BAGGI, Francesco
Nacque a Sassuolo (Modena) il 24 sett. 1783 da Camillo, di famiglia nobile e noto per i suoi rapporti col Tiraboschi e altri letterati. Dal 1795 studiò nel collegio di Correggio, rimanendovi durante i primi anni del dominio francese, mentre il fratello Luigi (1774-1832) faceva le sue prime armi in Francia e poi in Germania. Nel 1805, quando fu costituito in Modena in onore di Napoleone, re d'Italia, un corpo di quaranta guardie nobili a cavallo, vi si arruolò insieme al fratello Luigi agli ordini del colonnello C. Boschetti, e furono entrambi presentati all'imperatore, in occasione della sua visita a Modena.
Poco dopo i reparti regionali delle Guardie d'onore vennero sciolti per ordine del viceré e riorganizzati in Milano su quattro compagnie. Il B. rassegnò le dimissioni, mentre Luigi riprendeva servizio nell'esercito regolare. Ma giunto per il B. il tempo della coscrizione, valutando il rischio di essere incorporato come recluta in un reggimento di linea e desideroso di lasciare Sassuolo per la capitale del regno, ottenne di essere arruolato nel Corpo delle Guardie d'onore in Milano.
Alla fine del 1808 il reparto d'onore terminava il suo addestramento militare e nella primavera dell'anno successivo veniva impiegato, con tutto l'esercito, a contrastare il passo agli Austriaci comandati dall'arciduca Giovanni. Ma, rotta a San Cassano, l'armata iniziava quel disordinato ripiegamento che doveva cessare solo quando Napoleone, vinti gli Austriaci a Ratisbona, mutava le sorti della guerra. Iniziava allora per l'armata d'Italia, rapidamente riorganizzata dal viceré, quella marcia che l'avrebbe condotta attraverso il Tirolo e la Carinzia nella pianura ungherese per essere poi impegnata, ricongiunta alla Grande Armata, nella battaglia di Wagram.
Conclusa la pace, l'esercito tornò a Milano e il B., che aveva partecipato a tutta la campagna, ritenendo i suoi meriti disconosciuti e vista sfumare la promozione ad ufficiale, ottenne con decreto vicereale del 18 nov. 1810 la nomina a sottotenente ed il passaggio alla fanteria di linea. Il fratello Luigi, tornato dalla Spagna dove aveva duramente combattuto, amareggiato dal mancato avanzamento, dava invece, irrevocabilmente, le proprie dimissioni. Con queste due decisioni i fratelli Baggi si ponevano fuori dalla cerchia dei favoritismi che faceva capo al Fontanelli, ministro della Guerra, e cominciava allora per il B. la dura vita dell'ufficiale di linea.
Il nome del B. è legato appunto alla narrazione delle sue vicende di ufficiale subalterno dell'armata napoleonica, narrazione che occupa la prima e più importante parte di un grosso manoscritto di circa mille pagine in quarto, pubblicato in stralcio da Corrado Ricci in due volumi: Memorie di F. B.,I: Napoleone in Italia (1805), campagna d'Austria (1809), campagna e prigionia in Russia (1812-15); II: Moti del 1831, rivoluzione del 1848, guerre italiane del 1849, 1859 e 1866, Bologna 1898. Il primo volume offre una testimonianza immediata su diversi dei più noti avvenimenti delle imprese napoleoniche e getta su questi, attraverso il racconto di vicende personali, una luce particolare e umana, atta a far conoscere da vicino la vita quotidiana di fatica e di stenti, che è l'aspetto meno noto ma non meno straordinario della storia della Grande Armata.
Nominato al 2° reggimento di fanteria di linea, il B. fu di guarnigione a Macerata e Ancona. Nel 1812, in occasione dei grandi concentramenti di truppa che si facevano per la campagna di Russia, partì per Mantova e Innsbruck per poi proseguire fino ad Augusta, dove fu promosso tenente. Aggregato alla 1ª, brigata della divisione italiana, comandata dal Pino, giunse in territorio polacco dove la marcia dei reparti si fece più difficile per l'ostilità delle popolazioni. In territorio russo dovettero procedere aperti in ordine di battaglia, mentre i carri seguivano a fatica, e s'incominciava a patire la fame. Finalmente, il 24 luglio 1812, fu stabilito ad Ostrowno il contatto col nemico, il quale, nella notte stessa, iniziava quel ripiegamento che doveva portare la Grande Armata ad inoltrarsi sempre più nel cuore della Russia e ad allungare le sue linee di rifornimento fino al momento in cui sarebbero state spezzate.
