CICALA, Francesco Bernardino
Nacque a Lecce il 27 dic. 1877 da Giovan Giuseppe, di antica origine genovese, e da Silvia Cosma Zurlo.
Laureatosi brillantemente in giurisprudenza all'università di Roma il 16 dic. 1899, nel 1900 si iscrisse all'università di Berlino. Conseguì nel 1810, presso l'università di Napoli, la libera docenza in istituzioni di diritto romano (poi trasferita ed esercitata presso la università di Siena). Nello stesso anno ottenne l'incarico di insegnamento per la stessa disciplina presso l'istituto di scienze sociali "Cesare Alfieri" di Firenze, fino al 1914; nel 1915 fu promosso reggente, sempre per l'insegnamento di detta disciplina. Il 18 nov. 1925 conseguì la libera docenza in filosofia del diritto. Lo stesso anno diveniva professore stabile di istituzioni di diritto romano presso il "C. Alfieri" (dal 1922 al 1924 ottenne anche l'incarico di storia del diritto italiano). Il 1° genn. 1928 divenne professore stabile di filosofia del diritto presso l'università di Firenze, pur restando ancora incaricato presso il "C. Affieri" (di sociologia dal 1929 al 1930 e dal 1934 al 1935, di scienza della politica dal 1935), di cui nel novembre del 1946 risulta preside. Il 1° dic. 1953 venne collocato a riposo per raggiunti limiti di età. Dal 27 dic. dello stesso anno fu professore emerito della facoltà di giurisprudenza.
Il C. ricoprì altri numerosi incarichi presso l'università statale di Firenze: teoria generale del diritto (1924-1926); diritto costituzionale (1928-1932). Presso la stessa università tenne, verso il termine della carriera, molti altri corsi speciali. Nel 1937 tenne un ciclo di conferenze (20 aprile-19 gennaio) nell'ambito del X corso di cultura generale per ufficiali superiori presso la Scuola centrale dei carabinieri. reali in Firenze.
Oltre ad essere socio della Società Colonibaria di Firenze e dell'Istituto di diritto romano di Roma, ebbe diverse onorificenze: conimendatore dell'Ordine pontificio di S. Gregorio Magno (breve Pontificio 4 genn. 1927); diploma di cavaliere (13 giugno 1934) poi di ufficiale (19 genn. 1937) dell'Ordine della Corona d'Italia.
Tutta l'opera del C. può considerarsi sviluppo, approfondimento e applicazione di alcuni postulati teoretici che compaiono già in quella che è una delle sue prime opere ma che per lui rimarrà una delle due più rappresentative del suo pensiero (Rapporto giuridico - Dirittosubiettivo e pretesa, profilo di una nuova costruzione teoretica, Torino 1909), dove del rapporto giuridico si definisce il soggetto (ente corporeo) e l'oggetto (un principio ideale) ed il momento genetico (il realizzarsi di una fattispecie; pp. 28 s.).
Dopo una prima applicazione di questi concetti nel diritto romano (Il concetto dell'utile e sue applicazioni nel diritto romano, Torino 1910) iniziò il confronto delle sue posizioni con il pensiero giuridico contemporaneo (in particolare il positivismo kelseniano e l'attualismo) che vaglierà lungo tutta la sua carriera scientifica con rigore analitico oltre che con coraggio, specialmente in quelli che chiama i "pregiudizi di scuola" o "idola fori" accolti acriticamente e senza fondatezza (Vecchi e nuovi pregiudizi di scuola in alcune dottrine romanistiche, ibid. 1915). La sua originalità di pensatore si manifesta subito nello sforzo, fruttuoso, di semplificare i grandi problemi (Per l'individuazione delle categorse logiche del diritto, ibid. 1915; Idee madri del moderno pensiero giuridico, Firenze 1913) relativi alla statica ed alla dinamica del fenomeno giuridico. Ma il concetto chiave, la categoria di "relazione" (fra il soggetto e la nonna come elemento definitorio del rapporto giuridico) già preannunciata (Per l'individuazione, p. 5) trova la sua più organica sistemazione nella sua opera di maggiore respiro anche se, purtroppo, incompiuta, Filosofia e diritto (parte I, Le premesse filosofiche generali, I: Introduzione alla teoria dell'essere. Le relazioni ontotetiche, Città di Castello 1923; II: La conoscenza empirica della realtà fenomenica, parte I: L'essere e i suoi elementi, ibid. 1926; I sommarii, I-IV, in unico tomo, ibid. 1924; i voll. V-VI non furono mai scritti "per mancanza di lena"; VII-XII, parte I, La conoscenza empirica della realtà giuridica, ibid. 1925, parte II, I puntata, La conoscenza filosofica della realtà giuridica, ibid. 1927).
