BUFFONI, Francesco
Nacque a Gallarate il 15 febbr. 1882 da Paolo e Maria Cremona. Di precoci interessi politici, dopo un periodo di milizia nelle file repubblicane, nel 1905 aderiva al partito socialista, che lo chiamò subito a incarichi di responsabilità, su scala cittadina e provinciale. Laureatosi in giurisprudenza fu redattore, dapprima, del Popolo elibertà, direttore poi dell'Azione proletaria (1906), che subentrò, per pochi mesi, al primo, come foglio dei socialisti di Gallarate; passò poi a dirigere Il Lavoro di BustoArsizio, che, con una pausa nel 1907-08, ebbe vita più lunga.
Contemporaneamente faceva le sue esperienze di politica amministrativa, come sindaco di Crenno, e via via consigliere e assessore nei Consigli comunali di Crenno, Gallarate e Busto Arsizio; cariche queste nelle quali venne poi sempre confermato, assommando ad esse, dal 1912, quella di rappresentante di Busto Arsizio nel Consiglio provinciale di Milano (sua la relazione al convegno di Monza 13 ott. 1915) dei rappresentanti dei comuni socialisti). Fallì invece, nel '13, l'elezione al Parlamento: il B. fu battuto largamente, nel collegio di Gallarate, dal ministeriale Ronchetti. L'ingresso, nel '14, nella Commissione esecutiva della federazione provinciale socialista di Milano chiudeva la prima fase del suo curriculum politico nel quale non poca parte dovettero avere le sue qualità di avvocato. Per tale veste nel 1914 il B. era consulente legale dell'Unione sindacale milanese. Difese più volte A. De Ambris, e soprattutto F. Corridoni. Nel contempo collaborava all'Avanti! e alla Critica sociale.
Dall'esperienza del settimanale gallaratese La lotta di classe (1907-1922), di cui il B. fu animatore, maturarono i suoi orientamenti del dopoguerra. Sull'Avanguardia dei primi del '19 già "orecchiava l'esempio dei soviet" (Vivarelli). Con le elezioni del '19 entrava in Parlamento per il collegio di Milano, e vi tornava, per lo stesso collegio, nel 1921.
In Montecitorio, membro della commissione Affari Interni, il B. proiettò piuttosto i propri interessi professionali (interpellanza per il processo a Borghi e Quaglino, problemi della riforma elettorale amministrativa, processo per l'occupazione delle fabbriche a Torino, modifiche alla legge fondamentale sulla stampa: questi alcuni dei non molti temi di cui si occupò nelle due legislature).
La sua attività politica si svolgeva tutta fuori del Parlamento. Nel luglio '19 nella "sala dei parrucchieri", con i deputati massimalisti "disposti a scendere sul terreno parlamentare, con obiettivi rivoluzionari", cominciò la parabola del suo inserimento nel gruppo serratiano, su posizioni di punta. Al congresso di Roma si pronunziava infatti per l'espulsione dei "collaborazionisti" e per l'accettazione delle proposte della III Internazionale. Posizione, quest'ultima, che tornava a ribadire, con Riboldi, in seno alla direzione (31 dicembre), "pur con non celato scetticismo" (Spriano). Rovesciatesi le posizioni all'interno dello schieramento massimalista, agli inizi del '23 venne sostituito da Nobili, come rappresentante del gruppo parlamentare nella direzione del P.S.I. Al successivo congresso, la frazione terzinternazionalista dovette ripiegare dal suo ordine del giorno (di accettazione dei 21 punti dell'Internazionale Comunista) su quello Lazzari.
Il B. prese a partecipare alla redazione di Pagine rosse, e contemporaneamente a dirigere Sport e proletariato, periodico sportivo edito sotto gli auspici del Partito comunista d'Italia. Nell'agosto del '23 con gli altri esponenti della sua frazione venne radiato e quindi espulso dal P.S.I.; nell'ottobre, con Riboldi e Maffi, venne depennato dal gruppo parlamentare. Inizialmente la volontà del gruppo era di battersi contro i provvedimenti presi (lettera del B. e di Riboldi a Lazzari del 23 ottobre: "abbiamo a nostra volta deciso di appellarci al congresso"), finché contro l'estrema incertezza di Serrati, di "far restare gli iscritti all'interno del P.S.I." (Spriano), prevalse la posizione del B. e di Malatesta per l'ingresso nel nuovo partito. Le trattative avvennero nel suo studio legale, in Milano. La fusione si realizzò entro l'anno. Il B., che aveva assunto la condirezione dell'Unità (febbraio '24), e veniva candidato, nelle elezioni, in Sicilia, non entrò nel Comitato centrale, ma divenne membro del Comitato esecutivo per la Lombardia.
Per conto del Soccorso operaio internazionale, diresse con Ferragni e Riboldi l'Ufficio giuridico del soccorso vittime politiche, che avrebbe dovuto pubblicare un giomale, La Difesa, chenon uscì, perché l'ufficio venne devastato dai fascisti e i suoi colleghi arrestati. Imputato latitante al "processone", si ebbe una condanna di 5 anni di confino, alla quale si sottrasse, nel '26, espatriando in Francia.
Mentre collaborava, come redattore, all'Unità (ed. di Lilla), si riaccostò agli ambienti del partito socialista: aderì all'Unione giornalisti italiani "Giovanni Amendola" e nel febbraio '27 partecipò alle onoranze per il genetliaco di Turati. Il dissidio con il P.C.I., nei riguardi della Concentrazione, si fece aperto: posto sotto inchiesta, ancor prima che venissero presi provvedimenti contro di lui, lasciò il partito.