Smolensk, la Moscova e l'incendio di Mosca punteggiarono la loro lunga marcia fino alla metà di ottobre. Quindi cominciarono i primi freddi e i primi rovesci. La ritirata fu tremenda soprattutto per la fanteria italiana, male equipaggiata: a stento il B. con i resti del suo reparto passò il ponte della Beresina e sfuggì più volte ai cosacchi. Ricoverato all'ospedale di Königsberg per il congelamento della falange del piede destro, di cui dovette subire l'amputazione, fu fatto prigioniero dai Russi quando Murat abbandonò senza combattere la città, i carriaggi e gli ospedali. Tradotto con altri ufficiali italiani per Simbirsk sulla riva destra del Volga e poi verso Stavropol, visse per due anni, fino al luglio 1814, da confinato, stabilendo relazioni di viva cordialità con le famiglie dei funzionari e dei proprietari locali.
Il B. ritornò a Sassuolo, dopo molte peripezie, verso i primi del 1815. Ormai stanco e sfiduciato, fisicamente malconcio, accettò il collocamento a riposo con lo scarso mezzo soldo di tenente, concessogli con provvedimento granducale del 18 apr. 1815, e si ritirò a vita privata. Non fu carbonaro, né partecipò ai raduni di ex ufficiali napoleonici; fu spettatore passivo della rivoluzione modenese del 1831 e accettò, a cose fatte, il comando della 6ª compagnia della guardia civica. Ristabilito il potere legittimo, non solo non fu molestato, ma ebbe restituite le armi che gli erano state confiscate nel disarmo della città.
Ricevuto a corte, vi fece sporadicamente mostra di sé; cresciutagli la famiglia, destinò il primogenito Camillo agli studi, mentre inviava il secondogenito Alberto alla scuola dei cadetti dell'esercito austriaco.
All'inizio del 1849 il duca di Modena lo nominò comandante della guardia civica e in tale carica venne poi confermato dal governo insurrezionale. Rifiutatosi di cedere, per rispetto alla parola data, a coloro che chiedevano si dichiarasse decaduta la dinastia degli Estensi, fu lieto di essere esonerato dal comando.
Di sentimenti moderatamente liberali con una punta di anticlericalismo, fautore dell'indipendenza e della riunione degli stati italiani in un forte Stato, come molti ufficiali napoleonici, temeva più di ogni altra cosa il disordine e la guerra civile. Avuta notizia che il figlio Alberto aveva disertato in Milano con tutto il suo reparto ed era passato agli insorti, persuaso che gli avvenimenti volgessero a favore del Piemonte, si fece sostenitore dell'annessione agli Stati sardi.
Verso la fine di luglio 1848, rovesciatasi la situazione e temendo il saccheggio di Modena da parte delle truppe austriache, chiese un passaporto sardo e fuggì con la moglie e il terzogenito Gherardo in Firenze. Ricevute assicurazioni che non sarebbe stato perseguitato, tornò dopo quaranta giorni. Il figlio Alberto, rifugiatosi in Piemonte, ammesso alla scuola militare di Cherasco, doveva poi combattere in Crimea e cadere sul campo di San Martino il 24 giugno 1859, mentre Gherardo, che lo aveva raggiunto dopo i massicci arruolamenti dei primi del '59, scampava miracolosamente alla morte.
Il B. trascorse gli ultimi anni ordinando le sue carte e memorie, amareggiato che, nonostante i buoni uffici del generale Ribotti, Napoleone III non gli concedesse la Legion d'onore cui tanto aspirava.
Mori a Modena il 18 febbr. 1868.
Bibl.: Sulle Memorie del B. v. recensione di C. Rinaudo in Riv. stor. ital.,XV(1898), parte 3, p. 200; sulla importanza di queste per la ricostruzione delle vicende dell'armata italiana in Russia nella campagna del 1812, cfr. C. Zaghi, In margine alla campagna napoleonica del 1812. Italiani prigionieri in Russia, in Rass. stor. del Risorgimento, XXIII (1936), p. 933; vedi anche Diz.del Risorgimento naz.,II,pp. 114 s.
Su Luigi, fratello del B., vedi G. Canevazzi, La scuola militare di Modena (1756-1914), I, Modena 1914, pp. 237-239.
Su Alberto figlio del B., si veda per la sua partecipazione alla spedizione di Crimea la Gazzetta di Genova del 30 ott. 1855 e per la sua morte all'assalto delle posizioni austriache nella battaglia di San Martino il Foglio di Modena del 18 luglio 1859, n. 19.