BONAINI, Francesco
Nacque il 20 luglio 1806, a Livorno, da Domenico, "mezzano di cambi" (cioè sensale), d'una famiglia israelita da tempo convertita, e da Giuseppa Carboni, figlia del capitano di porto. Il padre, affetto da una malattia mentale, morì suicida, e il B., che allora era chierico, ottenne dal vescovo di Livorno A. Gilardoni un canonicato della cattedrale e due pensioni, ecclesiastica l'una e governativa l'altra, i cui proventi gli permisero di studiare teologia e diritto civile e canonico all'università di Pisa. Aiutato finanziariamente da G. Carmignani, che lo accolse nella propria casa, e da F. Forti, nipote dello storico Sismondi, si laureò nel 1825 in utroque iure e nel 1826 in teologia, e fu aggregato al Collegio teologico fiorentino. In tale anno, su designazione del Carmignani e di L. Quartieri, auditore dello Studio pisano, ottenne la seconda cattedra di diritto canonico; nell'assegnazione fu preferito dal granduca a L. Fornaciari di Lucca, a P. Capei di Lucignano e a F. A. Mori di Siena, molto probabilmente per gli elogi che di lui avevano fatto al principe i docenti pisani Carmignani, G. Presiner, I. Rossellini e C. Battini. Nominato poi, nel 1827, titolare della cattedra, svolse il proprio corso su basi essenzialmente storiche, dedicandosi, più che altro, a ricerche di storia pisana condotte negli archivi della primaziale, del capitolo e dei conti Roncioni. Tali ricerche furono dal B. estese agli archivi di molte di quelle località che con Pisa avevano avuto rapporti economici, politici e commerciali, quali Albenga, Genova, Marsiglia, Montecassino, Napoli, Narbona, Roma, Savona, Torino e Venezia. Propostosi, dapprima, uno studio sulla Pisa dei tempi del conte Ugolino, lo estese successivamente all'intero Medioevo. Deposto l'abito ecclesiastico e dopo aver rinunciato ai benefici sino allora goduti, passò, nel 1840, dalla cattedra di teologia a quella di storia del diritto italiano, istituita in conseguenza delle riforme universitarie attuate da G. Giorgini, e, nel 1843, ebbe anche l'incarico di bibliotecario della università. Dopo la fondazione nel 1842 dell'Archivio storico italiano, per opera del Vieusseux, collaborò dapprima al periodico quale corrispondente, e decise in seguito di pubblicaryi i risultati delle ricerche, proprie e di altri studiosi, svolte in archivi e biblioteche. Redasse, in gran parte, gli Annali delle Università toscane, che presentò con una prefazione al primo volume: in essi pubblicò un pregevole lavoro sull'arte pisana e, poco dopo, vi riunì il frutto delle ricerche fatte sul periodo di Arrigo VII.
Nel 1848, con il grado di capitano del battaglione universitario pisano-senese, partì con i volontari toscani per i campi lombardi; colpito a Reggio da un attacco della malattia paterna, fu ricondotto a Firenze dal fratello Gustavo e ricoverato nel manicomio di Perugia, diretto allora da C. Massari, che era anche direttore della civica biblioteca; questi lo curò fraternamente e mise a sua disposizione i preziosi manoscritti della biblioteca perugina. Il B., aiutato da due eruditi locali, A. Fabretti e F. L. Polidori, riuscì a raccogliere nel carrpo della storia di Perugia e dell'Umbria quanto avrebbe potuto colmare la lacuna lasciata dal Muratori. Dopo un anno circa poté partire da Perugia guarito, e i documenti da lui raccolti furono pubblicati nell'Archivio storico italiano nel 1850-51, quasi contemporaneamente alla pubblicazione dello Statuto del 1208 della Valdambra, che apparve dopo che il B. aveva rivolto la propria attenzione ai testi statutari italiani secondo le proposte fatte da L. Fortis al congresso degli scienziati tenuto in Venezia nel 1847. L'edizione dello Statuto della Valdambra costituì il punto di partenza per lo studio e la pubblicazione dei testi pisani.
Il B., che si era fermato tra il 1848 e il 1851 a Firenze, constatando lo stato di disordine degli archivi di tutte le magistrature repubblicane e granducali, allora chiusi al pubblico, riuscì ad ottenere con inusitata rapidità (e non si è mai saputo per quale via) dal granduca Leopoldo II la costituzione di una commissione (decreto del 20 febbr. 1852) per la sistemazione degli archivi, formata dall'avvocato regio, dal direttore del R. Registro e dallo stesso B., che di essa fu il principale rappresentante e la guida. Certamente gli giovarono e l'appoggio datogli dal ministro della Finanza Baldasseroni e i ricordi che il granduca aveva delle ricerche condotte, insieme con V. Antinori e S. Centofanti, per trovare le memorie del Magnifico e i documenti di Galileo. A seguito dei lavori della commissione si poté giungere alla istituzione dell'Archivio centrale di Firenze, inaugurato il 20 giugno 1855, di cui il B. fu il primo soprintendente. Mentre si reperivano i locali nel palazzo degli Uffizi, egli si occupava dell'ordinamento dei vari fondi; e nel formulare tali progetti fu abilissimo, riuscendo ad ottenere l'appoggio di dotti italiani e stranieri, col fingere di aver ricevuto profonde e vaste istruzioni da J. F. Bóhmer sui principali canoni dell'archivistica.
