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BERNARDO, Francesco

di Giovanni Pillinini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
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BERNARDO, Francesco

Giovanni Pillinini

Figlio di Benedetto, della famiglia di Marco Bernardo, nacque nel 1517 a Venezia. Ancora giovane si recò in Inghilterra, dove esercitò con successo la mercatura su navi di sua proprietà. Egli non solo riuscì ad imporsi sul mercato inglese, ma conquistò anche la stima degli ambienti di corte, giungendo sino a godere della fiducia di Enrico VIII. Fu proprio questa sua particolare posizione ad attribuirgli una parte abbastanza importante durante i negoziati che nel 1546 portarono alla pace d'Ardres tra Francesco I ed Enrico VIII, con la quale l'Inghilterra rinunziò all'alleanza con l'Impero.

I sondaggi ebbero inizio nel febbraio del 1546; il B.si recò in Francia come emissario inglese per accertare se vi fossero concrete possibilità di concludere la pace. Non è chiaro se egli abbia agito all'insaputa del residente veneziano in Inghilterra, o comunque al di fuori di una precisa volontà di Venezia, anche se quest'ultima era favorevole alla pace tra Francesco I ed Enrico VIII per ragioni di equilibrio. Il B., abbastanza introdotto negli ambienti diplomatici francesi, riuscì a concordare un incontro a Calais fra i negoziatori inglesi guidati dall'ammiraglio, Giovanni Dudley, visconte di Lisle, e quelli francesi capeggiati dall'ammiraglio, Claudio di Annebault, barone di Retz. Le riunioni ebbero luogo durante il mese di maggio e si svolsero con fasi alterne e con ripetute interruzioni per l'irrigidimento delle parti. Tanto l'Inghilterra quanto la Francia desideravano la pace: la prima per le complicazioni create dal problema scozzese, la seconda perché ormai al limite delle proprie risorse, ambedue per impedire un ulteriore aumento della potenza di Carlo V. Tuttavia l'accordo era reso difficile dalle pretese inglesi su Boulogne e dal problema delle indennità di guerra; si aggiungevano inoltre ragioni di prestigio per le quali l'opera di un intermediario estraneo alle contese specifiche, ma fortemente interessato alla pace (come appunto era il B. per i suoi interessi commerciali sulle due sponde della Manica), si rivelò quanto mai opportuna: egli riuscì sempre con molto tatto ed abilità a superare i punti morti delle trattative, a riallacciare i contatti interrotti e in defìnitiva ad accelerare notevolmente la conclusione dell'accordo.

Alla fine di maggio, durante un'ennesima stasi delle discussioni, il B. si recò in Inghilterra presso Enrico VIII, al quale riferì l'andamento delle trattative e dal quale ricevette istruzioni da trasmettere alla delegazione inglese. I contatti tra il Dudley e l'Annebault ripresero e la pace venne conclusa il 7 giugno 1546. Siglato il trattato, il B. continuò ancora, per incarico del sovrano inglese, a occuparsi dei problemi ad esso connessi, intervenendo alle riunioni della commissione mista che doveva curare l'esecuzione delle clausole. Ma soprattutto, in questa seconda fase della sua missione, era incaricato da Enrico VIII di stabilire contatti ufficiosi con il nunzio pontificio Gerolamo Dandino, con la proposta di una partecipazione inglese ad un concilio che si fosse tenuto in Francia.

Quali che fossero le reali intenzioni del re scismatico - sia cioè che egli volesse effettivamente ristabilire rapporti con il mondo cattolico, sia che intendesse soltanto compiacere i Francesi - il tentativo dei B. non ebbe successo. Il re, scriveva a Roma il Dandino il 29 settembre 1546,"sarà contento mandare alcuni de suoi letterati in Francia, et in Avignone particolarmente, quando tutti li altri principi della Christianità vi mandino loro deputati, et che quelli che S. S.tà vi manderà non si habbino da riconoscere se non per homini mandati dal vescovo di Roma, et che questo non habbia da haver nome di concilio, ma più tosto di colloquio tra deputati…" (Arch. Segreto Vaticano, Segr. Stato Francia, A A., I-XVIII, c. 118 r). In questi termini la proposta non era evidentemente accettabile da Paolo III, strenuo difensore del primato romano e della supremazia del papa nel concilio, e lo stesso nunzio anticipava il giudizio della Curia nei suoi colloqui col Bernardo.

