BERNARDI, Francesco
Nacque da Filippo, facoltoso banchiere genovese, che dal 13 nov. 1635 fino alla morte, avvenuta nel 1657, fu console degli Inglesi a Genova.
Una sorella del B. aveva qui sposato il suddito inglese Guglielmo Lelam, che, alla morte del suocero, aspirò invano a raccoglierne il consolato. L'incarico fu affidato a persona patrocinata da Giacomo Anfosso, che, dopo essere stato in lizza col B. per l'agenzia genovese di Londra, cooperò più tardi alle trame spagnole contro l'avvicinamento diplomatico anglo-genovese.
Stabilitosi nella capitale inglese in giovanissima età, il B.finì per considerarsi "nativo" del paese in cui aveva fissato la sua residenza d'affari (Prayer, p. 142). Per conto della ditta patema, avente sede in Oregina, egli svolse in Inghilterra una intensa e lucrosa attività bancaria: "A quel tempo - ricorderà in un Memoriale del marzo 1662 - haveva tanti denari, gioie et argenti, ch'a pena sapeva come disporne" (Pastine, p. 319). Fu questa attività a metterlo a contatto con l'eletta società inglese di parte Stuart, ma fu anche il giro d'affari avviato in questi ambienti ad accrescergli le difficoltà nel momento in cui si trovò costretto, per la congiuntura aperta dal conflitto tra Carlo I e il "lungo Parlamento" e sfociata nella dittatura cromwelliana, a realizzare prontamente i suoi crediti. Alla stagnazione determinata dalla guerra civile e dalla rivoluzione si aggiunsero le fughe di molti debitori del B., che, ancora nel 1654, ebbe dal conte Wervyke il rimborso di un vecchio debito di 1500 sterline risalente a questo periodo.
Eletto console dei Genovesi a Londra, il 6 luglio 1651, un mese dopo il B. fu nominato agente della Serenissima Repubblica in Inghilterra. Le copie della patente e delle lettere credenziali furono comunicate al Parlamento il 16 settembre dello stesso anno, allorché Oliviero Cromwell, di ritomo dalla vittoria di Worcester (3 settembre), si apprestava ad emettere l'atto di navigazione, che fu di fatto promulgato il 9 ott. 1651. Subito consapevole della svolta determinata nelle relazioni commerciali intemazionali dal Navigation Act e dei suo contenuto principalmente diretto al "detrimento dell'Olandese ", il B. previde che la nuova legislazione doganale avrebbe portato "innovatione considerabile" nei rapporti tra Inghilterra e Olanda (Prayer, pp. 57 s.).
La guerra con l'Olanda, conclusa con la pace di Westminster (26 apr. 1654), e i coevi contrasti e conflitti con la Spagna spinsero l'Inghilterra a manovre, iniziative, accordi diplomatici. Per la guerra antispagnola si richiese in particolare il coordinamento di un vasto e articolato sistema di alleanze, che aveva il suo fulcro nella politica di avvicinamento alla Francia, patrocinata anche dal Mazzarino. Come era da attendersi, questa politica ricercava anche il contatto con Genova, di cui si conosceva l'ausilio prestato alla Spagna, sempre più bisognosa di mezzi di finanziamento per le. necessità derivanti dagli impegni bellici contro ricche e agguerrite potenze. L'alleanza con Genova, volta anche a garantire all'Inghilterra l'uso di una sicura base per la flotta nella politica di espansione mediterranea, era naturalmente osteggiata dagli Spagnoli che, pur di vederla fallire, ricorsero ad ogni mezzo, servendosi per questo scopo anche dell'attività di spie.
Perciò, quando il B. si vide più volte differita l'udienza parlamentare accordatagli in seguito alla presentazione delle credenziali, sospettò che in questi rinvii avessero parte i maneggi di agenti genovesi al servizio della Spagna, e segnatamente dell'Anfosso, suo concorrente ed antagonista in affari. Ma se l'udienza ufficiale si fece attendere, non mancarono le soddisfazioni ed opportunità che gli provenivano dalla sua dimestichezza personale con Cromwell. Sedendo convivialmente, il 7 novembre, col lord protettore, questi teneva a rassicurarlo dell'ottima disposizione inglese verso la repubblica di Genova, "di che - osservava il B. nella lettera del 10 genn. 1652, di ritomo da un viaggio in Olanda - non dubito prevalendo esso, al quale m'è parso bene appoggiarmi del tutto, come in ogni verosimile il più sicuro" (ibid., pp.62 s.).
