BASEGGIO, Francesco (Cesco)
Nacque a Venezia il 13 apr. 1897 da Arturo, violinista di fila, e da Irma Fidora, soprano lirico.
Avviato dal padre allo studio del violino, conobbe G. Giachetti che curava la messinscena della Locandiera al teatro Goldoni e che lo invitò ad assistere alla rappresentazione della commedia. Provandosi in essa quasi per gioco, ne fu affascinato al punto che decise di abbandonare libri e violino per dedicarsi al teatro. Debuttò nelle vesti di un personaggio settantenne, Marco, nella Chitara del papà di G. Gallina.
Nel 1913 comparve nella Compagnia veneziana di G. Baldanello (fu Mometto nei Rusteghi e il conte Ottavio nella Serva amorosa). Scoppiata la guerra, fu arruolato nel genio dove pervenne al grado di sergente maggiore: durante la permanenza al fronte l'eco della sua notorietà di dicitore e di attore giunse al comando militare che gli affidò, in Albania, la direzione del Teatro del soldato per le truppe là dislocate (1917). Congedato, tornò alla sua vita errabonda e non gratificante di comico di provincia. La prima compagnia regolare di cui fece parte come brillante (ma anche sottoruolo) fu, nel febbraio 1921, l'Ars veneta diretta dal Giachetti, composta di quasi tutti giovani, che debuttò proprio allora a Bassano del Grappa.
Quelle recite, nonostante il fine dichiarato di ravvivare il teatro veneto con lavori nuovi, ebbero un'accoglienza tiepida: accanto a Le morbinose, la novità El felze di U. Morucchio (teatro Andreani di Mantova, ottobre) e la ripresa della Brentana di A. Rossato.
Nel 1922 il B. si unì a piccole compagnie con le quali toccò vari paesi veneti; per il carnevale 1923 entrò nella Compagnia della commedia veneziana di C. Micheluzzi, e finalmente, nel 1926, deciso a rivalutare gli autori che il gusto corrente aveva lasciato dimenticare e a lanciare i giovani più dotati, divenne capocomico: la Compagnia veneziana del B. debuttò felicemente nella quaresima al teatro Morlacchi di Perugia con La scoperta de l'America da A. Testoni, cui seguirono Nina no far la stupida di A. Rossato e G. Capo, I rusteghi, L'abate dai bucoli d'oro di A. Boscolo ed altri lavori. L'anno successivo fu quello delle sue prime affermazioni; il B. era ormai conosciuto, oltre che dal pubblico, specialmente veneto, dalla critica militante come un attore padrone della scena, sempre pronto a cogliere l'umore del pubblico e ad accoglierne le migliori sollecitazioni, consigliere premuroso dei compagni di lavoro e direttore, sin da allora, coscienzioso e autoritario. Incoraggiato da A. Boriani, scrisse la sua prima commedia in collaborazione con lui, Sior Rodolfo va lentino (teatro Odescalchi di Roma, 16apr. 1927, parte in titolo).
C. Salvini su Comoedia recensì per la prima volta uno spettacolo della compagnia: l'esito di Puricinela gaveva una gata del Boscolo (prima milanese al teatro Arcimboldi, 9 giugno), "che fu lietissimo, mise in luce le ottime qualità di Cesco Baseggio, che nel corso della stagione si rivelò al pubblico milanese attraverso successi interpretativi sempre più significativi e più calorosi".
Ma la commedia che lo impose all'attenzione anche di R. Simoni fu L'uomoche no capisse gnente di D. Varagnolo (prima milanese allo stesso teatro, 11 giugno), nella quale rivestì la parte dell'anziano Paolo.
Da allora il Simoni registrò una serie incalzante di successi nelle prime milanesi del Baseggio. Questi dette molto rilievo al personaggio del padre "recitando con una nervosità piena di tormento e di affetto", nell'Amorche se paga di G. Cenzato (stesso teatro, 29 giugno), fu Andrea in El sangue no xe aqua del Varagnolo (stesso teatro, 18 luglio) e un vecchietto ruvido e vizioso in La bona mare (teatro Eden, 1 marzo 1930).