In realtà i criteri elaborati dal B. si debbono a lui solo: quanto poco o nulla il Böhmer fosse intervenuto risulterà dalle lettere che il B. illustrò in una breve pubblicazione (Opuscoli di G. F. Böhmer circa dell'ordinare gli Archivi di Firenze. Prefazione di F. B., Firenze s.d. [1865]).
I criteri adottati, nell'ordinamento dei vari archivi (che il B. stesso definì "storico", non perché fatto per servire allo studio della storia ma perché aveva il suo fondamento nella storia) si possono così riassumere: riunione dei documenti delle varie magistrature secondo la provenienza, ricostituendo di ciascuna di esse l'archivio; unità e inscindibilità dei fondi, avendo come orientamento la storia dell'istituto stesso; rifiuto della distinzione tra documenti storici e documenti essenzialmente amministrativi, nella convinzione che ogni notizia di fatti sia materia di storia.
Nel giugno del 1855 l'Archivio di Firenze fu aperto al pubblico. Il B. fingendo sempre di seguire in questo i dettami del Böhmer, e insistendo sulla necessità che gli archivi dovessero sempre rimanere nel luogo dove i documenti erano stati prodotti, riuscì nel 1856 a istituire la Soprintendenza degli Archivi toscani, di cui fu il titolare, e poco dopo gli Archivi di Stato di Siena e di Lucca.
Il B. che, dopo gli entusiasmi del '18, si era distinto, almeno secondo quanto narra il D'Ancona, per fedeltà al governo granducale, nel 1860 riuscì a far decretare al governo provvisorio l'istituzione dell'Archivio di Stato di Pisa e, nel periodo successivo, a far sì, come del resto era logico e naturale, che gli archivi passassero dalle dipendenze del ministero delle Finanze a quelle del ministero della Pubblica Istruzione, ed ebbe la soddisfazione di veder adottare dalla Francia il suo regolamento per gli Archivi toscani. Nel 1860 il ministro T. Marniani gli aveva affidato una vasta ricognizione degli archivi emiliani, di cui il B. redasse una mirabile relazione. Eguale incarico svolse per le Marche e per l'Umbria, pur non potendo compilare le relazioni affidategli, ma lasciando solo appunti preparatori del lavoro. Aveva progettato di pubblicare, in ordine logico, gli inventari, i regesti, le raccolte dei documenti degni di stampa e secondo tale progetto aveva dettato le istruzioni per quegli inventari lucchesi che S. Bongi doveva poi con tanta cura impostare e pubblicare. Non poté seguire lo svolgimento di tali lavori in quanto l'infermità paterna, latente, acuitasi, e il turbamento in lui prodotto a causa dei progetti di sistemazione degli archivi alle dipendenze del ministero dell'Interno del nuovo regno lo avevano condotto nuovamente al ricovero a Perugia, donde tornò nel 1864 per vedere gli Uffizi invasi dagli uffici del Senato e per udire le orazioni inaugurali del nuovo Archivio di Pisa, che dimostravano come i nuovi governanti tenessero in poco conto e le memorie patrie e gli istituti archivistici. Sempre il suo stato di salute non gli permise di portare a termine e di completare l'indagine sugli archivi delle Marche e dell'Umbria e lo obbligò a far sì che il solo L. Cibrario ricevesse i documenti veneti restituiti dall'Austria-Ungheria.
Notevolissima fu l'opera del B. quale accadernico, segretario e arciconsolo della Crusca, dal 1851 al 1868; riuscì, infatti, a far compiere lo spoglio dei vocaboli esistenti nei manoscritti della Nazionale di Parigi e nei carteggi della Signoria fiorentina per la ricerca delle voci volgari ed a far ricompilare quella parte del Vocabolario, già fatta, con l'aggiunta dei vocaboli correnti accanto a quelli della lingua morta. Durante la sua collaborazione all'Archivio storico italiano fondò e diresse (1857) il Giornale storico degli archivi toscani, che cessò le pubblicazioni nel 1863. Istituì anche la Scuola di paleografia, diplomatica e dottrina archivistica di Firenze, da cui si doveva svolgere, in prosieguo di tempo, la Scuola per bibliotecari ed archivisti paleografi. Furono suoi discepoli L. Bianchi, S. Bongi, C. Guasti, C. Lupi, D. Marzi, G. Milanesi, C. Paoli, L. Polidori, G. E. Saltini e L. Tanfani. Le sue opere principali consistono nella pubblicazione di testi medievali e nelle sobrie e profonde illustrazioni dei documenti editi; l'opera sua principalissima fu la istituzione degli archivi toscani e la scelta del loro metodo di ordinamento e, di inventariazione.
Nella primavera del 1870, caduto nuovamente ammalato, fu ricoverato nella casa di salute di Colgigliato (Pistoia) dove morì, per atrofia cerebrale, il 28 ag. 1874.
