BAGNARA, Francesco
Nacque a Vicenza nel 1784, di umili natali. Esordì come decoratore di camere; fu poi condotto dal suo protettore, conte Germanico Angaran, a Venezia, dove studiò con G. Borsato, aiutandolo nella decorazione di palazzi e negli scenari che dipingeva per il Teatro La Fenice. Godendo della protezione dei conti Angelo e Spiro Papadopoli, decise di tentare da solo la fortuna e si presentò, verso il 1812, al Teatro di S. Moisè e poi a quello di S. Benedetto. Poiché i suoi scenari riscossero notevole successo il B. divenne in breve tempo lo scenografo ufficiale della Fenice, lavorando insieme con T. Orsi, l'uno per l'opera, l'altro per il balletto, alternativamente (cfr., per le date delle rappresentazioni, M. Nani Mocenigo, Ilteatro La Fenice,Venezia 1926). Allestì per G. Rossini, a S. Benedetto, Odoardo e Cristina;poi, alla Fenice, il Barbiere di Siviglia, Cenerentola, L'Assedio di Corinto, Mosè,la Gazza ladra e, ancora una volta, Odoardo e Cristina. Per Vincenzo Bellini curò gli scenari dei Capuleti e Montecchi. In poco più di vent'anni d'attività alla Fenice avrebbe dipinto, secondo il suo elogio funebre, circa 1100 scenari.
Solo pochissimi teatri facoltosi potevano allora permettersi il lusso di ordinare allestimenti speciali per ogni opera o commedia rappresentata. In genere si usava una limitatissima provvista di scenari che formavano una specie di capitale mobile per ogni eventualità, detto "la dote". La varietà di questi scenari eccedeva raramente la decina.
Il B. aveva dotato diversi teatri di provincia: a Treviso, Vicenza, Bassano del Grappa, Belluno, Rovigo, Legnago, Montagnana, Cittadella, Capodistria; nel 1821 fornì anche bozzetti al teatro di Lubiana.
Come pittore di teatro, costruiva pure, secondo la tradizione settecentesca, "macchine" per feste pubbliche (nel 1835 a Venezia per la festa dell'incoronazione dell'imperatore d'Austria).
Contemporaneamente alla sua attività di scenografo continuava anche, seguendo le orme del Borsato, a decorare a fresco palazzi e chiese. Il B. deve inoltre la sua notorietà all'ideazione di giardini all'inglese. Sulle orme di Giannantonio Selva e specie di G. Iappelli, inventava fabbricati rustici e rovine, laghetti artificiali e ponticelli, montagnole sormontate da chioschi ed erbosi avallamenti. Creò il giardino Revedin a Castelfranco, quello della villa imperiale a Galliera Veneta ed alcuni altri nel Veronese. Ma la sua opera più rinomata era il giardino Papadopoli ai Tolentini a Venezia. Di questo tracciò i piani verso il 1834-35; esso fu poi, verso il 1863, ingrandito e rimaneggiato da Marco Quignon, ed oggi è quasi completalnente distrutto.
Nel 1838 il B. fu nominato professore della cattedra di paesaggio, allora creata presso l'I.R. Accademia di Belle Arti a Venezia, soppressa poi nel 1854, quando egli andò a riposo.
Morì a Venezia il 21 ott. 1866.
Un cospicuo numero di disegni ad acquarello per teatro, in cinque album, possiede il Museo Correr. Vanno dal Aiz al 1856, e comprendono piccoli schizzi a seppia, incollati a gruppi per pagina, ed altri di grande formato, che si possono considerare come bozzetti in avanzato stadio di realizzazione.
Possiamo seguire, attraverso questi album, l'evoluzione dell'arte del Bagnara. I primi saggi sono ancora legati alla tradizione pittorica settecentesca (Galliari, P. Gonzaga, F. Chiaruttini, ecc.). Da notarsi schizzi per l'Amor coniugale (S. Moisè, 1812) e per il Flauto Magico (S.Benedetto, 1819). Altri sono neoclassici (I Baccanali di Roma,di P. Generali La Fenice, 1815; Gli ultimi giorni di Pompei,di A. Jacini, La Fenice, 1831). La maggior parte, però, presenta caratteri romantici. Tra questi il bel bozzetto per L'Assedio di Corinto del Rossini (La Fenice, 1835). In ultimo la maniera del B. scade in una cifra standardizzata. La preoccupazione della verosimiglianza storica era quanto mai scarsa. Gotici erano gli scenari per la Vendetta d'Achille,di S. Nasilini, greco-romani quelli dei Capuleti e Montecchi del Bellini. Sappiamo pure di una Sonnambula,ambientata in un foro romano (Bassano 1835).
Il nome del B. ricorre talvolta nelle cronache teatrali di T. Locatelli sulla Gazzetta privilegiata di Venezia. In esse vengono particolarmente apprezzate una scena notturna dell'Egilda di Provenza,diS. Pavesi, per la sua "artificiosa gradazione dei lumi" (26 dic. 1823), nonché "una scena del mulino a chiaro di lume il cui veramente incantevole effetto nulla avrebbe avuto da invidiare al più finito dipinto fiammingo" della Sonnambula,data alla Fenice il 5 nov. 1835.
Fonti e Bibl.: Venezia, Arch. d. Accad. di Belle Arti, Elogio funebre,ms. del 1866; Gazzetta privilegiata di Venezia,26 dic. 1823, 26 febbr. e 5 nov. 1835, 9 marzo 1837, 9 genn. 1838; B. Cecchetti, Una passeggiata nel giardino dei conti Papadopoli,Venezia 1887; G. Damerini, Giardini di Venezia,Bologna 1921, p. 100; B. Marietti, Echi teatrali di un secolo fa,in Riv. di Venezia,X(1931), pp. 174, 176, 179 (con ill.); N. Ivanoff, Uno scenografo romantico veneziano: F. B. (1784-1866), in Ateneo veneto,CXXVII (1940), pp. 99-104; Encicl. d. Spettacolo,I, coll.1251-1254 (con dettagliato elenco dei bozzetti).