BELLINI, Francesco
Nacque a Sacile, nel Friuli, in data ignota.
La sua famiglia possedeva beni nel paese di Brugnera, ma non si sa quali rapporti di parentela esistessero tra il B. e i numerosi personaggi della famiglia Bellini nominati nei documenti dei primi decenni del sec. XVIdue uomini di lettere, Bernardino e Girolamo Bellini, compaiono come personaggi notevoli nell'epistolario di Iacopo Porcia. Il B. tuttavia dové trascorrere una giovinezza disagiata, per cui il Bembo cercò in varie occasioni di procurargli la protezione di un mecenate.
Il 18 ott. 1524 il B. viene ricordato tra i docenti dell'università di Padova. La notizia, data dal Facciolati e messa in dubbio dal Cian, è stata riconfermata da L. Dorez in base all'esame dei Rotuli dei professori dell'università di Padova. Nel 1525 , alla morte del Pomponazzi, esordì con un'elegia altamente elogiativa del filosofo, che piacque al Bembo. Questi inviò subito la composizione ad Ercole Gonzaga, il futuro cardinale, che del Pomponazzi era stato discepolo e ammiratore, presentando l'autore come desideroso di contribuire alla sua fama. Successivamente, nel maggio dello stesso anno, il Bembo chiese al Gonzaga di accogliere il giovane presso di lui, come cliente e conimensale. A garanzia di un promettente ingegno poetico il Bembo inviava al Gonzaga alcuni versi del Bellini. Ercole accolse di buon grado la raccomandazione del Bembo, promettendo ospitalità al giovane, il quale raggiunse Mantova nel novembre 1526.
Il soggiorno presso Ercole Gonzaga non riuscì molto proficuo al B., il quale si lamentava col Bembo di non poter attendere liberamente allo studio, perché assorbito dal lavoro amministrativo e dagli impegni della vita di corte. Perciò il Bembo si rivolse ad Agostino Gonzaga nel marzo del 1527, perché con molta discrezione facesse intendere ad Ercole come tutto ciò nuocesse agli studi del giovane poeta. Nel maggio dello stesso anno il B. accompagnava Ercole Gonzaga diretto a Venezia. cogliendo l'occasione per visitare il Bembo a Padova e confidargli le sue amarezze. Nel luglio dello stesso anno egli aveva deciso di partire per Roma e di accostarsi a Giangirolamo dei conti de' Rossi di Parma, protonotario, amico anch'egli del Bembo.
Anche a Roma il B. fu sostenuto dall'amicizia del Bembo, in virtù della quale poté avvicinare personaggi di alto rango, come i cardinali Alessandro Famese ed Egidio da Viterbo, e riceverne benefici. Si trattenne a Roma alcuni anni, allontanandosi per qualche breve viaggio, ma nel 1530 tornava al suo paese e di passaggio si tratteneva alcuni giorni a Padova, in casa del Bembo. All'ospite egli dava notizia degli amici romani e recava un sonetto del protonotario de' Rossi. Nulla di preciso si sa circa gli anxú immediatamente successivi, se non che, nell'affannosa ricercadi una sistemazione sempre più soddisfacente, il B. cercò invano aiuto presso i procuratori del Bembo a Roma. In seguito entrò al servizio del cardinale François de Tournon chelo portò con sé in Francia, dove si trovava certamente nel 1534. Anche il Bembo non ebbe per qualche tempo notizie del B., finché il poeta non gli chiese per il suo patrono una cassetta contenente il modellino di certi antichi guanti da pugilato che il Bembo conservava in casa sua. La cassetta gli sarebbe pervenuta tramite il vescovo Giorgio Selva, legato del re di Francia presso la Repubblica veneziana.
A Parigi la presenza del B. è attestata, in quanto viene ricordato, assieme al conterraneo Giulio Camillo, nella Selva del misterioso Amono, che passa in rassegna i letterati italiani in Francia all'epoca di Francesco I (Rime toscane per Madama Charlotta d'Hisca, Parigi 1535). Vi si elogia in termini superlativi la "flebile elegia" del B. e si lamenta che il poeta abbia lasciato Parigi per tornare a Roma, nella vana speranza di un riconoscimento dei propri meriti.
Dal 1535 il B. era di nuovo al servizio di Alessandro Farnese divenuto Paolo III. Il 25 ott. 1536 otteneva un viatico di 20 scudi per ritornare nella sua patria (L. Dorez, Registri, p. 81). Nel 1539 faceva ritorno alla corte pontificia dove era in rapporti con Pier Luigi Famese e, naturalmente., ancora col Bembo eletto cardinale.
Ignota è la data di morte del B., né fornisce indicazioni in tal senso l'epitaffio che compose Francesco Franchini, dal quale il B. risulterebbe morto lontano dalla patria, in Spagna, e li seppellito (Poemata et Epigrammata, Romae 1554, parte 2, p. 54).
Del B. ci rimane una lunga lettera scritta da Roma al Molza (P. A. Serassi, Delle poesie volgari e latine di F. M. Molza, III, Bergamo 1747, pp. 112-16), l'elegia sulla morte del Pomponazzi una scritta da Marin Sanuto (Venezia, Bibl. Marciana, cod. 211, cl. XI dei latini) e pubblicata da V. Cian nella Rassegna emiliana, II(1889), pp. 151-55, e tre epigrammi, uno dei quali pubblicato fra i Carmina illustrium poetarum Italorum Io. Matthaeus Toscanus conquisivit, Lutetiae 1577, t. II, p. 202, gli altri due in appendice all'edizione aldina del De partu Virginis del Sannazzaro (Venezia 1533). Non ci sono pervenuti i sonetti in volgare, d'argomento amoroso, cui accenna G. Guidiccioni in una lettera al B. (Opere, Firenze 1867, 1, pp. 197 s.).
Bibl.: Per le lettere del Bembo che interessano il B., v. P. Bembo, Opere, Milano 1808-18, V, p. 296; VII, pp. 194, 206. 442; IX, pp. 236 s.; Epist. fam., l.VI, pp. 10, 11, 14, 16, 28, 50, 51, 52, 55. La notizia dell'insegnamento padovano è in I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, III, p. 188; cfr. inoltre G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 684 s.; G. Tiraboschi, Storia d. letterat. ital., Milano 1833, IV, p. 251; G. G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da'letterati del Friuli, Venezia 1830, IV, pp. 336 s.; V. Cian, F. Bellini e P. Pomponazzi, in Rass. emiliana, II (1889), pp. 145-156; F. Flamini, La letter. ital. alla corte di Francesco I re di Francia, in Studi di storia letter. ital. e straniera, Livorno 1895, pp. 318, 429 s.; E. Picot, Les Français italianisants au XVIe siècle, I, Paris 1906, pp. 62 s.; L. Dorez, La cour du pape Paul III, Paris 1932, ad Indicem; J.Baillou, Influence de la pensée philosophique de la Renaissance italienne sur la pensée française, in Revue des études italiennes, I (1936), pp. 2 s.