La bibliografia degli scritti del B. è stata redatta da G. Pampaloni in appendice (pp. 197-202) a Panella, F. Bonaini. Si ricordano quindi solo i principali: Della Istorie pisane libri XV di Raffaello Roncioni, in Arch. stor. ital., s. 1, VI, 1, (1844); Bernardi Marangonis vetus chronicon pisanum, Cronica pisana di Ranieri Sardo, Memoriale di Giovanni Portoveneri, La Guerra del millicinquecento di scrittore anonimo, Ricordi di ser Perizolo da Pisa, Memoriale Consulum et Potestatum pisanorum, Notitiae tabularum censualium civitatis Pisarum, Breve vetus civitatis Pisarum, Breve consortum et dominorum de Ripafracta, ibid., VI, 2 (1845); Memorie inedite intorno alla vita ed ai dipinti di Francesco Traini, in Ann. delle Univ. toscane, I (1846), pp. 429-588; Cronache e storie inedite della città di Perugia, a cura di F. B., di A. Fabretti e di F. L. Polidori, in Arch. stor. ital., s. 1, XVI, 1-2 (1850); Statuto della Val d'Ambra del MCCVIII, in Ann. delle Univ. toscane, II-III (1850-1851); Statuti inediti della Città di Pisa dal XII al XIV sec., 3 volumi, Firenze 1854-1870; Gli Ordinamenti di Giustizia del Comune e Popolo di Firenze, in Arch. stor. ital., n.s., I., 1 (1856), pp. 1-93; Statuto della Parte Guelfa di Firenze, in Giorn. stor. degli Arch. toscani, I (1857), pp. 1-41; Gli Archivi delle Provincie dell'Emilia,ibid., V (1861); Constituta legis et usus pisanae civitatis, Firenze 1870; Acta Henrici VII Romanorum imperatoris, Florentiae 1877.
Bibl.: N. Nervino, Cl. viro F. Bonaino, antecessori pisano..., Pisae 1855; G. Baldasseroni, Leopoldo II granduca di Toscana e i suoi tempi, Firenze 1871, pp. 464-515; G. Sforza, Mem. stor. di Pisa dal 1838 al 1871, Pisa 1871, p. 147; Onori funebri a F. B., in Il Risorgimento (Pisa), 23 dic. 1874; Onori funebri a F. B., in La Provincia di Pisa, 24 dic. 1874; S. Bongi, Necrologio di F. B., in Arch. stor. ital., s. 3, XXI (1875), pp. 149-173; Onoranze funebri, Pisa 1875; F. W. B. von Giesebrecht, Nekrolog auf F. B., in Sitzungsberichte der philologisch-Philosophischen historischen Classe der Akademie der Wissenschaften zu München, 1875, pp. 280-285; F. Pera, Appendice ai Ricordi e alle biografie livornesi, Livorno 1877, pp. 184-193; A. von Reumont, Biographische Denkblätter, Leipzig 1878, pp. 349-378; F. Pera, Nuove biografie livornesi, Livorno 1895, p. 47; L'opera cinquantenaria della R. Deputazione di Storia Patria per Torino, a cura di A. Manno, Torino 1884, pp. 95, 101, 185-188; Commemorazioni di N. Tommaseo e di F. B., in C. Guasti, Opere, I, Prato 1896, pp. 129-162; Nel primo centenario della nascita di F. B., in Arch. stor. ital., s. 5, XXXVIII (1906), pp. 238-240; G. Rondoni, Giovan Pietro Vieusseux, in L'Archivio stor. ital. e l'opera cinquantenaria della R. Deputaz. toscana di storia patria, Bologna 1916, pp. 1-90; F. Baldasseroni, Il Primo ventennio dell'Archivio Storico Italiano,ibid., pp. 91-190; A. Panella, Gli studi storici in Toscana nel sec. XIX e l'opera della R. Deput. Toscana di Storia Patria,ibid., pp. 191-360; G. Sforza, Il granduca di Toscana Leopoldo II e i suoi vecchi ministri..., in Rass. stor. del Risorg., I (1920), pp. 576-595; A. D'Ancona, Il mio primo delitto di stampa, in Ilprimo passo, a cura di F. Martini e G. Biagi, Firenze 1922, p. 12; A. Panella, L'ordinamento storico e la formazione di un archivio generale in una relazione inedita di F. B., in Archivi, Archivi d'Italia e Rass. Internaz. Degli Archivi, s. 2, III (1936), pp. 37-39, 215-218; Id., Archivisti italiani: F. B., in Notizie degli Arch. di Stato, II (1942), pp. 163-165, 243-248; R. Ciampini, G. P. Vieusseux..., Torino 1953, pp. 290-291, 338-342, 449-454; A. Panella, F. B. e l'ordinamento degli archivi italiani nei primi anni del Regno, in Scritti e discorsi, Roma 1955, pp. 193-213; Id., F. B., in Rass. degli Arch. di Stato, XVII (1957), pp. 181-202 (con bibliografia completa a cura di G. Pampaloni); R. Andreotti, Coerenza storiografica di G. Sforza, in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XII (1960), p. 204.