Attraverso la fusione di analisi e dì sintesi, di induzione e di deduzione, il concetto filosofico di "relazione" si rivela essere l'"unica categoria" (Filos. e dir., I, 1, p. 569) e lo spirito umano si rivela come una "unità sintetica" così come le singole parti dell'universo (p. 571). In polemica con la scuola gentiliana e con l'idealismo "delle formulette e dei concettini" dichiara le proprie teorie fondate sulla "massima solidità del sistema aristotelico-tomistico" (p. 573), specialmente in relazione alla teoria della conoscenza: nell'intelletto "è immanente quel divino lumen quo intelligetur, pel quale la creatura imita il Creatore, nella creazione illimitata e illimitabile di specie intelligibili, allo scopo di assimilare, o materializzare e così conoscere l'intera realtà" (p. 603). E tutto il progresso del pensiero filosofico egli identifica con la determinazione sempre più perfetta della categoria della relazione (I sommarii, I-IV, p. 1), e solo in essa risolve il problema della conoscenza e della realtà (p. 2), la quale conoscenza ascende per gradi senza soluzione di continuità, secondo uno svolgimento perenne in cui il pensiero acquista una progressiva coscienza di sé e delle proprie leggi (p. 234).
Dato il pericolo che tali posizioni possono correre di fraintendimenti idealistici, è proprio contro l'idealismo "attuale" (del quale cominciano allora ad affermarsi le fortune) che il C. indirizza la sua polemica più accesa (Punto di partenza e punti di arrivo dell' "idealismo attuale", Firenze 1924) mettendone in evidenza la natura tautologica ed i potenziali esiti positivistici. Non per nulla sospetti di idealismo sono stati sollevati nei confronti della sua metafisica specialmente in quanto parla di una "idea madre" del pensare filosofico: il "divenire" degli esseri reali e ideali, sintesi della relazione dialettica, e della concezione della irrealtà dell'ordine "statico" e della realtà dell'ordine "dinamico" dell'universo (I sommarii, VII-XII, 1, p. 1).
D'ora in poi tutta l'opera del C. si può considerare una costante applicazione di tali concetti base a tutti i temi fondamentali del diritto, sia sotto gli aspetti filosofici che di teoria generale, nonché ai temi storici e di diritto positivo, fino alle discipline collaterali come la sociologia. In tutti questi ambiti il C. mene in evidenza, non senza una punta di legittimo compiacimento, la forza innovatrice di tali applicazioni; un esempio è dato nella determinazione dell'idea di "possesso" vista come un rapporto giuridico fira l'individuo e la norma giuridica avente necessariamente un "contenuto subiettivo" difeso dalla "società giuridica" per il conseguimento dei suoi fini (Per la teoria generale del possesso secondo il diritto romano, Città di Castello 1925, pp. 15, 20).
Il C. sente profondamente il problema di una ricerca scientifica impostata su stretti. rapporti interdisciplinari che comporta non solo una stretta collaborazione fra studiosi di discipline per lo meno aflini, ma una vasta preparazione dello stesso studioso singolo, e soprattutto l'universale necessità di una preparazione filosofica: il "puro giurista", se porta l'analisi del diritto fino alle sue estreme conseguenze, giunge allo stesso livello del filosofo. Ogni scienziato ha il dovere di essere filosofo (Per la teoria generale del diritto - Criteri generali ed esempi di una costruzione giuridica, in Riv. internaz. di filos. d. dir., VI [1926], p. 29). Diqui il suo costante ribadire la centralità imprescindibile, in ogni indagine giuridica, della filosofia del diritto cui spetta il compito di determinare il contenuto e le leggi proprie della scienza giuridica in relazione a tutte le altre scienze affini, determinando cioè il posto e il valore del diritto nel sistema totale del sapere (I sommarii, p. II, p. 114).
Sempre tenendo presente i concetti fondamentali della sua opera maggiore (costantemente richiamata) il C. dirige sempre più le sue ricerche nell'applicazione di quelli nella comprensione dei diversi problemi sociologici (Corso di sociologia, Firenze 1940), giuspubblistici (Lo Stato fascista e la scienza giuridica, ibid. 1931; Corso di scienza politica., ibid. 1932; Valutazione filosofica della riforma corporativa, ibid. 1934; Corso di dottrina dello Stato, ibid. 1938; Idea corporativa e diritto corporativo, ibid. 1933; Il corpus e l'animusnel possesso, ibid. 1936; Sul concetto di rilevanza giuridica, Bari 1937)e di concreti problemi di diritto positivo (Per una valutazione filosofica della proprietà agraria e del suo diritto, in Riv. di dir. agrario, XXXI [1952], pp. 357-371; Etica e ordinam. giurid. agr., in Dopo il I Conv. int. dir. agr., Milano 1958, pp. 143-153), dove afferma, in epoca di riforme agrarie, la natura sociale della proprietà privata, ma solleva anche dubbi sulla liceità morale, oltre che sulla economicità, del latifondo.
