BARONCELLI, Francesco
Non si hanno notizie atte a precisare il luogo e la data di nascita del B.: appartenente a una famiglia, forse di origine fiorentina, stabilitasi a Roma verso la seconda metà dei sec. XIII, nacque probabilmente in questa città nei primi anni del sec. XIV.
Nulla si sa di lui fino al 1347, quando egli viene ricordato fra i più stretti collaboratori di Cola di Rienzo, da poco tempo signore di Roma col titolo di "tribunus". Alla fine del giugno 1347 il B., in quel momento "scriba senatus"(segretario del Senato), fu scelto da Cola di Rienzo insieme con Pandolfuccio di Guido dei Franchi, con Matteo de' Beccari e con Stefanello de Boetiis, perché si recasse come ambasciatore a Firenze col compito di ottenere l'Appoggio della Repubblica fiorentina al nuovo regime popolare romano e di invitarla formalmente al congresso delle città italiane che era stato indetto dal tribuno per il 10 ag. 1347.
Il B. pronunziò davanti alla Signoria di Firenze, il 2 luglio, un ampio e solenne discorso, che, per i suoi espliciti riferimenti alla canzone del Petrarca Spirto gentil' ha destato vivo interesse negli studiosi. Tale discorso prova infatti che la lirica dell'Aretino fu indirizzata veramente, come vuole un'antichissima tradizione, a Cola di Rienzo. Il discorso del B. mette in piena luce i meriti del tribuno, sollecita la conclusione di un'alleanza fra Roma e Firenze, figlia dell'urbe, e si conclude con la richiesta di un contingente di cento cavalieri, che giunse realmente a Roma entro la fine dello stesso mese di luglio. Sull'Autenticità del discorso del B., pubblicato da Burdach e Piur, sono stati avanzati dubbi da alcuni studiosi. Il Crémieux in particolare, senza conoscere l'edizione Burdach-Piur, lo ritenne con scarso fondamento una posteriore esercitazione oratoria.
La caduta di Cola di Rienzo e la restaurazione del vecchio regime aristocratico alla fine del 1347 fecero sparire anche il B. dalla scena politica. Il ricordo della sua attività dì leale e fedele collaboratore di Cola dovette, però, mantenersi ancora vivo negli ambienti popolarì romani. Quando il popolo romano in rivolta spazzò via il governo aristocratico il 14 sett. 1353, proprio nello stesso giorno (la festa dell'esaltazione della Santa Croce), indicato tre anni prima da Cola come quello del suo rientro a Roma, al B. fu offerta la carica di rettore della città. Accettò la designazione popolare e, ricollegandosi chiaramente al precedente di Cola di Rienzo, volle assumere il titolo di "tribunus secundus et primus Romanorum consul illustris".
Pochi i documenti relativi al tribunato del B. conservatici: tre lettere (29 settembre, 7 e 15 ott. 1353) che annunciano alla Signoria fiorentina la sua elezione e sollecitano l'invio a Roma di una persona di fiducia incaricata di discutere la nuova situazione politica; la conferma degli Statuti della Lana e dei Mercanti di Roma (9 ottobre e 4 nov. 1353); un privilegio a favore del castello di Vitorchiano (25 nov. 1353); una sentenza in una controversia tra il monastero di S. Lorenzo fuori le Mura e due Frangipani (7 febbr: 1354), e infine una supplica indirizzata nel primi giorni del marzo del 1354 a Innocenzo VI ed esaudita in data 26 marzo.
Altrettanto scarse e spesso confuse le notizie sulla sua azione di governo nella città fornite dalle cronache contemporanee: secondo Matteo Villani, il B., a cui il cronista attribuisce il soprannome di "schiavo" e la qualifica "di piccola e vile nazione e di poca scienza" (poco conciliabile in verità con ciò che sappiamo della sua attività di scriba del senato e di ambasciatore), avrebbe organizzato il governo romano secondo il modello toscano, sulla base della partecipazione di otto cittadini romani eletti ogni due mesi e della riforma dell'amministrazione finanziaria e giudiziaria del Comune.
Delicati si presentavano i rapporti del B. con la Santa Sede, che in quel tomo di tempo progettava una spedizione a Roma, guidata dal cardinale E. Albomoz, per sottrarre la città al governo aristocratico e restituirla all'obbedienza pontificia. Il progetto del papa Innocenzo VI prevedeva anche l'utilizzazione di Cola di Rienzo, che, liberato dalla sua prigione avignonese il 13 sett. 1353, avrebbe dovuto assicurare l'Appoggio popolare all'azione dell'Albornoz. La sommossa romana del 14 settembre, invece, aveva messo Innocenzo VI davanti al fatto compiuto del governo popolare istituito senza il suo intervento.
