio e Raffaello; in seguito prodigò cure paterne a un nipote che gli premorì, lasciando molti debiti, ed egli dovette sostener fino ai tardi anni noiose beghe di interessi con la vedova di costui, poco avveduta amministratrice delle proprie sostanze. Per mezzo del B., Cosimo ebbe occasione di conoscere e stimare Pietro Gelido, un prete della diocesi di Lucca, che il duca assunse al proprio servizio, affidandogli per vari anni l'incarico di agente accreditato presso la Repubblica di Venezia e altre missioni di fiducia. Invece il B., nonostante la laboriosità, l'intuito psicologico e la fedeltà a tutta prova verso i suoi signori, forse per il carattere irrequieto, aspro, perennemente scontento, non si può dire che in cinquant'anni circa di assidui servigi facesse una altrettanto brillante carriera. Eppure più volte non esitò ad affrontare, con grave disagio o con pericolo della vita, situazioni difficili, come quando (nel 1551) a Ferrara ospitò in casa, sotto mentite spoglie, agenti imperiali inviati da Venezia per spiare segrete intese - da lui segnalate in dispacci cifrati a Firenze - tra il duca Ercole e i luterani tedeschi, o quando, nel marzo del 1546, fu rinchiuso nelle segrete di Castel Sant'Angelo per ordine di Paolo III.
Il pontefice, indignato per il rigido controllo che Cosimo pretendeva esercitare sui conventi e particolarmente sui domenicani di S. Marco, che egli aveva espulso da S. Domenico di Fiesole e da S. Maria Maddalena sul Mugnone, essendo al duca molto sospette l'aura di simpatia popolare da cui quelli erano circondati e la loro sorda fronda antimedicea di tradizione savonaroliana, aveva dal novembre dell'anno innanzi indirizzato al duca un breve ultimativo con minaccia di scomunica per indurlo a mutare atteggiamento; e Cosimo aveva ceduto, ma, per rivalsa, aveva proibito qualsiasi elemosina ai conventi e ritirato il proprio residente a Roma, le cui funzioni erano state assunte temporaneamente dal B., segretario di legazione, ospitato, in quel periodo di crisi, presso lo ambasciatore imperiale don Juan de Vega. Il papa aveva allora (15 marzo) violentemente attaccato il duca in concistoro, imposto silenzio al cardinal Salviati che si era levato in difesa di Cosimo e fatto incarcerare il B., sequestrandone gli incartamenti. Si indusse a rilasciarlo non tanto per una protesta di Cosimo indirizzata in forma di lettera circolare a dodici cardinali del Sacro Collegio quanto per le rimostranze del cardinale di Trento, inviato da Carlo V a Roma a sollecitare l'invio di truppe che il papa, entrato in guerra contro la lega di Smalcalda, aveva promesso. Pare che il cardinale facesse intendere a Paolo III che la detenzione del B., durata oltre tre mesi, offriva a Cosimo il pretesto per non contribuire al soccorso in difesa della Cristianità.
Tuttavia il B. solo per il. periodo ferrarese (1551-55) ebbe il grado e la dignità di residente; tornato a Roma, rimase per tutto il resto della vita in sottordine, assieme a numerosi altri agenti, ai vari residenti medicei che si susseguirono in quella sede, dal Serristori al Gianfigliazzi, dal cardinale Alessandro de' Medici, fino all'Alberti. Nel 1564, quando al principe Francesco venne affidata dal padre l'amministrazione dello Stato, vi fu perfino un tentativo di licenziamento, da cui lo salvò Cosimo stesso, da lui visitato in Pisa, che scrisse al figlio il 2 febbraio '64: "Avremmo caro, in considerazione della sua antica servitù con noi e della sua povertà, che vi contentiate per amor nostro rimandarlo consolato a Roma dove speriamo non sarà inutile così al nostro come al vostro servizio sì come fino a qui" (Med.f. 5093 c. 88, Cosimo a Francesco, firma autogr.)
Le sue corrispondenze più interessanti, oltre quelle da residente a Ferrara concernenti soprattutto la guerra di Siena, sono quelle da Napoli, dove fu dall'agosto del 1548 all'ottobre 1550 sia per fare atto di omaggio, a nome di Cosimo, al viceré don Pedro di Toledo in occasione di una grave infermità, sia, tra l'altro, per combinare un matrimonio tra Giulia, figlia naturale del defunto duca Alessandro, e il conte di Popoli. Diverse sue lettere che dipingono al vivo il carattere del viceré e i suoi drastici procedimenti nella repressione del brigantaggio furono pubblicate nel secolo scorso da F. Palermo. Le corrispondenze romane, data la sua condizione di subordinato, sono per la massima parte di ordinaria amministrazione e rivelano di tanto in tanto, e in modo sempre più accentuato la tristezza di una vita fallita. In una delle ultime, del 4 nov. 1585, arriva a scrivere apertamente al principe: "sono capitolato di aver a vivere que' pochi giorni che mi restano con povertà, amaritudine e senza satisfatione alcuna". Anche dalla sua condizione di ecclesiastico non aveva ricavato che un magro beneficio a Castrocaro.
Si ritirò gravemente malato a Volterra e lasciò disposizione nel testamento (26 nov. 1586) che la sua casa in contrada del popolo di S. Michele, con l'orto, e altri beni venissero venduti dopo la sua morte per costituire un fondo a favore di quattro giovani concittadini meritevoli di continuare gli studi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato:le sue corrispondenze si trovano in massima parte raccolte nelle ff. 2886, 2889, 3263, 3590, 3591, 3593, 3594, 3595, 3597, 3598, 3599, 3600, 3601, 3602, 3603, 3604, 4027, inoltre nelle Miscell. Medicee ai nn. 54/37 a c. 14 e 87 (ex 116); Carte Strozziane, I serie f. LXX, n. 30, LXXI, n. 10, LXXII, n. 76; Trentasette lettere di F. Babbi, agente mediceo alla Corte di Napoli al duca di Firenze (25 sett. 1549-18 ott. 1550), a cura di F. Palermo, in Arch. stor. ital., s.1, IX (1846), pp. 117-140; G. B. Adriani, Istoria dei suoi tempi, Venetia 1597, pp. 326, 331; R. Galluzzi, Storia del Granducato di Toscana, Livomo 1781, I, pp. 98-101; L. v. Pastor, Storia dei Papi, V, Roma 1924, pp. 25, 474, 534, 710; VI, ibid. 1927, p. 419; X, ibid. 1928, p. 56; A. Amati, Cosimo I e i frati di S. Marco,in Arch. stor. ital.,LXXXIII (1925), pp. 259-274; G. Coniglio, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo V,Napoli 1951, pp. 68, 86.