BORROCCI, Francesco
Nato, a quanto sembra, a Macerata da nobile famiglia, scrisse intorno agli ultimi anni del secolo XVI.
Nulla sappiamo della biografia di questo originale scrittore, il primo ad aver scritto commedie in dialetto marchigiano: nel cod. 550 (ex Catenati 5.5.E.18) della Biblioteca Comunale di Macerata, contenente un'ampia scelta di suoi scritti, è chiamato "Signor Capitano F. B.", e G. Spadoni, scopritore del manoscritto, pensò di poter identificare lo scrittore in un Giovanfrancesco Borrocci, che fu nel Consiglio di credenza e tra i priori di Macerata tra il 1570 e il 1591 e capitano della milizia cittadina nel 1605 e nel 1606. D'altronde una seconda commedia, che presenta evidenti affinità con la precedente e che fu scoperta da G. Crocioni in un codice della Biblioteca Comunale di Serra San Quirico, è preceduta da una dedicatoria a un Theofilo Nicolò, datata Macerata 6 dic. 1606 e con la firma "Divot.mo serv.re f. Dom.co Borrocci", che lo scopritore interpretò come Francesco Domenico Borrocci: personaggio quest'ultimo ignoto e difficilmente identificabile con il "capitano" Giovanfrancesco. Il problema biografico è poi ulteriormente complicato dal fatto che, mentre la commedia del codice maceratese è detta "recitata l'anno 1591", l'autore di quella ritrovata a Serra San Quirico nella dedica del 1606 afferma che questo è il suo primo tentativo drammatico. Tuttavia sembra per ora preferibile ipotizzare, per giustificare tali incongruenze, errori nella copiatura dei codici, dato che sono troppe le affinità tra le due opere perché si possa postulare frettolosamente l'esistenza nello stesso periodo di due Borrocci commediografi.
Del B. ci sono pervenute due commedie per intero e frammenti di altre: tutte appaiono ispirate al genere popolaresco dei "mariazi" e nessuna di esse ha altro titolo che quello, generico, di Intervenuta (o anche, secondo la testimonianza del cit. cod. 550, Borrocciata); l'argomento, infine, è sempre la vita di un povero mondo contadino osservato dall'alto, ma non senza affetto e umana compassione. La prima a vedere la luce fu la Commedia detta La Intervenuta ridicolosa del 1606, pubblicata nel 1903 dal Crocioni: scritta "alla cingulana", nel dialetto cioè peculiare ai contadini di Cingoli, narra la semplice storia della presunta vedova di Pitino e della sua figliola che si accingono contemporaneamente alle nozze; ma l'improvviso ritorno del marito, creduto morto, permetterà le sole nozze della giovane. La commedia, prolissa e senza pretese letterarie, pur non mancando talora di una fresca spontaneità, attinta al dialetto e da un mondo di affetti semplici e istintivi, resta oggi principalmente documento, serio e quasi sempre rigoroso, del dialetto marchigiano agli albori del sec. XVII. Più ricca di estro comico, seppur ugualmente prolissa, è la Comedia del sig. F. B. detta l'Intervenuta,recitata l'anno 1591, pubblicata, insieme a brani di altre commedie del B. (Prologhi, Sposalitio di Scorsetto,Sposalitio con alcuni inventarii,Inventario di tutte le robbe della Sposa di Caruso), dal Fedeli nel 1907 in base al codice 550 della Comunale di Macerata. Pur trattando materia affine a quella solita dei "mariazi", questa si avvicina più della precedente alla commedia d'intreccio: mentre infatti la Ridicolosa si limitava a descrivere le mene dei sensali e i preparativi delle nozze, questa narra distesamente tutta la storia del contrastato amore di un giovane scavezzacollo per una ragazza di buona famiglia fino al lieto fine matrimoniale. Il linguaggio infine, volgare e violento, non è - forse per l'intervento di un copista - nella pura parlata contadina dell'altra Intervenuta, ma in un semidialetto maceratese.
Bibl.: G. Crocioni, "La intervenuta ridicolosa", in Studi di filologia romanza, IX (1903), pp. 617-75; G. Spadoni, Un ignoto commediografo dialettale del secolo XVI, in Fanfulla della Domenica, 30 ott. 1904; A. Fedeli, Le intervenute di F. B..., Città di Castello 1907.