Ormai quasi ottantenne riuscì ancora a dare un contributo scientfflco di notevole mole e portata su di un tema a lui caro: i rapporti fra morale e diritto (Il rapporto morale, Milano 1956) che, insieme al Rapporto giuridico (1959), afferma il filosofo: "si stanno di fronte. quasi due colonne, su cui si eleva l'arco ideale di tutto quanto io sono venuto svolgendo" (Rapporto morale, p. VIII). Fedele alla classicità delle sue premesse, il C., anche nelle sue ultime opere, riafferma l'oggettività della norma morale, sia pure mediata dal giudizio etico formulato dallo spirito umano, da quel giudizio per cui la norma "da astratta si trasforma in concreta, da oggettiva in soggettiva, senza che, naturalmente, tale sua originaria 'oggettività ' scompaia o si eclissi" (p. 563).
Ritiratosi, vedovo, presso parenti, avendopressoché perduta la vista, pur sempre circondato da periodici riconoscimenti di stima e di affetto da parte del mondo accademico, morì più che nonagenario in Firenze il 31 dic. 1970.
Fonti e Bibl.: Per notizie sulla carriera accademica ed altre attività, le lettere ai ministri della Pubblica Istruz., cfr. fascicolo personale presso il ministero della Pubblica Istruzione, Dir. gen., Istruzione univ., classif. professori cessati. L'elenco completo delle opere in R. Orecchia, La filosofia del diritto nelle università italiane 1900-1965, Milano 1967, pp. 101-104 (con bibl.); Id., Maestri ital. di filosofia del diritto del sec. XX, Roma 1978, ad Ind., ; A. Pagano, "Universaliaante rem", in Riv. intern. di filos. d. dir., IV(1924), pp. 56-64; G. Bontadini, Le relazioni ontotetiche, in Riv. di filosofia neoscolastica, XVI(1924), pp. 164-172; Id., Relazioni reali e relazioni ideali, ibid., XX(1928), pp. 42-53; A. Pagano, Ilconcetto di creazione, in Riv. internaz. di filos. d. dir., VIII(1928), pp. 651-658; E. Brundy, L'idea del diritto nelle nuove correnti della filosofia giuridica in Italia, Napoli 1929, pp. 37-40; A. Poggi, Realismo giuridico di F. B. C., in Il concetto del diritto e dello Stato nella filosofia giuridica ital. contemporanea, Padova 1933, pp. 157-187; A. Passerin d'Entrèves, Il concetto di rapporto giuridico nella scienza e nella filosofia del diritto, in Riv. internaz. di filos. d. dir., XVI(1936), pp. 547-567; G. Perticone, Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano 1937, pp. 165-169; I. Baggio, Il pensiero filosofico-giuridico di F. B. C., in Criterion, V(1937). 1, pp. 58-65; 3, pp. 41-48; F. Battaglia, Ilrapporto giuridico secondo F. B. C., in Riv. internaz. di filos. d. dir., XIX(1939), pp. I 15-121; G . Lamanna, La concretezza del diritto e il posto della volontà nel pensiero di F. B. C., in Riv. internazionale di filosofia politica e soc., VI (1942), 1-2, pp. 61-67; G. Perticone, Il diritto e lo Stato nel pensiero italiano contemporaneo, Padova 1964, pp. 67-71; P. Piovani, Il "rapporto morale" nel relazionismo di F. B. C., in Riv. internaz. di filos. d. dir., XXXIV(1957), pp. 234-242; E. Di Carlo, C. F. B., in Encicl. filos., I, Venezia-Roma 1957, col. 1025; P. De Luca, Discussioni e indagini sulla natura del rapporto giuridico, in Riv. intern. di filos. d. dir., XXXVIII(1960), pp. 708-749; C. Gray, F. B, C. Ilrapporto giuridico, in Riv. rosminiana, CIV(1960). pp, 325 ss.; A. Agneffi, C. F. B., in Eneicl. filos. II, Roma 1979, coll. 249 s.; Due lutti per la filosofia del diritto: A. E. Cammarata e F. B. C., in Riv. internaz. di filos. d. dir. XLVIII (1971), pp. 149 ss.