L'esperienza degli affari e la conoscenza dell'andamento della vita economica consentivano al B. di valutare le nuove tendenze di sviluppo delle relazioni di mercato, confermandogli la necessità di una linea di azione diplomatica capace di accelerare il distacco di Genova dalla Spagna e di saldare i suoi interessi mercantili e finanziari con gli indirizzi di politica economica e commerciale della nuova potenza leader dei mercato mondiale.
A spingere in questa direzione fu anche la dura rappresaglia della Spagna, avente sentore del revisíonismo genovese in tema di alleanze, all'azione compiuta dalla Repubblica contro i mercanti del Finale a salvaguardia della sua giurisdizione marittima. Il sequestro di rendite, beni ed effetti genovesi negli stati italiani sottoposti alla Spagna, dette occasione al B. di svolgere una vibrata protesta dinanzi a Cromwell a conferma quasi di una rottura che non era fatta per dispiacere al protettore. Tali incidenti e contrasti insorgevano e si alimentavano sul terreno della crisi endemica, dell'abnorme organismo politico-economico spagnolo, attestato ormai sulla linea della più disperata e conservativa difesa di residue risorse ed energie. Di questa Spagna il B. offriva una immagine confacente, quando, nel dispaccio del 24 aprile 1654, riferiva dei rifiuto opposto dall'ambasciatore del re cattolico alla richiesta di Cromwell volta ad ottenere la liberazione dei sudditi inglesi dalla Inquisizione nei domini ispanici e la libertà di commercio nelle Indie occidentali. L'agente genovese avvertiva che la crisi dell'impero spagnolo, tra spinte oggettive incontrollabili e responsabilità di governanti, si avviava verso il disfacimento e la catastrofe: "Di Spagna - scriveva il 28 sett. 1654 - poco si può sperare, solo che la necessità la costringe al presente; et se non muterà Ministri, si può dubitare sia per ridursi presto in istato da non poter difendere se stessa" (ibid., p. 186). S'intende pertanto come il governo genovese si fosse deciso, negli ultimi mesi del 1654, ad accogliere le sollecitazioni del B. di inviare a Londra un ambasciatore straordinario per intavolare trattative con Cromwell.
La missione, preparata fin dal 1652, avrebbe rischiato di fallire se il pronto intervento del B. non avesse intercettato una lettera dell'Anfosso, al servizio dell'ambasciatore spagnolo, che, con argomenti speciosi di prestigio e di cerimoniale, mirava a dissuadere il governo genovese ad inviare l'ambasciatore Ugo Fieschi a Londra. Insistendo per questa missione, il B. credeva di poter garantire accoglienze solenni, tali da soddisfare in ogni caso l'esigenza dei Serenissimi Collegi, che per il Fieschi avevano preteso un trattamento uguale a quello-riservato a Spagna, Francia e Venezia.
Per assolvere i compiti, di cui sentiva crescere il peso e la responsabilità, il B., che diceva non accordarsi in Inghilterra il mercante col ministro pubblico, rinnovò, in questa occasione, la richiesta, più volte invano avanzata, di essere elevato al rango diplomatico di residente, richiamando i suoi attributi nobiliari e cavallereschi di conte dell'Impero, cavaliere della corte di S. M. cesarea e del suo concistoro, che gli servivano anche per sollecitare più sostanziose competenze economiche: "Son sicurissimo - scriveva il 23 sett. 1564 - d'haver servito con ogni zelo et attentione, come lo riconoscono miei Signori Serenissimi, liavendo, lasciato ogni altro impiego, che sempre guadagnava tre o quattrocento sterline l'anno, né spendeva la metà di quello che mi è seguito in tre anni passati ". Egli non si peritò dal far presente che, qualora non gli fossero state assicurate condizioni adeguate, non avrebbe potuto mantenere l'incarico (ibid., p. 188).
