BOLOGNETTI, Francesco
Nacque a Bologna attorno al 1510 da nobile e cospicua famiglia. Il padre era il senatore Alberto; la madre, Camilla Paleotti, figlia del giureconsulto Vincenzo, in prime nozze era stata unita con il famoso umanista Filippo Beroaldo il Vecchio.
La data di nascita è stata fissata al 1508-1509 dal Fantuzzi, ma forse si deve spostarla un poco più avanti, agli anni 1511-12: il B. infatti, in una epistola in endecasillabi sciolti a G. B. Morelli (Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors. 32. A. 19, ff. 3 ss.), composta sicuramente dopo il 1567, si dice "d'anni già carco, poi che undici lustri / mi vo lasciando a gran giornata a dietro", cioè cinquantacinquenne.
Il B. ebbe un posto di rilievo nella vita letteraria e politica della sua città. Membro delle accademie cittadine, era amico dei letterati Achille Bocchi, Camillo Paleotti, Marco Tullio Berò, Romolo e Pompilio Amaseo, Giambattista Morelli e altri. Era inoltre in relazione con i maggiori letterati italiani che spesso accoglieva nel suo palazzo, così come a sua volta faceva visita a letterati ferraresi, mantovani e veneziani durante i suoi viaggi. Nel 1563 tra i frequentatori del suo palazzo c'era anche il figlio dell'amico Bernardo Tasso, il giovane Torquato, allora studente a Bologna. Il B. ebbe anche cariche amministrative e politiche: fu nominato senatore nel 1555 da papa Paolo IV e gonfaloniere di Giustizia nel 1556. Fu anche, più tardi, podestà di Castel Bolognese. Nel 1558, come risulta da un capitolo a Tommaso Cospio (ibid., 32. A. 18, ff. 4 ss.), venne accusato di aver esercitato pressioni per far chiamare come professore nell'università suo figlio Alberto. Dal matrimonio con Lucrezia Fantuzzi, avvenuto circa il 1536-37, ebbe almeno tre figli maschi: Alberto, che fu professore di diritto civile, protonotario apostolico, nunzio in Polonia e cardinale; Alessandro, che visse a lungo alla corte del cardinale Alessandro Sforza; Marcantonio, che seguì il fratello in Polonia e fu rettore del collegio dei maroniti a Roma; e almeno sei figlie, delle quali una andò sposa a Ulisse Leoni, un'altra a Giovanni Fava e quattro vestirono l'abito religioso. Nel 1566 il B. era già vedovo e, avendo egli petrarchescamente cantato in alcune sue rime una nobile signora (forse una Campeggi), gli fu erroneamente attribuita l'intenzione di risposarsi. Morì nel luglio 1574.
La produzione letteraria del B. è tutt'altro che scarsa, ma l'autore ne sottolineò più volte il carattere dilettantesco e provvisorio. Tenne infatti a lungo presso di sé quasi tutte le sue opere; quando sollecitò da letterati famosi il parere su di esse ne ricevette risposte che forse gli parvero troppo tiepide; quando infine si decise a dare qualcosa alle stampe, lasciò poi quasi sempre la pubblicazione interrotta.
L'opera a cui il B. attese a lungo, ritornandoci sopra più volte, è Il Costante. Non si conosce la data d'inizio della composizione; nel 1547 0 1548 il poema doveva già essere finito; monsignor Giacomelli, commissario del concilio di Trento, lo lesse in quegli anni durante una sosta a Bologna, ospite del B., e lo lodò molto. Ciò risulta da una lettera dedicatoria al Giacomelli, scritta nel 1552, da Vincenzo Beroaldo, premessa alla sua Dechiarazione sopra le voci proprie,che si contengono nel Costante di Messer F.B. (la Dechiarazione venne pubblicata tredici anni dopo la morte del Beroaldo da G. B. Mantacheti con una dedica a G. B. Campeggio, in cui sono spiegate le vicende della composizione). Prima di essere pubblicato il poema era dunque oggetto di commenti eruditi e anche quando venne stampato parzialmente fu accompagnato da opere di commento riguardanti l'intera composizione: ne sono un esempio i Compendi scritti da un letterato olandese allora residente a Bologna e amico dei letterati della città, Iacopo Demis: In Constantiados Francisci BolognettiLibri Viginti... Compendia siveuberiora Argumenta, Bononiae 1569.