Collabora con De Ambris, che accompagna in un giro per le sedi provinciali della Lega italiana per i diritti dell'uomo (L.I.D.U.) e con Miglioli, per una mostra di giornali clandestini a Colonia. Viene, intanto, raggiunto a Parigi dalla moglie. Nel corso del '29, i rapporti con Miglioli, che, con Donati, mantiene buone relazioni con il P.C.I., si guastano. Nella situazione di tensione e aspra polemica tra schieramenti politici, il B. li accusò di aver firmato un manifesto antifascista, redatto da Barbusse, in cui si attaccava la Concentrazione. In seguito a ciò, i due vennero espulsi dall'Unione "G. Amendola", di cui il B. era segretario.Il B. si affermava allora come uno dei dirigenti della sezione socialista parigina: fece parte di una commissione, con Turati e Nenni, che scagionò Baldini e Campolonghi dall'accusa di sfruttare i contadini con la loro cooperativa "La Terra" venne delegato al congresso della regione parigina alla fine del '30. Nel giugno '31 entrò nel Consiglio generale del P.S.I., in qualità di rappresentante della regione parigina. Ebbe anche compiti di consulenza, con Nenni, presso l'organizzazione stampa della Section française de l'internationale ouvrière (S.F.I.O.) per il potenziamento dell'informazione sull'Italia.
Nel '32, a seguito di un'ondata di persecuzioni poliziesche, stimolate da alcuni provocatori fascisti, rischiò l'espulsione sotto accusa di essere membro del P.C.I.), scongiurata dall'intervento della L.I.D.U.
La politica di unità d'azione doveva, averlo un poco emarginato, se nel '34, assieme a Morgari, ebbe un ruolo di probiviro supplente, e Tasca (scrivendo a Favarelli, 28 settembre) lo qualificò come "un buon elemento, ma molto sbandato". La sua partecipazione alla vita politica dell'emigrazione ebbe una pausa: lavorò con un incarico di traduttore e consulente legale.
Tornò a farsi attivo con la crisi etiopica (nel settembre '36 partecipò alla redazione di un foglio di propaganda sulla guerriglia in Etiopia), e con la guerra di Spagna (agosto '37: fu tra i promotori di una sottoscrizione "pro Spagna rossa").
Dovette attendere la Liberazione per tornare in Italia. Fu allora tra i rappresentanti del P.S.I. nel Comitato centrale delComitato di Liberazione Nazionale. Nel 46 entrava nel Comitato direttivo della federazione di Milano e nel Comitato esecutivo di quella di Varese e ricopriva la carica di sindaco di Gallarate.
Deputato alla Costituente nella lista socialista per il V collegio, nel '48 entrò di diritto al Senato; ma sono queste più le ricompense del passato che i prodromi, di una ripresa politica. Il suo impegno, tuttavia, nonostante la precarietà delle condizioni fisiche, non cessò (nel corso, del '50 intervenne sul bilancio degli Interni), finché, stroncato da un attacco dicuore, morì a Gallarate il 1º febbr. 1951.
Fonti e Bibl.: Per la sua attività parlamentare nel primo dopoguerra cfr. gli Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura XXV, pp. 115, 2255, 2990, 5111, 5718, 7464, 9146, 9321; legislatura XXVI, pp. 2514, 10592.
Una breve biografia del B. è nell'Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, Milano 1968, sub voce. Notizie nella commemorazione al Senato in Atti parlamentari, Senato,Discussioni, leg. I, pp. 22543-22548, ed in quella sull'Avanti! del 2 febbraio 1951. Molto ricca di documenti la cartella conservata nell'Arch. Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, b. 4618, fasc. 10545. Cfr. inoltre: A. Malatesta, I social. ital. durante la grande guerra, Milano 1926, p. 90; I. De Begnac, L'arcangelo sindacalista (Filippo Corridoni), Milano 1943, pp. 387, 390 s., 458, 637, 641, 750, 774, 809; Il processone, a cura di D. Zucaro, Roma 1961, passim; L. Ambrosoli, Né aderire né sabotare, Milano 1962, p. 112; Il P.S.I. nei suoi congressi, a cura di F. Pedone, III (1917-1926), Milano 1963, ad Indicem; Doc. ined. dell'Arch. Tasca. La rinascita del socialismo italiano e la lotta contro il fascismo dal 1934 al 1939, a cura di S. Merli, Milano 1963, ad Indicem; G. Trevisani, Storia del Mov. op. it., III, Dalla svolta liberale allo scioglimento della C.G.L., Milano 1963, ad Indicem; E. Riboldi, Vicende socialiste, Milano 1964, ad Indicem; A. Gramsci, Lettere dal carcere, Torino 1965, ad Indicem; Id., Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo (1921-1922), Torino 1966, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il fascista. I, La conquista del potere,1921-25, Torino 1966, ad Indicem; Il delitto Matteotti tra Viminale e Aventino, a cura di G. Rossini, Bologna 1966, ad Indicem; M. Turla, F. B. e le elezioni politiche del 1913. Nel quindicesimo della morte, in Rassegna gallaratese di storia e arte, XXV (1966), pp. 79-84; R. Vivarelli, Il dopoguerra in Italia e l'avvento del fascismo (1918-1922), I, Napoli 1967, ad Indicem; Storia del parlamento italiano, XII, Dalla proporzionale all'Aventino, a cura di D. Novacco, Palermo 1967, ad Indicem; P. Spriano, Storia del P.C.I., I, Torino 1968, ad Indicem; II, ibid. 1969, ad Indicem.