Sempre al teatro Eden, il 22 marzo, andò in scena Zente alegra, el ciel l'aiuta, commedia scritta in collaborazione con C. Lodovici (in locandina Lodovico Ceschi), forse la migliore del Baseggio.
Tra il 1932 e il '34 si susseguirono quattro commedie scritte con Lodovici, Fasso l'amor, xe vero; La regina di Rialto; El martirio de San Sebastian; La siora Lucrezia (queste ultime due anche col Galeazzi), di scarsa risonanza, mentre il successo vero, in quel periodo, fu costituito dall'interpretazione del maresciallo Stevanin, reso "con efficacissimi accenti", in Mustaci de fero di G. Rocca (teatro dei Filodrammatici di Milano, 4 nov. 1932).
Lo sguardo ora cipiglioso ora bonario, dei guizzanti occhi chiari, la voce ora roca ora pastosa, i movimenti accortamente studiati in ogni minima sfumatura gli aprirono le porte del giovane cinema sonoro; il regista M. Elter lo invitò a partecipare a Le scarpe al sole, un film ricordato per le belle sequenze di guerra girate sui luoghi stessi dove questa si svolse; il B. conferì al personaggio di Durigan di volta in volta tristezza e allegria, ma soprattutto il tranquillo buonsenso del veterano. Si aprì così, nel 1935, una folta serie di partecipazioni a film di modesto rilievo, talvolta decorosi, che nulla aggiunsero, però, alla sua fama di attore.
Per il luglio 1936 il comitato organizzativo della XX Biennale di Venezia programmò, nell'ambito del II Festival del teatro drammatico, due spettacoli goldoniani affidati alla regia del Simoni; per il secondo, il 17 luglio, il B. interpretò in campo S. Cosmo alla Giudecca Le baruffe chiozzotte (dirette anche da G. Salvini e riprese, con immutato successo, l'anno successivo): S. D'Amico lo definì "impagabile di verve ma anche di misura nella parte di quel padron Fortunato il cui eloquio fa disperare interlocutori e spettatori". Quando il ministero della Cultura Popolare patrocinò la formazione di una grande compagnia stabile veneziana che riunisse i migliori attori veneti allora reperibili, il B. entrò nella Compagnia del teatro di Venezia, diretta da G. Zorzi nel 1936-37 e poi da A. Colantuoni.
Essa debuttò il 28 ott. 1936, al teatro Argentina di Roma, con Irusteghi, preceduti da un discorso di A. Pavolini e accolti entusiasticamente dal pubblico delle grandi occasioni (il B., "magnifico" Lunardo, apparve accanto al Giachetti che in questa commedia recitò per l'ultima volta).
Il 13 luglio 1937 fu Pantalone nel Bugiardo, curato dal Simoni in campo S. Trovaso. Memorabili le interpretazioni di Una delle ultime sere di carnevale (prima milanese al teatro Odeon, 2 maggio 1938) e del Todero brontolon, in cui "trasse alla più viva e, direi quasi, plastica evidenza, tutti gli elementi che compongono la burbanza caparbia e tirannica del protagonista, con una forza comica e drammatica notevolissima che può esser paragonata a quella dei migliori e più illustri interpreti del personaggio" (prima milanese allo stesso teatro, 12 maggio; rimase il cavallo di battaglia dell'attore e tra le commedie più frequentemente proposte al pubblico scolastico). Pure nel 1938 prese parte ai film Giuseppe Verdi di C. Gallone e Lavedova di G. Alessandrini (parte di Anselmo). Nell'ambito dell'estate veneziana si collocarono la seconda edizione del Ventaglio (campo S. Zaccaria, 16 luglio 1939, parte dello speziale Timoteo, regia del Simoni, di C. Pavolini e S. Pirandello) e del Campiello (campiello del Piovan alla Bragoza, 1º luglio, parte di don Fabrizio, regia del Simoni).