La storia tormentata della composizione del Costante è testimoniata dai manoscritti e dalle stampe. Manoscritti: 1) in cinque libri: Bologna, Bibl. Univ., Miscell. 11, 6; 2) in cinque libri, con dedica al duca di Firenze Cosimo de' Medici: Firenze, Bibl. Laurenz., XLI, XXXII; 3) in undici libri, con lacune e numerose correzioni a margine, in parte autografo: Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors., 32. A.21; 4) in quattordici libri, con in calce il visto per la stampa dell'inquisitore di Bologna: Toledo, Capit., 105, 2; 5) frammento dei libri 17-20: Toledo, Capit., 105, 7; 6) in venti libri, con lacune dei libri 14, 16, 17, 18, ripetizioni e correzioni: Toledo, Capit., 105, 3; 7) in venti libri: Toledo, Capit., 105., 4. Stampe: 1) in otto libri: Venezia 1565; 2) in sedici libri: Bologna 1566; 3) in sedici libri: Parigi 1654; 4) in sedici libri, preceduto dalla vita dell'autore scritta da G. M. Mazzuchelli: Venezia 1841.
Il Costante è un poema in ottave che si propone, come l'Ercole del Giraldi, di sostituire al "romanzesco" dell'Ariosto l'"eroico" dei modelli omerici e virgiliano. L'Ariosto non manca tuttavia di esercitare su di esso numerose suggestioni. Ci sono inoltre nel poema venature avventurose e sentimentali che lo apparentano per esempio con l'Amadigi di Bernardo Tasso. Esso ha per argomento le avventure molteplici di un solo eroe: il patrizio romano Ceonio Alboino, che fu detto il Costante perché consacrò tutta la vita alla liberazione dell'imperatore Valeriano, prigioniero di Sapore re di Persia. Il poema presenta Costante (assistito da Venere e Minerva e ostacolato da Giunone) che prepara eserciti e cerca alleati per liberare l'imperatore, mentre il figlio di costui, Galeno, impossessatosi dell'Impero, trama per evitare il ritorno del padre. Costante si mette in mare per chiedere aiuto alla regina di Palmira Zenobia, ma viene gettato da una tempesta a Marsiglia: qui la regina dei Galli Vittoria si innamora di lui e diviene sua sposa. Costante ritorna quindi in Oriente e con l'aiuto di Zenobia riesce a liberare l'imperatore. Da Costante e Vittoria discenderanno vari imperatori, tra cui Costantino. Ma Dio vorrà privare del potere gli imperatori pagani per la loro empietà e li sostituirà con i pontefici cristiani.
La scelta dell'argomento, ispirato alla storia di Roma imperiale, è già di per sé indicativa: all'ammirazione umanistica per la Roma repubblicana nel secondo Cinquecento succede l'interesse per il periodo dell'Impero. In una lettera ad Annibal Caro, da Bologna 12 ott. 1562 (pubblicata da T. Piccolomini-Adami), il B. spiega al Caro e allo Speroni da quali autori ha tratto la sua storia: "Sono Trebellio Pollione, Flavio Vopisco, Elio Spartiano, et molti altri... Se gli autori non sono belli, né buoni, non è già che l'historia di que' tempi non sia la più varia, et la più bella che si legga da poi che Enea si partì da Troia fino all'età nostra" (un'altra fonte, per la genealogia di Ceonio Alboino, fu lo storico greco Dexippo). Il B. inserì tuttavia nella storia molte invenzioni, giungendo a immaginare la finale liberazione di Valeriano, storicamente mai avvenuta, e fece anche largo spazio a quelli che nella lettera al Caro chiamò "ornamenti e colori poetici". Da un capitolo al cardinale Farnese risulta anche che in un primo tempo egli aveva pensato di dedicare il poema alla famiglia Farnese, celebrando in Costante uno degli antenati della casata.
Seguendo l'uso di molti letterati cinquecenteschi, il B. mandò il suo poema, tutto o in parte, in visione ad amici o ad uomini celebri, per averne giudizi o suggerimenti di correzioni. Le critiche non sempre favorevoli (ne scrissero il Muzio, Sperone Speroni, Bernardo Tasso, G. B. Giraldi Cinzio, G. B. Pigna, Pier Vettori, G. A. dell'Anguillara, A. Tritonio e Torquato Tasso) dovettero addolorare il B. ed egli rinunciò a pubblicare il poema nei venti canti preventivati.
