BELLUOMINI, Francesco
Nacque nella prima metà del sec. XVIII, presumibilmente a Viareggio (Lucca), e dovette appartenere a una facoltosa famiglia borghese (negli atti del processo, subito durante il primo ritorno degli Austriaci, è definito "possidente" e sono chiamati a testimoniare "contadini, pigionanti e marinai dipendenti" del Belluomini). Era figlio di un medico, mancava di "studi regolarmente condotti" (Bongi, III, p. 139), "si formò in mezzo alle contraddizioni e alle vicende di tempi calamitosi colla forza dei suoi talenti" (Gazzetta di Lucca, 1808, n. 42). La biografia del B. è lacunosa; la letteratura su di lui, oltre che per i dati anagrafici, è imprecisa e incompleta pure per quanto riguarda la sua formazione, il modo stesso e i tempi della sua partecipazione alle vicende politiche di Lucca.
Fu il principale esponente di una famiglia di giacobini, e con il figlio Giuseppe e i fratelli sacerdoti Giovan Domenico e Tommaso ebbe una parte importante nelle vicende politiche lucchesi successive alla caduta della Repubblica aristocratica per opera delle armi francesi. Nel marzo 1798, insieme con altri sospettati di "nudrire massime contrarie alla pubblica tranquillità", era stato allontanato da Viareggio dal Magistrato de' Segretari della Repubblica e sottoposto a inchiesta. Il 5 febbr. 1799, all'indomani della caduta della Repubblica, fu chiamato dal generale Sérurier a far parte del Consiglio dei seniori della nuova Repubblica democratica, e alcuni giorni dopo eletto fra i cinque membri del direttorio esecutivo. Col ritorno degli Austriaci, di lì a pochi mesi, fu processato come principale imputato dalla reggenza provvisoria, ma assolto l'8 luglio 1800, alla vigilia della riconquista francese. Il B. dominò con la sua personalità i successivi governi democratici, rinnovando l'ordinamento dello Stato sul modello francese, e instaurando una sorta di dittatura personale fino alla venuta dei Baciocchi, che, secondo un cronista del tempo, avrebbe cercato, per quanto poteva, di osteggiare manovrando col Saliceti. Come gonfaloniere della Repubblica guidò la deputazione che il 24 giugno 1805 presentò in Bologna a Napoleone i decreti del governo lucchese, in cui si chiedeva una nuova costituzione e i Baciocchi come principi. Sotto il principato ebbe fine il suo strapotere personale; mantenne però per il decreto napoleonico del 27 giugno 1805 la carica di ministro delle Finanze, Culto, Polizia, Forza Armata, Acque, Strade, Fabbriche Pubbliche, fino alla morte, avvenuta a Lucca il 20 maggio dell'anno 1808.
Fu una figura assai discussa dai contemporanei, nonostante riconoscimenti sulle sue notevoli qualità politiche. Capo autorevole e temuto del partito democratico - che i Lucchesi chiamavano "partito Belluomini" - seppe valersi dell'intelligente opera diplomatica dei figlio Giuseppe, incaricato, della Repubblica a Parigi, nonché dell'amicizia di importanti uomini politici francesi, quali il Saliceti e il Murat, mantenuta, secondo fonti di parte aristocratica, con l'intrigo e il danaro. Fu temuto e osteggiato dagli stessi inviati straordinari di Parigi, succeduti al Saliceti: il Clarke, forse esagerando, lo dipinse a fosche tinte e lo definì "homme sans talents et sans vertus", e il Derville Maléchard, che in un primo tempo lo aveva appoggiato, negli ultimi rapporti a Parigi e nella lettera al Saliceti del 31 ag. 1804, ne denunciò le mire dispotiche, facendolo responsabile dei disordini e delle discordie che regnavano a Lucca e contribuendo in tal modo alla decisione di Napoleone di trasformare la Repubblica in principato.
Fonti e Bibl.: Fonti essenz. sono gli atti e documenti dei Governi democratici e del Principato conservati nell'Arch. di Stato di Lucca, e importanti, presso lo stesso Archivio, la Correspondance dei Derville Maléchard e il voluminoso ms. di I. Chelini, Zibaldone lucchese; si veda S. Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, Lucca 1872-1888, I, pp. 385, 391; II, pp. 5, 93, 177; III, pp. 5, 93, 139, 177; IV, p. 373; VI, ibid. 1961, a cura di D. Corsi, p. 631 e passim; A. Mazzarosa, Storia di Lucca, in Opere, IV, Lucca 1842, pp. 228 s., 230, 233, 238, 250; P. Marmottan, Bonaparte et la Rép. de Lucques, Paris 1896, pp. 39, 68, 79-89, 92 s., 101 s., 114-118; G. Sforza, Ricordi e biogr. lucchesi, Lucca 1916, p. 257; G. Simonetti, C. Saliceti e la Repubbl. di Lucca, in Arch. stor. di Corsica, XIII (1937), p. 349; F. Lemmi, Storia politica d'Italia. L'età napoleonica, Milano 1938, pp. 196, 197; A. Brancoli, L'opera polit. di F. e Giuseppe B. nei loro rapporti con Napoleone ed Elisa Bonaparte, in Bollett. stor. lucchese, XIII (1941), pp. 145-167; F. Lenci, Viareggio dalle origini ai nostri giorni, Pisa 1941, pp. 34, 35, 105-107; G. Sardi, Due lettere e la visita di G. Murat a Lucca nel 1803, in Bollett. stor. lucchese, XV (1943), pp. 32-43; M. D. Orzali, I processi contro i giacobini lucchesi, Lucca 1947, pp. 25 s.; I carteggi di F. Melzi, a c. di C. Zaghi, IV, Milano 1960, pp. 426, 438; V, ibid. 1961, pp. 9, 117; VI, ibid. 1962, p. 144.