Durante la guerra fu assai attivo nel cinema, e talune interpretazioni si qualificarono tra le sue più incisive: nel 1940 apparve nei convenzionali Il carnevale di Venezia di G. Adami e G. Gentilomo e Il piccolo alpino di O Biancoli (parte del soldato Brustolon); nel 1941 nell'Orizzonte dipinto di G. Salvini; nel 1943 in Canal Grande diA. Robilant (parte di Menego), collaborando alla regia, e in Dagli Appennini alle Ande di F. Calzavara, indulgendo ai toni patetici, e raggiungendo il meglio della sua arte nelle Baruffe chiozzotte, poi Paese senza pace, girato con cura in sito pure nel 1943 da L. Menardi che ebbe il B. collaboratore alla sceneggiatura e alla regia (parte di Fortunato).
Nel campo parallelo del teatro drammatico acconsentì alla riesumazione di un testo minore del Goldoni da parte di O. Costa, Il poeta fanatico (Padiglione delle arti decorative di Venezia, 29 luglio 1941, parte di Brighella) e si cimentò col Giorgio Dandin del Molière nella traduzione in versi di C. Veneziani, recitato e cantato (il Simoni avanzò, comunque, delle riserve sulla "manipolazione" del testo originale; prima milanese al teatro Olimpia, 26 genn. 1942).
Con la fine della guerra il gusto degli spettatori cambiò: il pubblico si rivolse preferibilmente agli spettacoli di rivista e disertò, per esempio al teatro Eliseo di Roma, le recite del Sior Todero brontolon (1946); il disinteresse dei milanesi per il repertorio goldoniano, fatto impensabile appena qualche anno prima, ebbe una non fortuita conferma nel successo riportato dall'Avvocatodifensore di M. Morais, commedia "dagli effetti sicuri" che riuscì ad ottenere un tutto esaurito grazie alla presenza del B. nelle vesti del protagonista (teatro Odeon, 14 luglio 1947).
All'indomani della pur gratificante partecipazione a I rusteghi (Giardini di Venezia, 12 agosto, parte di Lunardo, regia del Simoni), il B. ebbe a confidare a C. Trabucco che era ormai ora di uscire da una situazione umiliante: "poiché altri attori dialettali hanno italianizzato il loro repertorio fino ad avere una compagnia italiana che fa perno attorno a un attore dialettale dal vernacolo depurato - vedi P. De Filippo - oppure hanno ridotto ai minimi termini il dialetto - vedi Questi fantasmi e Napoli milionaria di Eduardo - ho dedotto che, siccome anche noi veneti sappiano parlare italiano, così, a fianco dei personaggi che conserveranno il parlare in vernacolo, usando i vocaboli dialettali più intelligibili, avremo attori che reciteranno nettamente in lingua".
Anticipò quindi il programma in cui, tra l'altro, figuravano Quel giorno nel giardino del peccato di M. Caramello, Papà del Greppi, Laventottesima femmina di C. Lodovici e la ripresa dell'Avvocato difensore, lavoriusuali e polemicamente "anticulturali". L'iniziativa appartiene alla cronaca di quel periodo critico del teatro dialettale: l'infaticabile B. portò avanti con una certa determinazione il suo progetto, sempre riservandosi, peraltro, gli allori indiscussi dei grandi spettacoli estivi: Ilfeudatario, Ridottodi Venezia, 30 sett. 1948 (lui piacque, ma convinsero poco i compagni di lavoro); Bilora del Ruzante (interpretazione "sostanziosa e sanguigna, d'un realismo possente che procede di conserva sui binari del grottesco e del dramma"), Idue Pantaloni (parte di Pantalone), Ludro e la sua gran giornata di F. A. Bon (parte di Prospero), campo Pisani di Venezia, X Festival internazionale del teatro, tutt'e tre in una sola serata il 12 ag. 1949; Glistraccioni di A. Caro (teatro Olimpico di Vicenza, 8 settembre, un "ammirevole" Battista).