Il B. è autore di parecchie altre opere, alcune a stampa, la maggior parte inedite. Si ricordano: Il Piacere, poemetto allegorico di cinquanta stanze in ottave: si legge in Stanze di diversi illustripoeti, raccolte da G. Dolce, Venezia 1556, e in Poemetti italiani, a cura di V. Marenco, Torino 1797, ed è dedicato a Filippo Carlo Ghislieri in data 19 maggio 1557; La Vita di san Thomasod'Aquino, intitolata anche La fede di san Tommaso d'Aquino, poema di due libri in endecasillabi sciolti: si legge manoscritto nei codici di Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors. 42.E.17, di Toledo, Capit. 105, 1, e (in copia del sec. XIX) di Bologna, Arcivesc., 44, Aula 2, C.V.42, ed è dedicato al cardinale Paleotti in data 25 febbr. 1570; La Christiana vittoria maritima, poema in tre libri in ottave sulla battaglia di Lepanto, stampato a Bologna nel 1572: è dedicato al cardinale Alessandro Sforza in data 20 marzo 1572; Antenore, frammento di un poema su Venezia appena iniziato, di cui esistono due versioni, una in endecasillabi sciolti (146 versi), l'altra in ottave (15 stanze): si legge manoscritto nei codici di Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors. 32.A.20, ff. 106 ss.; 32.A.18 e 32.A.19 (solo parzialmente) ed è dedicato a Domenico Venier in data 25 genn. 1568.
Inoltre il B. ha composto più di quaranta capitoli su diversi argomenti. Si leggono in vari manoscritti (soprattutto a Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors., 32.A.20, 32.A.18, 32.A.19, e a Toledo, Capit., 105, 8) e qualcuno anche a stampa (un capitolo a Giovan Battista Giraldi in fine dell'Ercole di costui, Modena 1557; un capitolo a Giovan Battista Pigna, datato da Comacchio 24 ott. 1571, in fine della Christiana vittoria maritima; un capitolo a Bernardo Tasso, accompagnando il Piacere, in B. Tasso, Lettere, Padova 1733, II, p. 285; un capitolo al conte Niccolò Lodovisi, in difesa delle donne contro una legge "vietante gli ornamenti loro", pubblicato da C. Amaduzzi, in Anecdota litteraria ex Mss. Codicibus eruta, II, Romae 1773, pp. 425-30).
Sonetti d'argomento amoroso, raccolti alcuni sotto il titolo Il Laureto, sonetti di proposta e risposta a vari personaggi, epistole in versi sciolti (fra cui interessante per il contenuto biografico quella al Morello), qualche canzone, un'ecloga al Sigonio e altre composizioni si trovano a stampa in Rime, Bologna 1566, e sparse nei manoscritti. I codici di Roma, Accad. Nazion. dei Lincei, Cors. 32.A.19, e di Toledo, Capit. 105, 8, contengono, sotto il titolo Vari componimenti, fra l'altro molte prime redazioni e rifacimenti; i due codici Cors. 32.A.18 e 32.A.20 rappresentano invece due diversi e successivi tentativi di ordinamento, preparati per la stampa (mai avvenuta), con il titolo di Selve.
Fonti e Bibl.: S. Speroni, Opere, V, Venezia 1740, pp. 522 ss.; B. Tasso, Lettere, Padova 1733, passim; Id., Lettere inedite, a cura di G. Campori, Bologna 1869, pp. 207 ss.; un capitolo sul Costante e lettere al B. sono stati stampati da G. Campori in Atti eMemorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provinciemodenesi e parmensi, VIII (1876), pp. 173 ss.; P. Vettori, Lettere al B., in Anecdota litterariaex Mss. Codicibus eruta, II, Romae 1773, pp. 399 ss.; T. Tasso, Discorso del poema eroico, in Discorsi dell'arte poetica e del poema eroico, a cura di L. Poma, Bari 1964, pp. 97, 120, 255; L. Groto Cieco d'Andria, Lettere famigliari, Venezia 1601, p. 85; C. Amaduzzi, prefazione a F. B., La difesadelle donne contro il divieto degli ornamenti, in Anecdota Litterariaex Mss. Codicibus eruta, II, Romae 1773, pp. 417-24; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1483-84; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1782, II, pp. 147-48 e 243-49, ad voces Beroaldo Vincenzio e Bolognetti Francesco seniore; P. Serassi, La vita di T. Tasso, Bergamo 1790, I, pp. 125-26; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., Milano 1824, VII, pp. 1836-38; T. Piccolomini-Adami, Lett. ined. del sen. F. B…, Orvieto 1887; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano 1903, p. 168; A. Fano, Bricicche cinquecentesche. Il "Costante" di F. B. e le critiche di G.Muzio e di S. Speroni, in Atti e mem.della R. Acc. di scienze,lett. ed arti di Padova, CCCLXX (1910-11), pp. 31-49; A. Belloni, Poema epico e mitologico, Milano s. d., pp. 227-29 e 279; G. Toffanin, Il Cinquecento, Milano 1965, p. 551; E. Bonora, in E. Cecchi-N. Sapegno, Storia della letteraturaitaliana, IV, Il Cinquecento, Milano 1966, pp. 522-23.