Solennemente accolto dalle alte cariche di governo e da Cromwell, ai primi di gennaio del 1655 giunse a Londra il Fieschi, che di concerto col B. intraprese la complessa e delicata trattativa volta a rinsaldare i legami con l'Inghilterra. Recandosi a Londra, il Fieschi era stato avvertito di informare la sua condotta a cautela e di muoversi con opportuni temperamenti ed equilibri sul piano politico: riprovando, da un lato, le mene spagnole in Italia, e mantenendosi, dall'altro lato, riservato di fronte a profferte inglesi di sostegno e di aiuti. Sulla necessità di iniziare e condurre in porto la trattativa commerciale le istruzioni erano però esplicite ed impegnative. All'ambasciatore si raccomandava d'esser pronto ad avviare subito un fattivo discorso, considerando die Genova, sempre più disancorata da attività direttamente produttive e specializzata in una funzione spiccatamente finanziaria, aveva necessità di stabilire relazioni con paesi in grado di alimentare i suoi traffici.
Il trattato proposto a Cromwell, auspicante una sorta di libertà commerciale basata sulla clausola della nazione più favorita, letto dal B. in traduzione inglese nell'udienza dei primi di febbraio del 1655,rilevato che "traffichi e ricchezze de' nostri cittadini, impiegati per lunghi anni nei stati di quei Prencipi che il tempo ci ha fatto conoscere poco legali, sono stati finalmente a noi materia di disgusti, et a loro ben spesso di grandezza, et sempre della propria conservatione ", prospettava il desiderio e la volontà dei Genovesi "d'andare voltando altrove queste ricchezze e traffichi, posciaché ubi bonum ibi cor" (ibid., p. 232). Era indicativo in tal senso il tentativo di espansione commerciale compiuto con la costituzione della Compagnia di navigazione delle Indie Orientali, costituita in Genova nel 1647-48, che, dopo un avvio non molto felice. fu ripreso nel 1657 ad iniziativa dell'inglese Thomas Skynner patrocinato nelle sue richieste dal Bernardi.
Solidamente insediato nel potere dittatoriale, di cui il B. aveva previsto lo sbocco attraverso i contrasti e le lotte coi Repubblicani civili, il lord protettore sembrava ben disposto verso la proposta genovese. E di fatto più volte Cromwell parlerà dei trattato "da solo a solo, et in confidenza, con l'Agente Bernardi suo molto domestico per amicizia antica ", ed inviterà il Fieschi a pazientare affidando la pratica allo stesso B. "quale si vede - annotava lo stesso Fieschi - che ha gusto di accreditarlo come suo intrinseco ". Sappiamo altresì che in una di queste conversazioni a quattr'occhi il protettore "diede un libro italiano al Bernardi nel quale si insegna per regola indubitata di non volere trattare le cose fuora di tempo" (ibid., p. 242).
Sulla via di rientrare in patria, a missione compiuta, il Fieschi confidava perciò che la trattativa potesse essere proseguita mediante il negoziato del B.: "hanno Vostre Signorie Serenissime - scriveva l'ambasciatore - un vantaggio che non ha nessun altro Prencipe di aver un altro suo ministro, che è l'Agente Bernardi, così intrinseco di Sua Altezza, che da ogni hora sarà informata della sua intentione: et potranno, senza l'apparenza d'un Ambasciatore, pigliar meglio la loro misura nelli negotii che si havessero a trattare, per eseguirli poi con le apparenze anche quando fosse necessario, il che segue con gran vantaggio, e con manco contromine delli adversari" (ibid., pp. 246-248).
Il B., che godeva della benevolenza di Cromwell, al punto che durante una malattia ricevette l'attestato della sua personale attenzione, mostrava in ogni occasione di essere informatissimo su umori e vicende del lord protettore come sulle tendenze della sua politica: sia che riferisse sul colpo di Stato che pose fine al "lungo Parlamento" in una versione, considerata fra tante discordi la più verosimile, sia che valutasse le prospettive del potere cromwelliano verso la dittatura e il regime monarchico, sia infine che informasse su resistenze e congiure contro lo stesso Cromwell.