Insieme con la divagazione cinematografica di Cuori senza frontiera di L. Zampa (parte di Giovanni Sebastian), il B. ebbe alcune delle sue più famose affermazioni con La putta onorata (campo S. Trovaso di Venezia, Festival internazionale del teatro, 20 luglio 1950, parte di Pantalone, regia di G. Strehler), Il Saltuzza di A. Calmo (stesso luogo, 27 luglio, parte del Prologo, "breve, ma sostenuta squisitamente"), Il parlamento de Ruzante che era vegnù de campo (subito dopo il precedente): di questi due spettacoli, di cui il B. fu anche regista, rimane il ricordo della realizzazione del primo, giudicata quasi unanimemente eccellente ("corposa, essenziale, sanguigna, spregiudicata, carnascialesca", secondo Il Dramma) e, soprattutto, quello dell'interpretazione del secondo (il B. "ha dato a quel rottame umano un possente risalto, pur con una vena di misericordiosa e filosofica simpatia, a cui peraltro sarebbe lecito non consentire").
I successi estivi proseguirono ininterrotti (in una medesima serata diresse una commedia e ne interpretò un'altra, come nel caso dell'Avaro e della Casa nova, nella quale fu uno "stupendo" Cristoforo, al teatro La Fenice di Venezia il 4 sett. 1951) fino alla recita del Carlo Gozzi del Simoni (teatro di via Manzoni di Milano, 2 ott. 1952, parte del protagonista), a commemorazione dell'autore: E. Possenti ne rimase entusiasta e scrisse che il B. "ha fatto di Carlo Gozzi una figura ricca di sfaccettature, irosa e bonaria, affettuosa e irsuta, con una forza comunicativa da quell'attore completo e dotato che è".
Il 26 luglio 1955 ebbero inizio le trasmissioni televisive dei suoi spettacoli: in occasione del XIV Festival internazionale del teatro di prosa, interpretò infatti la parte di Padron Fortunato nelle Baruffe chiozzotte.
Nell'autunno maturò e il 3 dicembre prese l'avvio l'iniziativa di un gruppo di noti attori di dialetto veneto, dal B. ad E. Vazzoler, a M. Dolfin, e di attori "di lingua", come P. Cei, di costituirsi come Compagnia del teatro di Venezia, sotto la gestione del Piccolo Teatro di Milano. Il programma comprendeva Casa nova, La famiglia dell'antiquario, La cameriera brillante, Il parlamento de Ruzante e Il matrimonio di Ludro del Bon: la formazione svolse sei mesi di attività dando, fino al 2 giugno 1956, centotrentanove recite.
Dal 6 dic. 1956 si formò la Compagnia C. Baseggio che iniziò con lavori tutti italiani (da La moscheta del Ruzante a Congedo del Simoni oltre a sei commedie goldoniane) e che, dalla stagione 1959-60, assunse la denominazione di Compagnia goldoniana Baseggio. Tra i film di quel periodo spiccarono il lungometraggio Kean di V. Gassman (vi rese felicemente la parte di Salomon) e il cortometraggio Carlo Goldoni veneziano di L. Autera e A. Caldana (ne fu il commentatore), ambedue del 1957, un anno che lo vide attivo alla televisione con tre spettacoli (tra questi, in diretta dal teatro Verdi di Padova, il Sior Todero brontolon, 13 marzo). Nel 1958, pubblicata dal Longanesi a Milano, apparve una "chiarificazione" del Reduce che il B. fece seguire a questo e ad altri testi ruzantiani curati da G. A. Cibotto.
