BECCIO (Becci), Francesco
Nato ad Occimiano (Alessandria) nei pressi di Casale Monferrato nel febbraio 1519, da Giovanni Antonio, apparteneva ad una antica famiglia monferrina che da secoli ricopriva alte cariche nell'amministrazione del marchesato e che era sempre stata fedele ai Paleologhi. Rimasto orfano di padre a tredici anni, intraprese gli studi giuridici e, dopo essersi laureato, entrò al servizio della marchesa Margherita, reggente del Monferrato. Nel 1552 fu nominato podestà di Vercelli e nel 1554 vicario di Casale. Al servizio della marchesa Margherita, prima, e di Guglielmo Gonzaga, più tardi, gli furono affidate diverse missioni diplomatiche. Nel 1559 era a Parigi, come inviato dei Gonzaga, durante le trattative che portarono alla pace di Cateau Cambrésis. Egli non si limitò ad essere semplice spettatore durante i preliminari della pace, ma svolse anche una energica opera di riconciliazione fra i suoi concittadini, divisi in quegli anni in due partiti rivali, che si appoggiavano rispettivamente ai Gonzaga e a Emanuele Filiberto di Savoia. In veste di paciere, fra le due fazioni, il B. ebbe il compito di far vidimare a Parigi il decreto di indulto con cui Guglielmo Gonzaga riconosceva agli abitanti di Casale la legittimità dei beni acquistati durante gli anni di guerra.
Dopo la morte della marchesa Margherita, avvenuta nel 1566, il B. continuò a rivestire importanti cariche al servizio del duca Guglielmo e in quello stesso anno fu nominato senatore di Casale. Nel 1570 egli ebbe ancora un'importante missione diplomatica presso Emanuele Filiberto, per indurre quest'ultimo ad osservare i bandi emanati contro i fuorusciti del Monferrato e per ringraziarlo di non essere intervenuto durante la sollevazione di Casale avvenuta in quell'anno. Ma la sua fortuna politica non durò a lungo; nel 1579 fu accusato di tradimento, per l'amicizia che lo legava al senatore Filimberti, padre di un fuoruscito che aveva partecipato ad una sommossa dell'anno prima contro i Gonzaga. Fu incarcerato, sottoposto a tortura e, senza che ci fosse alcuna prova contro di lui, trattenuto in carcere fino al 1581, quando fu rimesso in libertà per intercessione dell'imperatrice Maria d'Asburgo e del cardinal Borromeo. Dopo la liberazione, lasciò Casale e si trasferì a Milano, finché la morte di Guglielmo Gonzaga non gli permise il ritorno nella sua città natale nel 1587, dove Vincenzo I lo reintegrò nel suo ufficio. Morì a Casale sul finire del secolo o nei primi anni del seguente: certamente prima del 1610, data dell'edizione postuma del suo secondo volume di Consilia.
Non mancarono al B. sollecitazioni letterarie che gli venivano da una buona preparazione umanistica e dalle relazioni che intrattenne con alcuni letterati piemontesi dell'epoca, come Stefano Guazzo e Giovan Francesco Apostolo. Le testimonianze rimasteci di questi suoi interessi sono, tuttavia, poca cosa: alcuni modesti epigrammi encomiastici, che vennero pubblicati erroneamente nelle opere dell'Apostolo e ne Le lacrime degl'Illustrati Accademici di Casale in morte di Margherita Paleologa duchessa di Mantova, Torino 1567.
Di maggior rilievo l'opera giuridica del B.: ci rimangono due suoi volumi di Consilia usciti il primo a Venezia nel 1575, il secondo, postumo, sempre a Venezia nel 1610, a cura del figlio Flaminio. Quest'opera, legata strettamente all'attività forense del B., non si distacca dalle tanto numerose raccolte di Consilia dell'epoca, né il suo valore pratico e giurisprudenziale arriva mai ad una analisi organica e scientifica dei problemi trattati. Quello che caratterizza il B. è dunque la completa adesione ai modi interpretativi della giurisprudenza consulente; in questo alveo è da segnalare, oltre alla sua già citata raccolta di Consilia, il contributo che egli diede alla pubblicazione dei Consilia di Marco Antonio Natta (Lugduni 1558) e la prima edizione da lui curata, dei Consilia di Giason del Maino, uscita a Venezia nel 1581 (Consiliorum sive responsorum D. Iasonis Mayni, Mediolanensis, vol. I, cum locuplentissimis additionibus D. Francisci Becii, in summo Montisferrati Senatu Praesidis et Annotationibus quibusdam D. H. Zanchi, Venetiis 1681). Il B. curò la raccolta del materiale manoscritto che approntò per la stampa, corredandolo di un indice analitico per materie. Ma il contributo più interessante ai fini di una valutazione della sua opera sono le additiones che il B. appose al termine di ogni consilium di Giason del Maino. In esse si preoccupò soprattutto di arricchire di riferimenti giurisprudenziali e testuali il già ricco quadro di fonti e di dottrina riferito per ogni singolo argomento da Giason del Maino; è da notare inoltre come egli non si preoccupò tanto di distinguere quei consilia, dati su richiesta di organi giurisdizionali, da quelli invece di natura privata, bensì curò in ogni sua additio di richiamarne i punti di contatto trovando una via d'uscita alle eventuali divergenze di opinione. E, del resto, proprio questa ricerca della communis opinio, sia internamente sia esternamente alla raccolta di consilia in questione, definisce abbastanza esaurientemente i pregi e nel contempo i limiti dell'attività giuridica del Beccio.
Fonti e Bibl.: Mantova, Archivio Gonzaga, E-XV-3-651, lettere del B. da Parigi del 18 maggio 1559, 2 luglio 1559, 27 ag. 1559; S. Guazzo, Dialoghi piacevoli, Venezia 1586, p. 71; A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemontii, Mondovì 1667, p. 204; G. A. Irico, Rerum patriae, III, Milano 1745, pp. 304-308; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2 Brescia 1760, pp. 599 s.; G. Morano, Cat. degli illustri scrittori di Casale e di tutto il Ducato di Monferrato, Asti 1771, p. 15; O. Derossi, Scrittori piemontesi, savoiardi e nizzardi, Torino 1790, p. 39; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, Torino 1841, I, p. 255; A. Berardo, Di una cronaca anon. di Casale, in Arch. stor. ital., XIII(1847), pp. 424-438; A. Manno, Il patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 217; F. Valerani, Le Accademie di Casale nel sec. XVI, Alessandria 1908, pp. 90-92-; R. Quazza, Emanuele Filiberto e Guglielmo Gonzaga, Mantova 1929, p. 9 e passim.