Non sembra tuttavia che tra il papa e il B. siano ìntervenuti contrasti, o che il papa stesso abbia assunto qualche iniziativa contro di lui, anche se non risulta che Innocenzo VI lo abbia mai riconosciuto ufficialmente, con tutta probabilità perché già impegnato con Cola di Rienzo, nel quale vedeva certamente un esponente popolare di maggiore prestigio ed affidamento ai fini della politica pontificia. Anzi, quando nel gennaio del 1354 scoppiarono a Roma disordini- sulla cui natura e origine non siamo chiaramente informati - il B. ottenne dal cardinale Albomoz, allora a Montefiascone, l'invio di un distaccamento di mercenari "pro observatione et manutentione status pacifici Urbis qui erat in ruptura".
Il B. rimase in carica con ogni probabilità per tutto un semestre, che era la durata tradizionale per la suprema carica del Comune di Roma, fino al 14 marzo 1354, cioè, quando gli successe Guido di Giordano dei Patrizi dell'isola, che prese il titolo di senatore.
Risulta quindi del tutto infondata la tradizione, accolta dalla storiografia del secolo scorso, che attribuiva la fine del governo del B. all'instabilità della sua posizione politica, gravemente minacciata dalla pressione pontificia e dall'opposizione interna. Secondo tale tradizione egli sarebbe stato estromesso dalla sua carica, se non addirittura ucciso, nel corso di una violenta rivolta popolare già alla fine del 1353.
Il B. morì di morte naturale a Roma il 30 apr. 1354, come ricorda il suo epitaffio, una volta conservato nella chiesa di S. Stefano del Trullo.
Fonti e Bibl.: M. Villani, Cronica, in Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, II, Trieste 1858, pp. 109 s. (lib. III, cap. 78); Briefwechsel des Cola di Rienzo, a cura di K. Burdach e P. Piur, II, Berlin 1928, pp. 34, 44, 46, 120, 241, 243, 246; 111, ibid. 1912, P. 30; IV, ibid. 1912, pp. 7-14, doc. 4 (edizione critica del discorso tenuto dal B. nel corso della sua ambasceria fiorentiná); V, ibid. 1929, PI). 47, 76, 108, 109 s., 129, 355, 457, 459; P. Egidi, Privilegio di F. B., console e tribuno di Roma, in favore di Vitorchiano, in Scritti storici in memoria di Giovanni Monticolo, Venezia s.d. [ma 19221, pp. 333-336; J. Vinogradoff, Miscellanea Romana, in English Historical Review, XLV (7930), pp. 612, 618-620, 622; F. Papencordt, Cola di Rienzo e il suo tempo, Torino 1844, pp. 260-5., 478-480 (pubblica le tre lettere del B. alla Signoria fiorentina del 1353); E. Rodocanachi, Cola di Rienzo. Histoire de Rome de 1342 à 1354, Paris 1888, in). 110, 338-341; F. Gregorovius, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, VI, Stuttgart 1893, pp. 330 S., 348; P. Egidi, Per la vita di F. B. Primo console e secondo tribuno dei Romani, in Scritti di storia, di filologia ed'Arte (Nozze Fedele de Fabritiis), Napoli 1908, pp. 363-377; T. Amayden, La storia delle famiglie romane con note ed aggiunte di C. A. Bertini, I, Roma s.d., pp. 117-121; M. Antonelli, Il cardinale Albornoz e il governo di Roma nel 1354, in Arch. d. Soc. romana di storia patria, XXXIX (1916), p. 587; A. Galieti, La rinascita medievale di Lanuvio e i monaci benedettini, ibid., XLII (1919), ]Pp. 253 S., 264 s.; P. Piur, Cola di Rienzo. Darstellung seines Lebens und seines Geistes, Wien 1931, pp. 68 s., 189-191; B. Crémieux, Sur le destinataire de la canzone "Spirto gentil"..., in Mélanges de Philologie, d'histoire et de littérature offerts à Henri Hauvette, Paris 1934, pp. 102, 103; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel medioevo. I senatori. Cronologia e bibliografia dal 1144 al 1447, Roma 1935, pp. 120 s.; E. Dupré Theseider, Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952, ad Indicem.