BENEDETTI, Francesco
La famiglia Benedetti era nel sec. XV facoltosa e ben nota a Bologna per la tradizionale attività artistica dei suoi membri: pittori e miniaturisti non senza meriti. Da un Benedetto - conosciuto ai suoi tempi come "il pittore" nacquero sei figli: Battista, Matteo, Vincenzo, che seguitarono nell'arte dei loro maggiori, Gabriele, che divenne mònaco, Orsolina e Francesco, che fu il primo ad abbandonare l'attività tradizionale della famiglia, preferendo dedicarsi alla nuova arte tipografica che già prosperava in Bologna e più prometteva. Morto il padre Benedetto nel 1481, la sostanza rimase indivisa tra i fratelli, ma Francesco già nel 1482 aveva iniziato la sua attività di editore e di tipografo in "capella Sanctorum Cosmae et Damiani apud stratae Castionei", come si legge nella sua più antica stampa datata: una Grammatica latino-volgare, che fu ignota allo Hain, al Reichling, al Proctor, i quali concordemente danno come primo libro datato una edizione del B. del 1486. L'11 marzo dello stesso anno 1482 pubblicò un Aesopus moralisatus, che è il secondo libro datato conosciuto, edito da lui. Il 24 sett. 1485, a sua richiesta, si addivenne tra i fratelli alla ripartizione dei beni indivisi dell'avo, del padre e della madre: ai fratelli, che lasciarono in comunità le loro parti, venne assegnata la bottega di pittore con i suoi arredi e merci, mentre a Francesco andò la stamperia, le scorte e i libri impressi non venduti, segno evidente che l'azienda editoriale era stata sino a quell'anno diretta da lui, ma condotta socialmente con i fratelli. Sposò Elena Mantacheti (1492) e acquistò una casa - per abitazione - in "el campo de sancta Lutia", mentre nel 1493 trasferì la bottega dalla parrocchia di S. Darniano "de ponte Ferri" (attuale via Farini) a un locale sito presso l'ospedale di S. Maria della Morte (attuale via dell'Archiginnasio). Ancor giovane, nel 1496, venne a morte. Piacque a lui chiamarsi "Plato" o "Platonus", appellativo che si trova anche nelle carte legali che lo concernono: "Franciscus Benedicti pictoris alias Plato".
Il B. fu un maestro dell'arte tipografica, non bolognese solo, ma di tutt'Italia: fece disegnare e fondere splendidi caratteri - sia semigotici sia rotondi - con serie di maiuscole epigrafiche nobilissime; usò carta eccellente - delle rinomate cartiere modenesi - e seppe trovare per le sue pagine e i suoi frontispizi quelle armoniose disposizioni di bianco e nero che sono caratteristica precipua della sua eccellenza. Ma pregio essenziale delle sue edizioni è la correzione dei testi: cosa rara ai suoi tempi. Ebbe a clienti i più esigenti umanisti dell'epoca: quel Matteo Bossi, incontentabile, che pur lo loda ampiamente, quel Burzio, che nella Bononia illustrata dichiara esplicitamente che se nel testo il lettore troverà errori, non ne incolpi il tipografo, ma l'autore.
Tra le decine e decine di sue edizioni, tutte belle, le più salienti sono: Scriptores de re militari veteres, le Vitae di Herodianus, Consilia medica del Baveri, talune opere del Codro, del Poliziano, del Beccadelli, dello Sclarici, di Battista Maritovano, oltre la Bononia illustrata e le Recuperationes Faesulanae del Bossi. Usò marche tipografiche tutte eleganti e originali.