Il fallimento non diminuì il favore di Enrico VIII per il B., il quale in effetti vide premiate le sue fatiche diplomatiche dal titolo di cavaliere e da una pensione annua, nonché da una licenza di importazione in Inghilterra per tre anni e di una di esportazione per dieci. Anche il re di Francia gli concesse in seguito una pensione annua per gli stessi motivi.

Dopo la morte di Enrico VIII il B. lasciò l'Inghilterra e ritornò a Venezia (1547). Qui dovette affrontare le difficoltà create alla sua famiglia dall'accusa rivolta ad un congiunto, Maffeo Bernardo, di aver propalato segreti di stato. Fu costretto inoltre a rinunciare alle pensioni che aveva ricevuto dai sovrani di Francia e d'Inghilterra, poiché le leggi della Repubblica proibivano ai cittadini veneziani di godere di appannaggi concessi da potenze estere. Nonostante il B. avesse eccepito che almeno la pensione concessagli dall'Inghilterra doveva essergli conservata, poiché essa costituiva un indennizzo per la perdita di alcune navi che aveva dovuto cedere agli Inglesi durante la guerra, e, nonostante l'opera del B. in favore della pace fosse vista favorevolmente dalla Repubblica, la legge e la prassi trionfarono.

Pare che il nome del B. fosse fatto alla corte romana, in questo stesso periodo, per un nuovo tentativo di contatti con la corte inglese, questa volta su iniziativa del pontefice: la cosa tuttavia non ebbe seguito. Nominato podestà di Vicenza nel 1548, egli tenne la carica sino al 1550.

Nel 1556 il B. fu nominato ambasciatore a Costantinopoli; ma non assunse servizio: morì a Venezia nel marzo dello stesso anno, stroncato da una malattia improvvisa. Secondo il Capellari Vivaro, avrebbe composto orazioni in latino ed in italiano, alcune rime e un trattato sulla nobiltà. Di tale attività letteraria non pare però sia rimasta traccia.

Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. Naz. Marciana, ms. Ital., cl. VII,8304 (XV), G. A. Capellari Vivaro. Il Campidoglio veneto, I, p.158; Calendar of State papers, Foreign Series of the Reign of Edward VI (1547-53), a c. di W. B. Tumbull, London 1861, p. 297; Calendar of State Papers, Foreign Series of the Reign of Mary (1553-58), a c. di W. B. Turnbull, Londra 1861, pp. 215 s.; Calendar of State Papers and Manuscripts relating to English Affairs existing in the Archives and Collections of Venice (1534-54), V, a c. di R. Brown, London 1873, ad Indicem; Correspondance politique de Oder de Selve,a c. di G. Lefèvre-Pontalis, Paris 1888, p. 9; Calendar of Letters, Despatches and State Papers relating to the negotiations between England and Spain, III,(1545-46), a c. di M. A. S. Hume, London 1904, ad Indicem; Letters and Papers, foreign and domestic of the Reign of Henry VIII (1546), XXI, a c. di J. Gairdner e R. H. Brodie, I, London 19o8, ad Indicem;II, ibid. 1910, ad Indicem; A. Morosini, Historiae Venetae,in Degli istorici delle cose veneziane…,V,Venezia 1719, pp. 622 s. (notizia esatta ma erroneamente attribuita a Francesco Bernardo delle Navi); E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, V,Venezia 1842, p. 543; C. Fatta, Ilregno di Enrico VIII d'Inghilterra, Firenze 1938, II, pp. 592 s.; H. Jedin, Storia del Concilio di Trento, II, Brescia 1962, p. 462.

Vedi anche
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