Nel 1960 sospese l'attività per l'aggravarsi di una disfunzione cardiaca e per un attacco di asma bronchiale. Nel 1961 gli fu assegnato, a Verona, il premio R. Simoni: fu l'anno di Zelinda e Lindoro, libera riduzione dell'omonima trilogia (teatro Odeon, 21 febbr. 1961 e, trasmessa dalla televisione, 11 apr. 1962) della quale curò la regia "con esperta vivezza", interpretandovi un Pantalone "assai gustoso e pittoresco". Nell'ultimo spettacolo della Goldoniana il B. fu il marchese nella Locandiera (teatro Goldoni di Roma, 19 genn. 1965); comparve, "grata sorpresa", in due spettacoli di rilievo non goldoniani, Come vi piace di W. Shakespeare (teatro Romano di Verona, 27 giugno 1966, parte di Jacques resa "con signorile finezza di loico e di dicitore") e La sagra del signore della nave di L. Pirandello (teatro parco di villa Castelnuovo di Palermo, 4 ag. 1967, parte del Vecchio miracolato). Prima del congedo definitivo, colpì gli spettatori l'originale caratterizzazione di don Marzio nella Bottega del caffè (teatro Olimpico di Vicenza, 22 settembre successivo). Nel 1968 gli venne conferito il premio governativo riservato ad attori che avessero esercitato lunga e proficua attività nel teatro. Ormai seriamente malato partecipò a diverse trasmissioni televisive in diretta (La putta onorata, 21 marzo; Il vecchio bizzarro, 30 luglio 1968, in ambedue come Pantalone), seguito con commozione dal pubblico dei suoi ammiratori.
Il 16 genn. 1971 il B. giunse a Catania per dirigere Iquattro rusteghi di E. Wolf-Ferrari al teatro Massimo Bellini: costretto a sospendere le prove dello spettacolo per un attacco di asma bronchiale, fu ricoverato in una casa di cura di quella città dove spirò il 22 genn. 1971.
Fonti e Bibl.: Comoedia, 25 febbr. 1921; 20 marzo 1926; 20 maggio, 20 luglio 1927; Il Messaggero, 17 apr. 1927; 27 genn. 1971 (necrol); Corriere della sera, 23 marzo 1930; 22 febbr. 1961; 24 genn. 1971 (necrol.); Il Dramma, 1º ag. 1936; 1º luglio 1937; 1º ag. 1939; 15 luglio, 15 ag. 1941; 1º sett., 15 sett. 1949; 1º ag., 15 sett. 1950; 15 sett. 1951; febbraio, maggio, agosto-settembre 1956; agosto-settembre 1957; agosto-settembre 1966; ottobre 1967; Sipario, giugno 1946; agosto-settembre 1947; ottobre 1948; Il Popolo, 14 sett. 1947; Gazzettino sera, 12-13 ag. 1949; Bianco e nero, giugno 1951; aprile 1957; Settimana Incom illustrata, 15 genn. 1955; Radiocorriere, 24-30 luglio 1955; 10-16 marzo 1957; 8-14 apr. 1962; 17-23 marzo, 28 luglio-3 ag. 1968; Almanacco dello spettacolo drammatico, 1965, p. 252; 1966, p. 262; Teatro italiano, 1967, pp. 228, 229; 1969, p. 197; Il Piccolo, 2 ott. 1968; Il Tempo, 23 genn. 1971 (necrol.); La Stampa, 24 genn. 1971 (necrol.); N. Leonelli, Attori tragici e attori comici italiani, I, Milano 1940, p. 92; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, III, Torino 1955, p. 67 e passim; IV, ibid. 1958, p. 410 e passim; V, ibid. 1960, p. 93 e passim; S. D'Amico, Cronache del teatro, II, Bari 1964, p. 402; E. Possenti, 10 anni di teatro, Milano 1964, pp. 72 s.; E. A. Vernara, Guidateatro - Attori italiani 1965-1970, Roma 1972, p. 38; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, p. 54 e passim. Si vedano inoltre: Encicl. dello spett., II, Roma 1954, coll. 9-10; Filmlexicon degli autori e delle opere, I, Roma 1958, coll. 450-451.