Francesco, morendo, lasciava la moglie Elena non ancora venticinquenne - e non maggiorenne per le leggi dell'epoca -, un figlio fanciullo (Benedetto) e un nascituro. Il vicario del podestà affidò la custodia e l'amministrazione dell'asse ereditario al fratello del defunto, Battista; dopo la nascita del figlio postumo di Francesco (febbraio del 1497), al quale fu imposto il nome stesso del padre, la tutela dei minori venne affidata definitivamente all'altro fratello Vincenzo (10 marzo 1497). Questi compilò subito con estrema cura l'inventario generale dei beni mobili ed immobili componenti l'asse e lo presentò al vicario del podestà il 4 aprile successivo. È questo un documento di eccezionale interesse perché - redatto con meticolosa precisione - ci offre la possibilità di conoscere la consistenza e il valore degli impianti, degli attrezzi, degli accessori anche minimi, che si trovavano in una ben condotta officina" di stampatore del Quattrocento. Ed è anche interessante il lungo elenco delle scorte librarie rimaste nel magazzino di "Platone" al momento della sua morte.
Vincenzo, vivente il fratello, non si era mai occupato dell'azienda libraria, ma aveva continuato ad esercitare l'arte del padre, continuando a condurne la "bottega". Tuttavia egli amministrò il patrimonio dei nipoti con grande perizia, oltreché con scrupolosa probità, come dimostrano i registri dei conti che ci restano, e che sono quanto mai istruttivi, sia per la conoscenza dei prezzi di costo, sia per quella dei prezzi di vendita dei libri. Sua prima cura fu quella di ultimare le opere in corso di stampa e segnatamente un'edizione del Propertius con i commenti dell'umanista Filippo Beroaldo. Per questa edizione - vivente Francesco - si era costituita una società temporanea e occasionale tra l'umanista, il tipografo e il libraio avviatissimo Benedetto di Ettore Faelli di Bologna. Nella società Vincenzo sostituì Francesco (nell'interesse dei tutelati) e il Propertius fu licenziato nel 1497; la società venne liquidata, con buoni utili, il 22 marzo 1499. Ma Vincenzo non si sentiva capace di condurre con bastevole perizia tecnica quell'azienda che la superiore maestria di Francesco aveva reso tanto celebre: perciò si diede a cercare acquirenti degni di continuare la tradizione platoniana. E li trovò nella sua stessa famiglia: il fratello Battista acquistò per sé e i suoi figli, Giovanni Antonio e Girolamo, tutto il complesso tipografico-librario per una somma notevole, rateizzata in otto anni (16 maggio 1498). Con questo atto si chiude la gestione e l'opera editoriale di Vincenzo, che tuttavia continuò nella tutela dei nipoti sino alla loro maggiore età.
Il nome di Vincenzo compare in una sola edizione: quella di due opuscoli dell'umanista e musicista parmense Nicola Burci (Burtius), Musarum nympharumque ac summorum deorum epytomata e Carmen de amoenitate Bononiae, pubblicati il 21 genn. 1498.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. Notar. Atti dei notai: A. Montacheti (1497); G. Budriotti (1498); L. Panzacchi (1483); E. Lupari (1493); D. Amorini (1485); G. Gualandi (1481); Arch. di Stato di Bologna, Foro dei Mercanti, Atti: 20 VIII; 15 IX 1483; Bologna, Bibl. Com. dell'Archiginnasio, Estratti del notaio Gualandi; L. Frati, Notizie e docum. di tipografi bolognesi, in Riv. d. Bibl. e d. Arch., VI (1928), pp. 83 ss.; A. Sorbelli, Storia della stampa in Bologna, Bologna 1929, pp. 43-51; L. Frati, Rarissimi incunabuli trovati nella Bibl. Universitaria di Bologna, in La Bibliofilia, XVII (1915-16), pp. 362, 364.. nn. 9-20; P. S. Leicht, Rapporti giurid. intorno al libro nel primo secolo della stampa, in Studi sulla stampa del Quattrocento, Milano 1942, pp. 198 ss.; A. Sorbelli, La libreria di uno stampatore bibliofilo del 400, in Studi sulla stampa del Quattrocento, Milano 1942, pp. 259 ss.; Id., Il magazzino librario e la privata libreria di un grande tipografo del sec. XV, in Gutenberg Jahrbuch 1935, pp. 39 ss.