BONCOMPAGNI, Francesco
Figlio di Giacomo, a sua volta figlio naturale di Gregorio XIII e primo duca di Sora, e di Costanza di Sforza Sforza dei conti di Santa Fiora, nacque a Roma il 21 genn. 1596. Destinato alla prelatura, il 26 nov. 1607 ottenne in beneficio l'abbazia napoletana di S. Maria in Capellis, per rinunzia del fratello maggiore Gregorio, il quale abbandonava la condizione ecclesiastica. Il 5 dic. 1609 Giacomo Boncompagni gli conferì i benefici ecclesiastici, sui quali esercitava il diritto di patronato, di S. Maria degli Zapponi e di S. Lucia in Fontana, ma nel giugno dell'anno successivo la Sacra Rota annullò la concessione, attribuendo i due benefici al cardinale G. B. Leni: il B. li riottenne soltanto il 28 maggio 1622 ad opera del suo protettore, papa Gregorio XV.
Dopo essersi addottorato in legge a Bologna, il 20 maggio 1615, il B. entrò al servizio della Curia romana ottenendo da Paolo V la carica di referendario delle Due segnature e, con bolla del 18 ag. 1618, i benefici di S. Germano e di S. Giuliano in Sora. Successivamente venne incaricato dallo stesso pontefice del governo di Fermo. Ma la carriera del B. fu accelerata, assai più di quanto non volessero le consuetudini post-tridentine, dall'ascesa al trono pontificio, nel 1621, del cardinale Alessandro Ludovisi, papa Gregorio XV, che si ritenne obbligato dalla riconoscenza per Gregorio XIII, al quale doveva la porpora cardinalizia, a prendere sotto la propria protezione il nipote. Così il B. il 19 apr. 1621 fu compreso nella seconda promozione cardinalizia di questo pontificato, con il titolo di S. Angelo in Foro Piscium, cambiato poi in quelli di S. Eustachio il 16 marzo 1626 e dei SS. Quattro Coronati il 6 febbr. 1634.
Secondo il Pastor (p. 69), il B. "venne ritenuto degno della porpora perché univa una profonda pietà e una straordinaria purezza di costumi ad una vasta erudizione di teologia, diritto canonico e teologia classica". Non pare tuttavia molto probabile che il venticinquenne B. potesse vantare allora tante benemerenze erudite, delle quali del resto non rimane alcun documento. D'altra parte la benevolenza di Gregorio XV non si fermò lì, ma continuò ad assistere con singolare premura il B. sino agli ultimi giorni del pontificato: il 15 maggio 1621, infatti, il papa lo nominò titolare dell'abbazia romana di S. Lorenzo fuori le Mura; l'11 giugno del 1621 gli attribuì il vescovato di Fano, con una speciale dispensa, resa necessaria dall'età non canonica; il 28 dello stesso mese gli conferì l'abbazia di S. Maria (o di S. Egidio) a Città di Castello; e l'8 novembre successivo quella dei SS. Fulgenzio e Oronzo.
Il nuovo anno, 1622, non fu più avaro del precedente per il B.: Gregorio XV, veramente inesauribile, gli affidò il 1º marzo la carica di legato a latere in Umbria; sorte poi alcune contestazioni sulla nomina cardinalizia del B., basate su una bolla di Sisto V che vietava l'elezione di un cardinale, quando ne vivesse ancora uno appartenente alla medesima famiglia (era cardinale anche uno zio del B., Filippo Boncompagni), Gregorio XV, con un breve del 7 marzo 1622, stabilì una apposita deroga alla bolla. Poi tornò a fargli dono di benefici: oltre a quelli, già menzionati, di S. Maria degli Zapponi e di S. Lucia in Fontana, gli attribuì il 28 settembre l'abbazia di S. Maria in Fonte Loreto e il 12 novembre la chiesa di S. Croce in Alatri.
Evidentemente solo la morte poteva fermare un così impetuoso fiume di benevolenza. E quando questa avvenne, il B. fu pronto a dimostrare tutta la sua gratitudine per il defunto pontefice mettendosi a disposizione del cardinal nepote Ludovico Ludovisi nella lunga ed estenuante battaglia del conclave del 1623, che portò, con il decisivo contributo dei cardinali ludovisiani, alla elezione di Urbano VIII.
Né il B. dovette pentirsi del suo appoggio a Maffeo Barberini, poiché già nel 1623 ne ottenne il canonicato di S. Siro, il chiericato di S. Giorgio in Velasco e il chiericato di S. Stefano di Mozanico, tutti nella diocesi di Cremona, oltre a una pensione di 500 scudi annui sopra il vescovato di Zara. E quando si rese vacante, per la morte del cardinale Ottavio Acquaviva, l'arcivescovato di Napoli, il papa vi destinò il B., il 2 febbr. 1626. Qui il B. si segnalò soprattutto per le sue munifiche opere di carità, moltiplicatesi specialmente in occasione della pestilenza che afflisse a lungo la città. Si guadagnò in tal modo tale fama di santità che, secondo il Pastor, nel 1631 i Napoletani attribuirono ad essa il fatto che la loro città fosse stata risparmiata dall'eruzione del Vesuvio.
Morì a Napoli il 9 dic. 1644. Lasciò in eredità alla Biblioteca Vaticana numerosi codici greci e latini e una assai ricca raccolta di opere a stampa alla biblioteca del Collegio Germanico di Roma. I suoi parenti ottennero in eredità la sua famosa collezione di medaglie e di gemme. Secondo il Mazzuchelli, il B. lasciò manoscritti numerosi sermoni.
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 2370; P. E. Visconti, Storia di Roma. Famiglie nobili, s.n.t., III, pp. 807-810; P Gauchat, Hierarchia catholica medii etrecentioris aevi, IV, Monasterii 1935, pp. 16, 184, 254; L. von Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1931, pp. 69, 230, 245; P. Litta, Le fam. celebri ital., s.v. Boncompagni di Bologna, tav. III.