BONATELLI, Francesco
Nato a Iseo (Brescia) il 25 apr. 1830 da Filippo, commissario distrettuale, e da Elisabetta Bocchi, rimase in tenera età orfano di padre. Dal 1842 iniziò gli studi ginnasiali presso uno zio materno, il canonico Annibale Bocchi, a Chiari, ove nel 1844 si trasferirono anche la madre e le tre sorelle; frequentò poi il liceo di Brescia, ma sospettato dagli Austriaci per le sue idee patriottiche fu costretto a nascondersi per alcuni giorni ad Adro, donde fuggì con un amico in Svizzera. Tornato a Brescia nel 1848, sentì subito la vocazione per l'insegnamento raccogliendo intorno a sé un folto gruppo di giovanetti per guidarli negli studi letterari e filosofici. Nel 1849 ottenne l'abilitazione all'insegnamento della filosofia, della matematica e della fisica, che alternò tra Milano, presso l'istituto ginnasiale Sorre, e Chiari; ma nel 1853, proprio quando si sposò con Laura Formenti, fu privato per motivi politici del posto. Lo riebbe qualche anno dopo, ma il governo austriaco volle che frequentasse a Vienna un corso di studi superiori (ottobre 1855); il B. vi rimase per qualche mese finché una malattia non lo costrinse a ritornare in Italia. Secondo alcuni (cfr. Alliney, p. 5) nella capitale austriaca egli avrebbe conseguito la laurea. Nel 1858 insegnò al liceo di Mantova, che abbandonò allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza; insegnò quindi filosofia al liceo di Brescia (1859-60) e al Carmine di Torino (1860-61).
Aveva iniziato, frattanto, l'attività pubblicistica, dedicando la sua indagine soprattutto ai problemi di psicologia (Sulla sensazione, Brescia 1852; Intorno allo studio della psicologia, in Riv. ginnasialee delle scuole tecniche [Milano], I [1854], pp. 270-72; Dell'esperimento in psicologia, Brescia 1858; Delle attinenze dellalogica con la psicologia, Torino 1861), che costituirono sempre il polo di attrazione della sua attività speculativa. Cattolico fervente, il B. attingeva alla sua fede religiosa la fiducia nella possibilità e nella certezza della conoscenza umana, ma non trascurava comunque di cercare dei solidi fondamenti scientifici e metodologici alla sua dottrina, aderendo alla scuola di psicologia speculativa e sperimentale di derivazione herbartiana e soprattutto al Lotze: ciò è un fatto indubitabile, anche se il B., affermando di essersi formato negli anni giovanili sugli scritti del Rosmini e del Mamiani, non risparmiò le critiche allo Herbart (cfr. Della filosofia herbarziana, in Riv. ginnasiale e delle scuole tecniche, III [1856], pp. 382-403, 721-738, 835-859; Della metafisicaherbarziana,ibid., V [1858], pp. 29-41).
Nel 1861 vinse la cattedra di filosofia teoretica dell'università di Genova, ma preferì optare poi per quella di Bologna, dove rimase fino al 1866-67, ricoprendo anche saltuariamente l'incarico di antropologia e storia della filosofia. Fu un periodo particolarmente fruttuoso per l'elaborazione del suo pensiero circa i rapporti tra psicologia e logica e la funzione del linguaggio, i cui risultati espose sia nel corso di psicologia tenuto nel 1861-62 (cfr. Il pensiero e la lingua. L'esistenza dell'anima, Bologna 1862), sia in varie critiche recensioni a scritti di Renan, Steinthal, Trendelenburg, Fechner (Intorno all'origine del linguaggio a proposito delle due opere seguenti: E. Renan,De l'origine dulanguage,Paris 1859; H. Steinthal,Grammatik,Logik undPsychologie,Berlin 1855, in Effem. della Pubbl. Istruz., II [1861], pp. 550-553; rec. a A. Trendelenburg, Naturrecht auf d. Grunded. Ethik,Leipzig 1860 e a Th. Waitz, Anthropologie derNaturvolken,Leipzig 1859-60, in Riv. italiana di scienze,lett. edarti, III [1862], pp. 1196-97; Sulle "Logische Untersuchungen" di A. Trendelenburg,Leipzig 1862,ibidem, IV [1863], pp. 71-73, 86-88, 103-106, 153-157; Storia del diritto naturale di A.Trendelenburg, in Politecnico, XVII [1863], pp. 103-158; Elementi di Psicofisica di G. T. Fechner,Leipzig 1860,ibidem, XXIV [1865], pp. 298-392); ma soprattutto nacque allora una delle sue opere maggiori, Pensiero e conoscenza (pubbl. Bologna 1864). Nel dicembre 1867 il B. passò alla cattedra di filosofia teoretica dell'università di Padova, che terrà fino alla morte; dal 1878 al 1910 ebbe anche l'incarico di filosofia della storia, tenendo per qualche anno altresì i corsi di antropologia, pedagogia e storia della filosofia. Ormai affermatosi come uno dei maggiori rappresentanti della corrente spiritualistica ortodossa, sostenne sempre con coerenza le sue posizioni ideologiche e la sua credenza religiosa, tanto che dopo aver fatto parte fin dalla fondazione del comitato di redazione del periodico La filosofia delle scuole italiane del Mamiani (su cui curò la rubrica Conversazioni filosofiche dal 1870 al 1872), nel 1874, in seguito ad alcuni articoli di G. M. Bertini contenenti aspre critiche al cattolicesimo, il B. si dimetteva, pur continuando una notevole collaborazione. Del resto questa subordinazione della sua attività di studio alla fede è evidente anche in quella che è considerata la sua opera maggiore: La coscienza e il meccanesimointeriore, Padova 1872.