Sensibile e attento il B. si mostrò, come altri diplomatici italiani in quel tempo, di fronte al disegno cromwelliano, diretto a promuovere un'alleanza.dei paesi riformati, che egli temette potesse mutarsi in uno schieramento anticattolico, posto oltre la sfera di interessi e contrasti politico-mercantili. Com'è noto, tale disegno era favorito dall'intesa con la Francia di Mazzarino, desiderosa di umiliare la Spagna e di dividerne con l'Inghilterra le spoglie: "è hormai tempo - scriveva il B. il 17 genn. 1656 in un dispaccio cifrato - che li Prencipi cristiani catholici pensino ai casi loro, non machinandosi altro che la general distruttione di quella vera fede e di chi la professa" (ibid., p. 331). E sempre più allarmato, il 27 dicembre dello stesso anno, informava che l'ambasciatore di Francia e il residente di Svezia concertavano udienze segrete "per unirsi contro la Spagna e la Religione Cattolica" (ibid., p. 392).
In relazione a questa paventata diversione delle alleanze, in un clima di timori e. diffidenze, Genova aveva destato negli Inglesi il sospetto di un suo riavvicinamento con la Spagna. Il 23 marzo 1656 Cromwell aveva infatti convocato il B. per denunciare che Genova "sta attualmente sottomano trattando suplire la presente necessità di Spagna (nostro gran nemico) con denari, il nervo della guerra" (ibid., p. 341). Ma nell'udienza del 22 giugno il B. poté rassicurare il protettore, che si dirà. soddisfatto, comunicando di avere ricevuto espresso ordine dal suo governo di confermargli l'insussistenza di tali sospetti e accuse.
Il piano antispagnolo di Cromwell si stava comunque realizzando con successo. Quando però l'alleanza franco-inglese, del marzo 1657, e la vittoria del Turenne, del giugno 1658, sembrò offrire con Dunkerque una base per il compimento dei piani inglesi in territorio europeo, cominciarono a manifestarsi forti preoccupazioni tra gli alti dignitari francesi nei confronti di "tanta confidenza con l'Inghilterra" (ibid., p. 494). Intenzioni e prospettive della politica cromwelliana furono in ogni caso stroncate improvvisamente il 3 sett. 1658 dalla morte del lord protettore, del "sincero Loro amico ", come scrisse il B. dando notizia del luttuoso evento ai Serenissimi Collegi (ibid., p. 5 19).
Il B., che si affrettò a chiedere nuove credenziali presso il protettore Riccardo Cromwell, dopo la Restaurazione cercò di far dimenticare i suoi trascorsi offrendosi per nuovi servizi. Riuscì però a mantenere la carica di agente, firto all'avvento di Carlo II, allorché fu dispensato dall'ufficio: ma ormai la sua attività si era ristretta entro la sfera dell'ordinaria informazione diplomatica, in un ruolo secondario. Non si hanno altre notizie sulle sue ulteriori vicende.
Fonti e Bibl.: Oliviero Cromwell dalla battaglia di Worcester alla sua morte. Corrispondenza dell'agente genovese a Londra F. Bernardi, a cura di C. Prayer, in Atti della Soc. ligure di storia Patria, XVI(1882): comprende lettere dall'8 sett. 1651 al 10 ott. 1658 ed il carteggio Fieschi durante la missione a Londra; L. T. Belgrano, La Compagnia genovese delle Indie e Tommaso Skynner, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, II,4-5 (1875), pp. 121-136; M. Spinola, Nota su l'ambasciatore U. Fieschi in Inghilterra, nel 1655 (Resoconto), ibid.,II,12 (1875), pp. 487-488; E. Momigliano, F. B. mercante genovese amico di Cromwell, in Le opere e i Giorni…,VII(1928), n. 12, pp. 34-41; Id., Cromwell, enova 1929, passim; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova,in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXIII(1934), pp. 191-192; O. Pastine, Genova e Inghilterra da Cromwell a Carlo II. Orientamenti politico-economici, in Riv. stor. ital., LXVI (1954), pp. 309-347.