Manca in questo, come negli altri studi del B., la delineazione di un compiuto sistema filosofico, probabilmente proprio per il contrasto emergente tra la sua credenza di cattolico e le esigenze delle indagini scientifiche e materialistiche. Teso da un lato a confutare le dottrine idealistiche, dall'altro fu soprattutto preoccupato delle insidie del positivismo; volle così utilizzare i metodi della ricerca sperimentale e i sussidi delle scienze naturali e positive a sostegno della dottrina cristiana, a riprova della sua verità e per darle maggior senso di modernità.
Partendo dall'affermazione che la forma centrale e suprema della realtà è la realtà psicologica e spirituale, in quanto la coscienza è l'unica realtà che si conosca e di cui non sia lecito dubitare, egli, convinto che soltanto la psicologia possa dare alla gnoseologia un indirizzo scientifico, ne fa il punto di partenza per la risoluzione del problema dei rapporti tra pensiero ed essere. In effetti il B., ben lontano da ogni psicologismo o empirismo, fa della psicologia un mezzo per confermare la verità della metafisica, una metafisica che nel suo dualismo è indubbiamente di origine platonica, anche se il B. tende ad avvicinare i due termini Dio e Mondo, Creatore e Creatura. Contro Herbart egli è preoccupato di salvare tanto l'unità dell'io quanto la molteplicità degli eventi psichici: se questi fossero per sé stanti, non avessero bisogno di un sostegno sostanziale a cui appoggiarsi (cioè l'io identico a se stesso e immutabile) ne verrebbe per necessaria conseguenza che anche la sostanza materiale sarebbe assolutamente impensabile. Perciò la percezione sensitiva, considerata in sé, non contiene un criterio della sua validità obiettiva, ma "atto veramente conoscitivo" è la coscienza, la consapevolezza di sé, la percezione dell'io, che "contiene la verità materiale, cioè la corrispondenza tra la rappresentazione e la cosa rappresentata. Ciò che accade nell'anima, le sue interne affezioni e modificazioni non sono già qualche cosa che per essere percepito abbia mestieri di agire per mezzo di qualche forma estranea alla sua stessa natura; esse appariscono nella coscienza per quello che sono" (Pensiero econoscenza, pp. 88 ss.). In tal modo il B. concilia la soggettività con l'oggettività: il pensiero duplica quasi l'immagine degli oggetti, facendola poi combaciare con essi attraverso il nostro giudizio, e affermando a noi stessi questa identità ("il pensiero è pura specchialità"). Altri intenti del B. sono: la dimostrazione dei limiti della concezione meccanicistica, con l'affermazione della libertà del volere umano, della coscienza, contro il processo delle cause e degli effetti; e l'insussistenza del "processo all'infinito", che secondo l'Herbart rendeva contraddittoria l'affermazione dell'io, in quanto - secondo il B. - il ripiegarsi dell'io su se stesso è la caratteristica dello spirito, che è sempre presente a se stesso e non ha bisogno d'una serie infinita d'atti di coscienza per affermare se stesso (cfr. in particolare Di alcune difficoltàpsicologiche che si risolvonomediante il concetto dell'infinito, in Transunti della R. Accad.dei Lincei, VIII [1883-84], pp. 227-232; e La coscienza..., pp. 157 ss.). Comunque proprio per la sua asistematicità, rimangono nel pensiero del B. dei problemi non risolti: lo stesso dualismo non è dimostrato, ma è un dato di partenza evidentemente accolto per una fede religiosa, la cui esperienza non è mai direttamente presente nella speculazione del B., ma che domina tuttavia nello sfondo.
I successivi studi del B. non apportarono nuovi originali contributi, limitandosi a precisare e ad approfondire argomenti e problemi già trattati: notevole è comunque il saggio Percezione epensiero (in Atti del R. Istituto Veneto, s. 7, III [1891-92], pp. 1527-1613; V [1893-94], pp. 735-819; VI [1894-95], pp. 1027-1091); né minore importanza ha la sua opera di divulgazione della filosofia straniera fatta con recensioni critiche, osservazioni, traduzioni (ricordiamo: La filosofia dell'inconscio di E. v. Hartmann esposta ed esaminata, in La filos. d. scuole italiane, VI [1875], pp. 5987; VII [1876], pp. 29-54, 339-401; la recens. a Grundzüge der Naturphilosophie di H. Lotze, in La Cultura, II [1883], 4, pp. 161-167; Alcune osservazioni intorno al "Sistema difilosofia di G. Wundt", in Atti del R. Istit. Veneto, s. 8, II [1899-1900], pp. 403-424; Il movimento prammatistico, in Riv. difilosofia, III [1901] 4, pp. 145-151). Anche a proposito della cosiddetta "filosofia dei valori", che egli trattava, sulle tracce di Lotze, Windelband e Rickert, - se è vero che il suo pensiero si precisa nei brevi saggi L'ideale e il reale, in Ateneo veneto, VIII (1884), 2, pp. 459-486; Studi d'epistemologia, in Atti del R. Istituto Veneto, s. 8, VII (1904-05), pp. 1233-1298; La categoria del valore, in La Cultura filosofica, I (1907), pp. 285-295 - già precedentemente ne sono poste le basi nella distinzione tra una coscienza meramente teorica e una "che vuol misurare il pregio e l'importanza" dell'oggetto contemplato (La coscienza..., p. 26), che può essere più o meno perfetto. Il concetto di perfezione postula, per il B., "un fine a cui l'esistenza dell'universo sia indirizzata", cioè l'aspetto oggettivo del problema del valore è risolto facendo ricorso ad una dottrina trascendentale e religiosa, all'idea platonica di bene come ideale supremo, che troneggia sul vero e sul bello. Le tracce, i germi di questa idea della melior natura il B. li vede prammatisticamente in quei "presentimenti, aspirazioni, repugnanze ingenite" che "ci fanno sentire in confuso che qualche cosa non è quel dovrebb'essere, che un'altra cosa è migliore e via via, tantoché apparisce nel lontano oriente una certa qual luce prima candida e poi dorata, che annunzia il sole, sebbene questo non si mostri ancora sull'orizzonte" (Studid'epistemologia, p. 1297). Da queste parole si può misurare tutta la distanza che separa il B. dagli altri "filosofi del valore", da Brentano, da Meinong, da Ehrenfels.
Membro dell'Accademia dei Lincei e della Società reale delle scienze di Torino, il B. morì a Padova il 13 maggio 1911.
Poco dopo la sua morte uscì il primo volume della sua traduzione dell'opera Microcosmo di E. Lotze (Pavia 1911). Un carattere peculiare, anche se esteriore, degli scritti del B. sta nella forma letteraria brillante e immaginosa e non di rado poetica: non bisogna dimenticare, infatti, che egli fu anche brillante verseggiatore, componendo tra l'altro il carme In morte diTommaso Grossi (Milano 1853), il poemetto Alfredo (Lodi 1856), il carme Il servaggio e la liberazione. A Vittorio Emanuele II (Brescia 1860) e delicati versi dialettali.
Fonti e Bibl.: F. De Sarlo, F. B., in Rassegna nazionale, XXII (1900), 4, pp. 58-85; A. Gnesotto, Il pensiero filosofico di F. B., Padova 1908; AA. VV., A F. B…., in La cultura filosofica, IV (1910), 2; A. Gnesotto, Cenni sulla vita di F. B.e un indiceordinato degli scritti di lui, in Atti della R. Accademia di scienzelett. ed arti di Padova, XXVII (1910-11), pp. 221-234; B. Varisco, F. B., Chiari 1912; G. Gentile, Le origini della filosofiacontempor. in Italia, I, Messina 1917, pp. 235-288; C. Ottaviano, Per il centenario della nascita di F. B.(1830-1930), in Logos, XIII (1930), 2, pp. 124-27; G. Prestipino, Il problema dellacoscienza in F. B., Capo d'Orlando 1931; P. Cheula, Saggio su lafilosofia di F. B., Milano 1934; E. Troilo, Figure e dottrine dipensatori, Padova 1941, pp. 149-191; C. Mazzantini, Un filosofospiritualista nell'epoca positivistica: F. B., in Filosofia perenne e personalità filosofiche, Padova 1942, pp. 161-188; G. Alliney, Ipensatori della seconda metà del sec. XIX, Milano 1942, pp. 41-91; Id., B., Brescia 1947; U. Scatturin, F. B., in Filosofia, III (1952), pp. 433-439; E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 1966, pp. 1207-1211 e passim; Enc. cattolica, II, coll. 1835 s.; Enciclopedia filosofica, I, coll. 894-896.